2018-07-04
Vito Crimi: «Taglieremo i fondi dell’editoria, non fanno bene all’informazione»
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Il sottosegretario con delega al settore annuncia la minirivoluzione: «Basta contributi pubblici». Sostegno invece a start up e ai progetti innovativi. «La Rai? Va riformata o venduta come dice Beppe Grillo».Per quest'anno la presidenza del Consiglio e il ministero dello Sviluppo economico hanno devoluto oltre 180 milioni di euro. Di questi circa 68 per l'emittenza radio televisiva locale.Già nel 2016 si ipotizzava una sforbiciata alla pubblicità legale obbligatoria della Pubblica amministrazione. Leggi l'articolo di Claudio Antonelli. Lo speciale contiene tre articoliIl superamento del sistema dei contributi pubblici e diretti all'editoria resta un cavallo di battaglia dei 5 stelle. Pur se non figura nel contratto di governo Lega-M5s «perché quel contratto ha al centro i bisogni dei cittadini e le priorità su questo fronte». Parola, lapidaria, di Vito Crimi, il senatore pentastellato che da sottosegretario alle presidenza del Consiglio, con delega all'editoria, ci dice, affronterà al più presto il tema con gli alleati di governo. Palermitano di nascita, bresciano d'adozione, grillino della prima ora e candidato alla presidenza del Pirellone nel 2010 per Movimento 5 stelle prima di approdare nel 2013 al Senato, sgombra il campo da qualsivoglia ambiguità. «È chiaro che tutto il sistema va rivisto. Bisogna superare il sistema del finanziamento pubblico senza creare danni all'industria editoriale sana. Con particolare riferimento alle piccole testate espressione di comunità locali e che non hanno la forza dei grandi numeri. Mi farò promotore di una riforma sistematica del settore, coinvolgendo tutti gli attori». Sottosegretario Crimi l'abolizione dei contributi pubblici ai giornali è da sempre una battaglia del vostro movimento. Non ve ne è però traccia nel contratto di governo M5s-Lega. La legge attualmente in vigore sulla partita è la 198/2016 proposta dall'allora ministro allo Sport, con delega all'editoria, Luca Lotti. Legge che voi volete superare. «Ribadisco che tutto il sistema va rivisto e che questa voce non è nel contratto di governo perché quest'ultimo si concentra sulle priorità rispetto alle esigenze dei cittadini. L'informazione deve essere libera, anche dagli eventuali condizionamenti del governo di turno che può aprire o chiudere i cordoni della borsa. Con rischio di una forma di pressione indiretta. Che non è detto ovviamente i giornali subiscano, ma il pericolo resta. Se da una parte oggi si dice che il finanziamento pubblico ai giornali sia garanzia di pluralismo, io vi dico, per le ragioni appena ricordate, che i contributi pubblici non fanno bene all'informazione. Come detto va rivisto tutto il sistema, senza creare danni all'industria editoriale sana. Ben venga ad esempio il sostegno pubblico a start up, a progetti editoriali, specie quelli innovativi o dei giovani. Che però, questa è conditio sine qua non, devono essere in grado di camminare con le proprie gambe. E ancora il sostegno al rinnovamento tecnologico di prodotti editoriali tradizionali. Quanto alla legge 198/2016 bisogna andare ancora più a fondo di quelle norme e pure procedere con un'ulteriore verifica dei beneficiari». Lei ha annunciato a breve proposte su questo fronte da sottoporre al governo.«Il primo provvedimento che sottoporrò in questi giorni all'attenzione del governo è l'abolizione dell'obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicazione degli avvisi di gara e aggiudicazione sui quotidiani nazionali e locali. Un giro d'affari da 50 milioni di euro, con costi a carico delle imprese. Ad oggi infatti subito dopo l'aggiudicazione l'impresa deve rimborsare le spese di pubblicazione alla Pubblica amministrazione. Un vero e proprio balzello per le aziende che vogliono lavorare con quest'ultima». Beppe Grillo ha recentemente lanciato la sua proposta sulla Rai, ovvero due reti da mettere sul mercato e una senza pubblicità. E il vicepremier Luigi Di Maio ha rilanciato sul tema delle tv e delle aziende rimarcando che «per Rai e Mediaset sarà fondamentale riuscire a rinnovarsi con nuove persone e nuove idee. E inserendosi in una logica diversa da quella seguita fino ad oggi, perché le televisioni tradizionali hanno i giorni contati»…«Preciso che non sono questioni che riguardano il mio dipartimento. Ma nella provocazione Grillo ha certo detto una cosa sacrosanta. Ovvero, sulla Rai bisogna agire. Quindi, o il sistema si riforma e si cambia, oppure se ciò non avviene meglio andare nella direzione provocatoriamente disegnata da Grillo».Nell'agenda di governo uno dei temi chiave è la gestione dell'emergenza migratoria. Dopo le dichiarazioni del presidente pentastellato della Camera, Roberto Fico, che ha detto «i porti io non li chiuderei» e del ministro 5 stelle delle Infrastrutture, Danilo Toninelli (che in relazione alle parole del ministro dell'Interno e vicepremier, Matteo Salvini, dal raduno di Pontida sulle competenze sui porti ha risposto: «le competenze sono congiunte tra Mit e Viminale») , nell'alleanza governativa lo scenario è parecchio agitato… «Nessuna agitazione, la linea è