2020-06-18
Teatrino fra Conte e Bonomi. L’economia precipita del 49% ma Confindustria chiede un mini rimborso delle accise
Dopo giorni di polemiche e messaggi politici, il presidente degli industriali agli Stati generali propone una Pa efficiente e reclama 3,4 miliardi di balzelli non dovuti.La prima vetrina pubblica del neo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ieri è coincisa con il confronto sul campo degli Stati generali organizzati dal premier Giuseppe Conte. Un appuntamento amplificato dalla raffica di interviste bellicose rilasciate da Bonomi negli ultimi giorni. Il messaggio? Con lui al timone, gli industriali non faranno sconti a quella politica che, parole sue «rischia di fare più danni del Covid». Il Bonomi di lotta che, come molti dei suoi predecessori in viale dell'Astronomia, vorrebbe un governo tecnico e di competenti (meglio se selezionati dai salottini confindustriali) ha fatto la cronaca sui social del duello di villa Pamphili con l'hashtag #ServireItalia in contrapposizione al #progettiamoilrilancio governativo. L'ispirazione kennediana («Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te ma cosa puoi fare tu per il Paese») ieri ha però subito lasciato il posto alle rivendicazioni. Non appena si è seduto al tavolo Bonomi ha infatti chiesto al governo la restituzione immediata di 3,4 miliardi di euro di accise sull'energia «impropriamente pagate dalle imprese e trattenute dallo Stato nonostante la sentenza della Corte di cassazione che ne impone la restituzione». La richiesta di Confindustria si riferisce all'addizionale provinciale sull'energia elettrica, abrogata nel 2012, e rispetto alla quale una recente sentenza della Cassazione ha appunto sancito che le aziende che l'hanno versata hanno diritto alla restituzione delle somme. In ballo c'è quindi quanto versato prima della decorrenza della prescrizione decennale, dieci anni, vale a dire gli importi pagati nel 2010 e nel 2011. Il succo delle altre richieste messe sul tavolo degli Stato generali durante il confronto a porte chiuse è stato riassunto dallo stesso Bonomi su Twitter: «L'impegno contro una nuova dolorosa recessione può avere successo solo se non nascondiamo colpe ed errori commessi da tutti negli ultimi 25 anni». Quindi «ora si onorino i contratti debiti verso le imprese». Altro punto di scontro è «la cassa integrazione» che «è stata anticipata in vasta misura dalle imprese e così sarà per ulteriori quattro settimane», e ci sono stati «gravi ritardi anche per le procedure annunciate a sostegno della liquidità», ha scritto il presidente degli industriali. Aggiungendo che «Confindustria non crede in uno Stato cattivo contrapposto al privato buono. Ciò che chiediamo è una democrazia moderna con istituzioni efficienti e funzionanti, cioè con una Pa buona». Sul fisco, «non possiamo operare restando in attesa per oltre 60 mesi in media della regolazione da parte dello Stato dei crediti Iva alle imprese, quando nei Paesi concorrenti europei avviene in meno di sei mesi». Cosa ha risposto Conte? «Possiamo avere diversità di opinioni, ci mancherebbe che intorno a un tavolo del genere con tante sensibilità dovessimo pensarla tutti allo stesso modo, ma qui non c'è nessuna remora culturale, nessun pregiudizio ideologico», ha detto il premier nel suo intervento di ieri.Il Paese attende però di capire a cosa porterà il confronto di ieri affinché quelli di Bonomi non restino solo degli slogan. Se tra Conte e Confindustria (che tra i suoi contribuenti di peso ha ancora partecipate pubbliche) finirà a tarallucci e vino, il prezzo del teatrino di villa Pamphili lo pagheranno proprio le imprese. Servono meno hashtag e più fatti. Perché gli ultimi dati diffusi ieri dall'Istat su fatturato e ordini dell'industria relativi al mese di aprile sono drammatici: il calo tendenziale (ovvero rispetto all'aprile di un anno fa) è rispettivamente del 46,9% e del 49%. Molto marcato anche il calo congiunturale, che per il fatturato è del 29,4% e per gli ordinativi del 32,2%. Si tratta, scrive l'istituto, dei «peggiori risultati per entrambe le serie storiche (disponibili da gennaio 2000), in termini sia congiunturali sia tendenziali». A salvarsi, su base annua, è il solo settore farmaceutico seguito dal comparto alimentare. In tutti gli altri casi si registrano diminuzioni superiori al 25%.La crisi morde anche l'informazione di Confindustria. La prima vetrina pubblica di Bonomi è stata oscurata ieri dall'eclissi del Sole. Sito non aggiornato e stamattina il quotidiano Sole 24 Ore assente dalle edicole. I giornalisti hanno fatto sciopero contro la decisione dell'azienda di tagliare la busta paga del 25% nel secondo semestre 2020. Alla base del ricorso agli ammortizzatori sociali da parte del gruppo editoriale c'è il calo della produzione per il lockdown e la crisi economica, ma le redazioni contestano la motivazione del ricorso alla cassa integrazione visti i risultati ottenuti a marzo dal sito e con le vendite in edicola. Nel frattempo, come ha scritto La Verità lo scorso 21 maggio, anche il Sole ha bussato alla porta delle big del credito per avere un prestito garantito dallo Stato. Aggiungendosi, così, alla già lunga lista di società pronte ad approfittare dei finanziamenti bancari assistiti dal paracadute pubblico previsto dal decreto Liquidità.
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