2023-03-16
Tassa sulle stalle e stop alla plastica: oggi possiamo fermare altre due follie green
Gilberto Pichetto Fratin (Imagoeconomica)
La lettera della vice Vannia Gava al ministro Gilberto Pichetto Fratin in vista del vertice europeo: nessun cedimento su imballaggi e limiti agli allevamenti.Non c’è pace sul fronte del green, oggi l’Italia deve affrontare altre due prove durissime per contrastare altrettante proposte della Commissione europea fortemente penalizzanti. La prima è quella di equiparare i piccoli allevamenti alle industrie e di tassarli per le emissioni di gas inquinanti, la seconda che colpisce duramente gli sforzi, la tecnologia e le imprese solo italiani è quella di spingere per gli imballaggi da riusare invece che da riciclare. Ursula von der Leyen blinda questi obbiettivi chiedendo una delega in bianco ai ministri dell’ambiente che si riuniscono oggi a Bruxelles nel loro Consiglio. Ma mentre sui provvedimenti che colpiscono la zootecnia è possibile un’alleanza tra diversi paesi – a questo ha lavorato la Coldiretti presieduta da Ettore Prandini – sulla questione degli imballaggi l’Italia deve fare da apripista perché la tecnologia più avanzata in materia di riciclo delle plastiche è nostra. Il viceministro della transizione ecologica Vannia Gava, deputata friulana della Lega che ha la delega all’economia circolare, ha consegnato al suo ministro Gilberto Pichetto Fratin una lettera riservata che La Verità è in grado di anticipare in cui si mette in guardia da qualsiasi cedimento. Significherebbe far saltare le imprese, i consorzi del riciclaggio e le strategie per le materie prime seconde ottenute da imballaggi. Per dare un idea l’Italia ricicla il 72% dei materiali (la media Ue è del 53%) dà lavoro a 360.000 persone, impiega 4.800 imprese e genera 10,5 miliardi di valore aggiunto. Nel campo degli imballaggi l’Italia fattura 33 miliardi, quasi 2 dalle bioplastiche. Vannia Gava mette i puntini sulle i: «La proposta di Regolamento sugli imballaggi è un dossier di estrema rilevanza sul cui, fin dal principio, l’Italia ha manifestato forte preoccupazione... vi sono delle disposizioni critiche per il modello italiano di gestioni di rifiuti da imballaggi che rappresenta un’eccellenza di sostenibilità nel panorama europeo e ha già raggiunto tutti i target di riciclo fissati per il 2030». Sostanzialmente il regolamento - nota la Gava – impone quattro cose. Che gli imballaggi siano riusabili (si torna al vuoto a rendere?), che siano limitate le bioplastiche «aspetto su cui l’Italia primeggia in Europa», l’abbandono dei formati monouso (l’Italia è leader in questa produzione) e che s’impongano dei depositi cauzionali per l’uso di determinati imballaggi. Sembra scritto apposta per penalizzare l’Italia. Rileva la viceministro leghista: «Il divieto dei monouso impatterebbe pesantemente su alcune filiere come l’agroalimentare o la ristorazione collettiva nelle quali quel tipo d’imballaggi sono essenziali per la protezione degli alimenti, per la prevenzione dello spreco, per l’informazione al consumatore, per l’export». L’ortofrutta ha già detto che senza imballaggi riciclabili molto produzioni vanno fuori mercato. La Gava illustra a Pichetto Frattin, pregandolo di farlo valere in sede europea, che il deposito cauzionale – ad esempio su bottiglie in pet o lattine - mortifica lo sforzo fatto in Italia «col Conai e con i consorzi di filiera che senza nessuna penalizzazione dei produttori sono riusciti a superare tutti i target europei di riciclaggio». Cedere su questo fronte per l’Italia sarebbe una sconfitta. Così come non si può cedere su quella che è definita la «direttiva ammazza-stalle». Gli allevamenti da cento capi in su indipendentemente da quali animali si trattino devono pagare la tassa sulle emissioni come le industrie. Prima gli allevamenti di bovini erano esentati da qualsiasi tributo e che la soglia per la tassazione ambientale scattava per i polli da 40.000 capi in su, per i suini da 2.000. Oggi un pastore che porta il suo gregge a pascolare sulla Maiella, o un produttore di Bitto che ha dieci vacche in alpeggio – non a caso il paese a zootecnia diffusa è l’Italia - è un inquinatore folle che deve pagare esattamente come l’industria chimica. La Coldiretti ha reagito creando l’alleanza delle stalle così le organizzazioni agricole di Belgio, Repubblica Ceca (Akcr e Zscr), Germania, Francia (Fnsea), Polonia (Fbzpr), Portogallo (Cap), Slovacchia (Sppk) e Spagna (Asaja) hanno inviato, unitamente a Ettore Prandini, una lettera alla Commissione per bloccare la direttiva che è «basata su dati imprecisi e vecchi, ha un approccio ideologico che va stigmatizzato; potrebbe avere impatti negativi sull’ambiente, riducendo le aree a pascolo (perdita di biodiversità e paesaggi, minaccia alla vitalità delle aree rurali)». Secondo la Coldiretti «determina una dirompente riduzione dei redditi dei nostri allevatori col rischio di chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole, minando la sovranità alimentare, con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dall’Europa». Che però con i grilli in tavola e la carne sintetica sembra orientata a fare a meno della zootecnia.