2018-07-12
Tagliare le (presunte) pensioni d’oro porterebbe a un calo dei consumi
Un tempo i giovani rispettavano gli anziani, ai quali attribuivano la virtù della saggezza. Oggi, la demagogia contrappone i giovani ai meno giovani e, per assicurare ai primi un reddito definito «di cittadinanza» o «di inclusione», si propone di tagliare le pensioni, apoditticamente definite «d'oro» sulla base di una considerazione non esplicitata: se finora gli anziani hanno aiutato figli e nipoti in difficoltà economiche si può togliere ai primi per dare ai secondi. Anzi, si sostiene, con questa operazione di redistribuzione si trovano nuove risorse per altre pensioni o per incrementare quelle minime. E così, non si dice, ma si prospettano nuovi tagli ad altre pensioni, meno «d'oro», perché quell'orticello è modesto e poco può dare.Sennonché qualcuno che forse ha difficoltà con l'italiano ha altrettanti problemi con la matematica la quale, com'è noto, non è un'opinione. E non solo, perché si vuole manomettere anche qualche regola del diritto. Di quelle che delineano la civiltà di un popolo. Perché se un lavoratore ha versato nel corso della sua attività professionale, qualunque essa sia stata, i contributi richiesti dalla legge nella prospettiva di una pensione ragguagliata alle somme versate vanta un diritto basato su quella legge, nel rispetto del principio di proporzionalità tra contributi versati ed entità delle pensioni, calcolate con i criteri del sistema contributivo introdotto dalla legge numero 335/95 aggiornandoli nei suoi coefficienti di trasformazione con un apposito nuovo decreto. E se molto ha versato certamente avrà una pensione elevata. Che non è, come si vorrebbe far intendere, un privilegio ma un diritto. Essendo per definizione «privilegio» ciò che attribuisce a un soggetto o a una categoria una posizione più favorevole di quella della generalità degli altri soggetti. La riduzione che si prospetta ha il sapore di una espropriazione, nel senso che sarebbero stati versati contributi non finalizzati alla pensione. Diversa cosa è l'eventuale partecipazione a esigenze generali della finanza pubblica: si chiama «contributo di solidarietà». È commisurato a una aliquota della pensione ed è limitato nel tempo. Nessuno si è sottratto a questo obbligo morale, e chi ha ricorso ai giudici lo ha fatto quando quel prelievo andava oltre la soglia della ragionevolezza. Come ha detto la Corte costituzionale che ha ricostruito la regola della salvaguardia dei diritti acquisiti, delle garanzie maturate garantite in uno Stato che si è sempre vantato di assicurare certezza del diritto e dei limiti che in un Paese civile incontrano le disposizioni legislative retroattive in materia previdenziale.Dal diritto alla matematica. Una pensione elevata lascia nella mani del fisco una somma elevata, circa un terzo. Con quella somma lo Stato può pagare altre pensioni. Se queste sono basse ne può pagare diverse. Un esempio. Una pensione lorda di 16.000 euro lascia nelle casse dello Stato oltre 6.000 euro.È evidente, dunque, che se diminuisce l'importo della pensione si riduce anche il prelievo fiscale e, con esso, l'effetto che si vorrebbe realizzare. Con la conseguenza che il presunto effetto positivo non c'è. Come non c'è un effetto positivo sui consumi, dal momento che l'aumento del numero delle pensioni minime, ancorché si decida di elevare quel livello, non fa aumentare i consumi necessari per assicurare maggiori produzioni e, pertanto, maggiori posti di lavoro. Anzi probabilmente i consumi diminuiscono per l'ovvia considerazione che i trattamenti minimi non invogliano, e che quelli più elevati determinano una compressione delle spese non necessarie per rientrare in uno standard di vita compromesso dalla riduzione della pensione.Bisognerebbe spiegare a qualche economista improvvisato che i fattori che intervengono a determinare il benessere di una comunità sono vari. Tra questi la spesa pubblica che non è da demonizzare perché è finalizzata a rendere servizi ai singoli e alle imprese. E che anche le pensioni costituiscono una retribuzione «differita» maturata con contributi effettivamente versati e favorisce i consumi. Con l'occasione va ricordato ai distratti che nulla di serio si è fatto per una revisione che tagli gli sprechi veri. Così nel tempo governi di tutti i colori si sono esibiti in tagli indiscriminati, definiti «lineari» (una certa percentuale degli stanziamenti di bilancio), con l'effetto di aver ridotto il numero di poliziotti e carabinieri o di aver trascurato la manutenzione delle scuole o delle strade. Contestualmente sono state bloccate le retribuzioni dei pubblici dipendenti, in specie dei professori, a onta della tanto decantata Buona scuola che si fa, ovviamente, con docenti bravi e motivati. Sono spese che migliorano le condizioni generali di una comunità e determinano maggiori consumi.E nulla si è fatto, anche se oggi si preannuncia una correzione, su un sistema fiscale, iniquo e predatorio, che spinge persone e imprese a emigrare.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)