2024-06-08
Il «Talismano» di Ada Boni contro l’autarchia
Dopo il lancio trionfale della rivista «Preziosa», la penna d’inizio Novecento aiuta le massaie ad affrontare le sanzioni all’Italia per la nascita dell’impero, inventandosi ricette con surrogati dei cibi più difficili da reperire. E dà alle stampe il suo libro-manifesto.Nella seconda decade del Novecento, la fama di Ada Boni è solida certezza. Tramite la rivista Preziosa e i corsi di cucina tenuti nella porta accanto alla redazione, ha trovato quella quadratura del cerchio che l’aveva ispirata anni prima. Ovvero, riuscire a dare una codifica scritta e pratica alla tradizione orale popolare e, al contempo, fornire una «traduzione operativa» ai paludati ricettari dei cuochi di corte o dei grandi alberghi. Il tutto con l’obiettivo finale di dare il giusto valore alla cucina regionale, nel rispetto delle sue umili origini ma con quel tocco di eleganza in più che derivava dalla conoscenza dei prodotti, le migliori procedure per servirli poi ad una tavola allestita con sobria eleganza.La controprova si ha al termine di un concerto al Teatro Augusteo con la Regina Margherita di Savoia che volle conoscerla riservandole un caloroso abbraccio. Lungo le quarantaquattro annate di Preziosa vi sono piccoli camei editoriali meritori di essere ripescati dalla memoria. Dopo la disfatta di Caporetto si impongono sacrifici diffusi. Dalla carne bovina, già privilegio di pochi, bisognava ripiegare su quella di coniglio, fino ad allora scarsamente considerato. Eppure Ada Boni sussurra alle sue lettrici: «In Francia è apprezzata tanto da figurare sulle mense del ricco come nei modesti desinari delle classi meno abbienti», naturalmente abbinata a sana polenta. Valorizza a livello nazionale il castagnaccio alla fiorentina, posto che «il divieto di fabbricazione dei dolci ha messo in valore la farina di castagne».Quando, poi, nel primo dopoguerra, nelle cucine si respirava aria nuova, Ada Boni trasmette alle sue lettrici i segreti degli apparentemente inarrivabili bignè: «Vi insegneremo a farli così bene da gareggiare con quelli usciti dal negozio del più accreditato pasticcere». Come ha ben descritto Arianna Galati, Ada Boni «ha letto e raccontato la società contemporanea attraverso le sue ricette». Dopo le sanzioni stabilite dalla Società delle nazioni per l’invasione dell’Abissinia, il regime impose la necessità dell’autarchia, ovvero di sfruttare al meglio il patrimonio alimentare nazionale. Niente paura: «Voi, come tante piccole fate, saprete ugualmente preparare delle buone pietanzine senza adoperare la carne», anche perché «Preziosa sarà vicina a voi, dietro le quinte, come sempre, e sarete voi a ricevere gli applausi».Manca il caffè? Ecco il karkadè, che arriva dalla colonia etiopica. Dalle pagine della rivista si lanciano ispirazioni per una inedita «cucina antisanzionista», valorizzando ingredienti che, sino ad allora, «erano stati ritenuti degni solo degli strati meno abbienti». Donne, mogli e madri ancora una volta protagoniste «perché sapete compiere qualsiasi sacrificio sempre serenamente e con il sorriso sulle labbra», rendendo piacevoli «quegli alimenti che, in altre occasioni, non si sarebbero presi in considerazione». Sapendo giocare di tecnica e fantasia, ad esempio con la zuppa «all’essenza di pesce», facendo apprezzare, nel decotto, anche solo gli umori rilasciati da testa e spine. Ancor meglio erano le «costolette di … patate». Gli umili tuberi lessati e lavorati con besciamella, burro, farina e uova sode fino a dargli la forma di carnose cotolette, poi impanate e cotte al forno.Altra «preziosità boniana» è la «zuppa fantastica». Nomen omen, a partire dall’incipit con cui viene presentata: «L’aggettivo dato a codesta zuppa richiamerà certamente la vostra attenzione ed è, appunto, il nostro scopo». È una zuppa che «pur presentandosi elegantemente, ha un’origine incredibilmente tapina, perché uno degli elementi che la compone è cosa povera, quasi un rifiuto», ovvero le croste secche di formaggio parmigiano. Il