2022-01-22
I talebani dei divieti attaccano chi riapre: «Lo fanno solo per motivi politici»
Shopping in Oxford Street a Londra (Ansa)
Sotto accusa Inghilterra, Francia e Spagna. Ma da noi è peggio: si prolunga l’emergenza a scopi di potere, con risultati disastrosi.I talebani delle restrizioni - o, più miseramente, i politici attaccati alle gonnelle di Mario Draghi - sono all’ultima spiaggia. Mezz’Europa si muove agli antipodi del terrificante «modello italiano», eppure loro pontificano: è solo propaganda. Bastava sentire, giovedì sera, a Dritto e rovescio, il trio Beatrice Lorenzin, Alessandro Cattaneo e Klaus Davi. La Gran Bretagna cancella tutti i divieti? È perché Boris Johnson, travolto dallo scandalo dei festini in pieno lockdown, rischia di doversi dimettere. La Spagna inizia a trattare il Covid come l’influenza? È perché «si vota in due regioni». La Francia elimina le mascherine all’aperto? È perché «in aprile sono previste le presidenziali», come non manca di ricordare La Stampa. Innanzitutto, bisogna osservare che la regola non è proprio ferrea. Ad esempio, Israele vuole abolire il green pass, ma le elezioni ci sono già state. E poi, se veramente i potenti, sottoposti allo scrutinio dei governati, sono incentivati a rispettarne di più i diritti, significa che la democrazia, nonostante i suoi difetti, funziona. Far sentire a chi comanda il fiato sul collo della gente è utile alla causa della libertà. Tant’è che qui in Italia, dove ormai si vota solo quando non farlo costituirebbe una patente violazione della legalità, da due anni il popolo è sottoposto non solo alle ondate di Sars-Cov-2, ma anche a quelle dei lockdown, palesi o mascherati; dei droni anti arrostata; dei vigili che geolocalizzano chi è in quarantena; delle regole cervellotiche; degli «affetti stabili» e dei «beni essenziali»; delle attività aperte di diritto e chiuse di fatto; della Dad; delle Faq di Palazzo Chigi e delle circolari del ministero della Salute. Diciamola tutta: non è che la classe dirigente nostrana possa vantare credenziali di verginità. Forse essa non si serve con spregiudicatezza del virus per bieco tornaconto? Forse nello Stivale non c’è uno status quo da cristallizzare? Roberto Speranza, l’ex assessore di Potenza, colui che vedeva nella pandemia «un momento unico per ricostruire un’egemonia culturale della sinistra», non s’è aggrappato al morbo, allo scopo di erigersi un fortino politico personale? Giuseppe Conte, già avvocato del popolo e dopo avvocato di sé stesso, mister «Noi consentiamo», mattatore delle conferenze stampa notturne, fabbricante di dpcm, caudillo delle teleminacce all’opposizione, non ha sfruttato il Covid per blindare, finché il gioco ha retto, un esecutivo pasticciato e logoro? Il venerabile Sergio Mattarella, scegliendo, dopo la caduta dei giallorossi, di chiamare a Palazzo Chigi Draghi anziché convocare nuove elezioni, non ha voluto imporre un percorso, che portava da un Pnrr gradito agli eurocrati alla nomina di un successore agibile, senza che i sovranisti toccassero troppo palla? Il mantra del «non è finita» rappresenta o no un assist alle frattaglie progressiste, per riportare nel recinto del Pd le cariatidi postcomuniste, Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani? La minaccia di consultazioni anticipate, capace di atterrire la vasta maggioranza dei parlamentari, è o no una delle carte che i leader si giocano per orientare la partita del Quirinale? L’emergenza perpetua e la strategia dell’apprensione sono o no funzionali a impedire che un accesso di buon senso turbi tali precari equilibri di potere? Mica è così strano: quanto più il sovrano è debole, tanto più brandisce la spada per intimidire i sudditi. Ipotizziamo, nondimeno, che i despoti illuminati del Belpaese si siano davvero dedicati anima e corpo alla lotta al male del secolo. Comunque, i risultati non premierebbero il loro spirito di servizio, di contro al vile opportunismo degli stranieri, libertari per convenienza. In proporzione alla popolazione, siamo stati a lungo la nazione con il maggior numero di vittime. Ancora oggi, con tanto di vaccinazione di massa e apartheid per chi osa rifiutarla, la mortalità italiana è superiore a quella di Regno Unito, Francia e Spagna. Gli ospedali, deprivati da decenni di tagli a medici e infermieri, sono sotto pressione. Super green pass e serrate selettive non ci hanno schermati dallo tsunami Omicron e, anzi, per un certo periodo, abbiamo scontato la compresenza della variante sudafricana e della più aggressiva Delta. Durante le feste natalizie, il panorama è stato desolante: alberghi e ristoranti deserti, città d’arte spettrali. Il paragone con le luci sfavillanti di Londra era impietoso, così come lo è quello tra i nostri stadi svuotati e quelli inglesi, stracolmi. La trovata dei «migliori», a onor del vero, ha un che dell’italica scaltrezza: fingiamo di tenere aperto, pur di non sborsare ristori multimiliardari ed evitare lo scostamento di bilancio. È a questo che si riduce la «linea della prudenza e del rigore». Eccoli, i traguardi del governo che segue la scienza: le norme più feroci, la situazione più compromessa. Persino Andrea Crisanti, uno che ha sempre invocato la massima cautela, ieri ammetteva: BoJo ha i suoi guai, però «la base scientifica» della sua scommessa «è solida». La base scientifica del «modello italiano», invece, è Franco Locatelli, che prometteva «immunità di gregge a settembre», quando si sapeva che i vaccini durano sì e no per tre mesi; o Sergio Abrignani, che preconizzava una copertura di «cinque-dieci anni» con la terza dose, quando già stiamo pensando alla quarta; o Walter Ricciardi, che twittava: «Grazie, Cina», benché Pechino ci spedisse respiratori farlocchi, sotto gli occhi della fondazione dell’amico Baffino; o i dati «grezzi», cioè farlocchi, portati in conferenza stampa da Speranza. Piuttosto, sceglieremmo dieci, cento Johnson, potendo votare. Solo che non possiamo.