
Dura presa di posizione della Farnesina. Il capo di Azione: «Toni eccessivi».Sale ancora la tensione diplomatica tra Parigi e Roma, e non certo per colpa di Palazzo Chigi. «Meloni è incapace di gestire i problemi migratori per i quali è stata eletta», ha detto il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, parlando anche di «governo di estrema destra scelto dagli amici di Marine Le Pen» a proposito dell’esecutivo italiano. Se si segue il filo delle vicende transalpine degli ultimi mesi, non è un caso che gli attacchi di esponenti del governo francese nei confronti di Giorgia Meloni siano giunti in coincidenza coi momenti di maggiore difficoltà per l’Eliseo, in preda a una crisi di consenso mai registrata prima. E ora, dopo la contestata riforma delle pensioni, nella capitale francese si è aggiunta anche l’emergenza di moti di piazza. Così, dopo una settimana terribile, che ha visto poliziotti e gendarmi alla mercè dei violenti, con la destra francese sugli scudi a evidenziare le defaillance del governo, è arrivata la mossa disperata di uno dei ministri più nell’occhio del ciclone, cioè proprio Darmanin, con l’accusa di incapacità nel gestire i flussi di migranti assestata al nostro presidente del Consiglio. Il tutto - tra l’altro - mentre lo stesso Darmanin sta andando incontro a una clamorosa débacle proprio sui migranti nel territorio d’oltremare dell’isola di Mayotte, nell’Oceano Indiano, dove il piano di espulsione degli irregolari verso le Comore (da cui provengono) si sta risolvendo in un flop.Un attacco strumentale, dunque, che non poteva essere tollerato, ed è per questo che il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani ha immediatamente annullato la missione diplomatica già programmata per Parigi, dove avrebbe dovuto incontrare l’omologo francese Catherine Colonna. Con un tweet, Tajani ha spiegato che «le offese al governo ed all’Italia pronunciate del ministro Darmanin sono inaccettabili», aggiungendo che «non è questo lo spirito con il quale si dovrebbero affrontare sfide europee comuni». Resosi conto dell’inappropriatezza del comportamento di Darmanin, il Capo della diplomazia transalpina, con una nota del ministero, ha tentato di rimediare in zona Cesarini: «La relazione tra Francia e Italia», si legge nella nota, «i basa sul rispetto reciproco tra i nostri due Paesi. È anche in uno spirito di solidarietà che il governo francese desidera lavorare con l’Italia per affrontare la sfida comune che rappresenta il rapido aumento dei flussi migratori». Poi il ministro Colonna in persona è intervenuto direttamente, contattando Tajani, augurandosi che la visita annullata possa essere rapidamente «riprogrammata».Inevitabili le reazioni politiche in Italia, in primo luogo dalla maggioranza ma anche da qualche sparuta voce dell’opposizione più moderata. Nel governo, il vicepremier e leader leghista Matteo Salvini ha dichiarato di non voler accettare lezioni sull’immigrazione «da chi respinge in Italia donne, bambini e uomini, continuando invece ad ospitare assassini e terroristi che in Italia dovrebbero tornare», mentre il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida si è chiesto «perché Darmanin pensa all’Italia invece di pensare ai problemi delle manifestazioni in Francia?». Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli ha definito «sconcertanti» le parole di Darmanin, seppur prendendo atto della presa di distanza del Quai d’Orsay, e sul fronte parlamentare innumerevoli sono stati gli esponenti di maggioranza che hanno esternato contro Darmanin. Dall’opposizione, come già accaduto in passato, a esporsi per criticare il ministro transalpino è stato il leader di Azione Carlo Calenda, il quale ha sottolineato che «non è la prima volta che il ministro eccede nei toni» e che «queste cose si discutono riservatamente in bilaterale e in Ue». Silenzio, invece, da Pd e M5s, come peraltro avvenuto in occasione dei precedenti attacchi da Parigi.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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