chiara. Ciascuno di noi ha le sue sensibilità ed esprime le sue opinioni, ma è proprio l'aver governato un Paese complesso come il nostro affidandoci alla sensibilità del politico di turno o alle emozioni dettate dalle emergenze che ha reso la situazione al limite dell'ingestibilità. Occorre governare il fenomeno migratorio e saper gestire l'accoglienza. Servono buon senso, pragmatismo e visione a lungo termine. Quando gli ospiti in casa tua superano il livello che puoi gestire, accoglierne altri significa non garantire neppure ai primi un'accoglienza dignitosa. E più alimentiamo la speranza di trovare uno sbocco partendo, più incentiviamo interi popoli a muoversi, a partire andando incontro a quelli che si trasformano spesso in veri e propri viaggi della morte. In questo modo non facciamo il loro bene. La soluzione migliore resta quella di agire in Libia affinché la Guardia costiera libica blocchi le partenze e riporti i migranti nei luoghi seguiti dall'Onu e dall'Unhcr. E l'obiettivo è creare appunto dei luoghi dove raccoglierli prima che partano». Il decreto Dignità che porta la firma del vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, appena licenziato dal Consiglio dei ministri, si è presentato un po' attenuato e meno ambizioso, rispetto alle bozze iniziali, su alcune delle misure annunciate. Sono correzioni frutto dell'influsso dell'alleato di governo leghista?«Non mi sto occupando del decreto Dignità. Ma stiamo governando assieme e le iniziative si concordano assieme. È una normale dialettica tra alleati. Parlare di alleggerimento mi pare una semplificazione. Non c'è nulla di alleggerito, il risultato finale sarà il frutto di un lavoro congiunto. E così sempre sarà».Paola Gregorio<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/taglieremo-i-fondi-delleditoria-non-fanno-bene-allinformazione-2583551200.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="quei-contributi-nati-nel-1981-che-questanno-superano-i-180-milioni-di-euro" data-post-id="2583551200" data-published-at="1757752334" data-use-pagination="False"> Quei contributi nati nel 1981 che quest'anno superano i 180 milioni di euro Con le difficoltà che sta attraversando il mondo dell'editoria, il cosiddetto fondo per il pluralismo (dell'informazione) fa gola a molti. Nato nel 1981, era previsto un contributo fisso per ogni copia stampata, con una maggiorazione del 15% nel caso il giornale fosse edito da una cooperativa di giornalisti. Nel 1990, poi, i finanziamenti sono stati allargati anche a tutti gli organi di partito, fattore che ha fatto la gioia di molti editori fino al 2008, anno in cui il parlamento ha iniziato a ripensare i finanziamenti all'editoria, abolendo ogni criterio legato alla tiratura. Alla fine nel 2014 il sistema di contribuzione diretta è stato quindi abolito.Ciò non toglie, però, che alcuni finanziamenti siano previsti per alcune categorie di imprese editoriali. Quest'anno le risorse che la presidenza del Consiglio e il ministero per lo Sviluppo Economico stanno devolvendo ammontano a 182,3 milioni di euro. Di questi, 114,4 sono destinati alle diverse finalità di competenza della presidenza del Consiglio dei ministri. Gli altri 67,8 milioni servono per gli interventi di sostegno alla emittenza radiotelevisiva locale, di competenza del ministero per lo Sviluppo Economico.Una nota emessa dalla presidenza del Consiglio ha reso noto come vengono spesi quest'anno i 114,4 milioni previsti dal fondo per il pluralismo.Circa 4 milioni sono previsti per le imprese radiofoniche e televisive. Altri 3 milioni vanno alla stampa italiana periodica all' estero. Un milione è invece il contributo speciale a favore dei quotidiani in lingua slovena editi in Italia. 9.000 euro servono per l'Associazione stampa estera. Poco più di 27,8 milioni sono destinati alle convenzioni con Rai International e Rai minoranze linguistiche.Circa 572.500 euro vanno invece all'Inpgi (l'istituto nazionale di previdenza dei giornalisti) come aiuto per la Cassa integrazione guadagni straordinaria e per i contratti di solidarietà. La fetta maggiore, 47 milioni, va nelle casse dei quotidiani e dei periodici che esprimono il pensiero di “enti morali" come partiti o associazioni. Solo 1,1 milioni vanno alle imprese radiofoniche organo di partito o movimento politico. 4,5 milioni servono invece per rimborsare i canoni elettrici e satellitari delle emittenti radiotelevisive che ne hanno fatto richiesta. Infine, sono previsti stanziamenti per due milioni per le imprese editrici che abbiano intenzione di realizzare progetti a carattere innovativo.La pacchia, però, potrebbe finire da un momento all'altro. Nel programma presentato dal Movimento 5 stelle prima delle elezioni del 4 marzo si spiegava chiaramente che sarebbe finita l'era dei giornali finanziati con i soldi pubblici. Nel nuovo programma, però, quello scritto a quattro con la Lega, dell'abolizione dei finanziamenti pubblici all'editoria non c'è traccia. Va detto però che il taglio dei contributi all'editoria è un ritornello che con i 5 Stelle ritorna sempre. Non stupirebbe dunque se un decreto, prima o poi, dovesse arrivare di punto in bianco.Gianluca Baldini
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson