«Siamo una classe ricca e defiscalizzata. Vogliamo il privilegio? Imbarchiamo italiani». E l'imprenditore vara la nave patriottica.
«Siamo una classe ricca e defiscalizzata. Vogliamo il privilegio? Imbarchiamo italiani». E l'imprenditore vara la nave patriottica. Fare dell'italianità una bandiera e non solo di facciata. Tanto da arrivare a mettere in acqua un vero e proprio manifesto politico, un grido che solcherà le acque del Mediterraneo per ricordare che il gruppo Onorato è sempre al fianco dei marittimi italiani. In occasione del varo della nuova ro-ro Maria Grazia Onorato nelle acque del fiordo tedesco di Flensburg, abbiamo approfittato della presenza del presidente Vincenzo Onorato per fare con lui un punto, a 360 gradi, sulle attività e il futuro del gruppo. Presidente Onorato, partiamo dalla questione che le sta più a cuore. I marittimi italiani.«Quando cammino per strada a Torre del Greco o Ercolano ci sono persone, padri di famiglia, che si buttano a terra e mi baciano le mani implorando un lavoro per loro o per i figli. È vergognoso che la gente debba umiliarsi in questo modo. Io sarò sempre a fianco dei lavoratori del mare». Come? «Creando posti di lavoro per loro e assumendo solo marittimi italiani. Con la Maria Grazia Onorato porterò a bordo 30 nuove persone. Nessuna extracomunitaria». Extracomunitari, una parola complicata. Potrebbero accusarla di razzismo. «È già successo. Ma io non sono razzista. Semplicemente penso che appartenendo a una categoria privilegiata che non paga nemmeno le tasse, sia mio dovere aiutare gli italiani in difficoltà». A oggi sono circa 60.000 i marittimi senza lavoro in Italia. «Sembrano chiusi in riserve indiane. Noi armatori siamo tutti dei grassi ricchi signori che vivono in ville e yacht. Abbiamo la defiscalizzazione? Vogliamo continuare ad averla? Allora assumiamo marittimi italiani. Se non lo vuoi fare, paghi le tasse. Il lavoro è dignità e nessuno deve umiliarsi per averlo». Dignità. Una parola che piace al nuovo governo e che ha un significato importante anche nel futuro del gruppo. «Anche noi abbiamo creato un contratto, di dieci punti, chiamato “Progetto dignità" e rivolto al mondo dell'autotrasporto. È un passo molto importante voluto da me e dai miei figli (Achille e Alessandro, ndr) che tra le altre missioni ha quella di tutelare le piccole e medie aziende da possibili ricatti da parte degli armatori». Nel punto 7 parlate esplicitamente di «bandire e denunciare» qualsiasi tentativo di ricatto legato alla fedeltà a un'unica compagnia di armatori. Prevedete di avviare dei procedimenti legali? «È un tema al vaglio e qualcosa che stiamo seriamente considerando. Troppe aziende, soprattutto al Sud, sono sottoposte a ricatti commerciali e a divieti di lavorare con questo o quello. Io e la mia famiglia da oggi saremo al loro fianco. Non solo come armatori, ma come alleati». Suo figlio Alessandro (a capo del settore commerciale del gruppo, ndr) ha spiegato ieri che la Onorato armatori metterà a disposizione le sue strutture per risolvere problemi logistici e aiutare gli autotrasportatori. Questo si tradurrà anche in contratti agevolati? «L'idea è di favorire la possibilità di accesso al credito delle imprese di autotrasporto rigorosamente attraverso contatti diretti e non mediati dal gruppo e, in un futuro non troppo lontano, creare forme di garanzia con istituti di credito per agevolare gli autotrasportatori». Torniamo alla Maria Grazia. Un nome importante, quello di sua madre. «Sì. Ma questo nome non è solo quello di mia madre, sta a significare una tradizione di famiglia che con i miei figli che lavorano con me nel gruppo è arrivata alla quinta generazione che vive di questo lavoro».Può raccontarci qualcosa su questa nuova nave? «Oltre a essere più grande (la Maria Grazia è lunga più di 200 metri e ha una capacità lineare di oltre 4.000 metri), è più green. Al suo interno vi sono infatti tecnologie create appositamente per ridurre le emissioni e non inquinare. Una volta in acqua e a pieno regime, questa nave potrà ospitare fino a 300 camion circa, togliendo dalle strade ben 4,2 chilometri di ingorghi stradali causati da tir». Sullo scafo di questa motonave campeggia una scritta importante: Onorato per i marittimi italiani. «Uno slogan politico che viaggerà per il Mediterraneo sulla tratta Genova-Livorno-Catania». Cosa può fare il governo per sbloccare questa situazione«Semplice: eliminare la defiscalizzazione a tutti gli armatori che imbarcano extracomunitari. A loro costano 300-400 dollari. Stipendi da fame. E il risultato è che questi uomini di mare lavorano per non guadagnare e gli italiani rimangono a casa a soffrire, disoccupati». Prevede di utilizzare lo slogan su altre navi del gruppo?«Non lo escludo». Il gruppo Onorato lavora con 5.000 marittimi italiani ma questa nave è stata costruita in Germania. Lo stesso è successo per la sua gemella, la Alf Pollack. Perché non tornare a produrre in Italia? «In Italia quali cantieri navali abbiamo, oltre a quelli di Fincantieri, che sono sempre pieno di ordini? Il problema è questo. Se noi togliamo l'eccellenza che è Fincantieri, in Italia, mi dispiace dirlo, cantieri navali non ne esistono più». Perché? «Devo tornare indietro a quando ero bambino. Io ero sempre con mio padre e l'Italia pullulava di cantieri navali. Dovremmo quindi volgere il nostro sguardo altrove e cercare esempi importanti, come potrebbero essere gli americani, e imporre come Italia ed Europa che non solo le navi vengano prodotte in cantieri comunitari, ma assumano marittimi comunitari. È sempre la stessa storia ma nessuno sembra imparare». Amburgo rimane un polo importante per il gruppo Onorato. Oltre alla Maria Grazia qui è nata la gemella Alf Pollack. Queste navi fanno parte di un progetto più ampio magari di rilancio di questo cantiere tedesco? «Anche in Germania ormai i cantieri scarseggiano. Ne sono rimasti solo due. Ma noi andiamo avanti e continueremo a lavorare a Flensburg».
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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