consiglio era di non buttarle via, ma di ripulirle di quel minimo esterno un po’ ammuffito. tenerle da parte e poi, quando veniva raggiunta la quantità necessaria, metterle a bollire nel brodo tagliate a quadretti. Qui ne possiamo dare testimonianza diretta. Nonna Maria, quasi coetanea di Ada Boni, ne ha trasmesso a noi, figli degli anni Cinquanta, il piacere del gusto impresso per sempre nella memoria.Uno dei tratti che rendono onore al ricordo e all’opera di Ada Boni è di aver sempre mantenuto una linea coerente nel suo operare, anche in tempi che avrebbero messo a dura prova chiunque. Mai ossequiosa verso le imposizioni dettate dal Ventennio. Orgogliosa dell’identità e dello sterminato patrimonio gastronomico nazionale, tanto da «italianizzare» l’identità di alcuni piatti. Ad esempio, il vitello uso tonno al posto del transalpino vitel tonnè. Ma è anche vero che, quando vi era qualche piatto foresto che meritava l’onore della citazione, non esitava a descrivere come si poteva preparare anche in casa un buon gazpacho spagnolo o un intrigante krapfen germanico.Se Preziosa è stata un’esperienza editoriale protagonista di quasi cinquantanni di storia, Il talismano della felicità è una pietra miliare nel versante parallelo, ovvero librario. Già dopo i primi anni dalla fondazione della rivista, nella creatività di Ada Boni iniziarono a lievitare altre ispirazioni. Fare una «piccola rivista inutile» poteva contribuire a migliorare la missione femminile in cucina ma un libro resta, diventa memoria e testimone di valori e tradizioni che si possono poi tramandare da madre in figlia, da una generazione all’altra. Nelle sue memorie Ada Boni amava ricordare che, se il titolo della rivista era stato ispirato da un passaggio di Brillat-Savarin, per quanto riguarda il Talismano galeotta fu la confessione nella rubrica «Piccola posta» da parte di una giovane lettrice, fresca neo sposa: «La mia mamma, poverina, si era fitta in capo di fare di me un’arca di scienza, facendomi studiare arte, lingue straniere, letteratura. Fino a che sono stata in casa tutto benissimo, ma ora mi trovo un po’ come una reginetta, innalzata agli onori del trono che non sa governare i suoi sudditi». Era il momento di passare all’azione. Ada Boni lavora al suo progetto per circa tre anni, informando e motivando le lettrici abbonate alla rivista che era possibile realizzare un libro a loro dedicato, in un ideale gioco di squadra.La motivazione? «Cucinare non è semplicemente il dovere di una brava madre e moglie, ma anche uno svago, un momento ludico, un piacere da scoprire e coltivare». Chi era interessata poteva prenotare una o più copie. Il minimo necessario per la copertura era a quota cinquecento adesioni. In breve divennero più di mille. «Spentolare è un impegno divertente e gratificante», in quanto «la cucina è la più gaia delle arti e la più piacevole delle scienze». Talismano della felicità a doppia chiave di lettura. Talismano beneaugurale, simbolo della felicità familiare che passa anche per la cucina. «Imparate a cucinare. Un menù semplice e ben eseguito è la pace della famiglia». Mai nessuno, sino ad allora, aveva avvicinato la parola cucina a felicità. A maggio del 1925, l’esordio con il botto: tremila copie. Seicento pagine per oltre ottocento ricette. Al mattino del giorno annunciato, davanti alla redazione di Preziosa «uno stuolo di signore e signorine desiderose di venire subito in possesso dell’atteso volume». Un via vai che durò per qualche giorno, per paura che il prezioso ricettario andasse esaurito prima del tempo.Un passaggio della presentazione conferma lo stile di Ada Boni: «Molte di voi, signore e signorine, sanno suonare bene il pianoforte, sono piacevoli letterate o fini pittrici, altre esperte nel tennis o nel golf e guidano con salda mano il volante di una lussuosa automobile… Ma, ahimè, non certo tutte, facendo un piccolo esame di coscienza, potreste affermare di saper cuocere alla perfezione due uova in tegamino».
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)