2018-12-21
Tagliano la pensione a chi ha pagato e invece la regalano alla Finocchiaro
Il Csm ha accolto la richiesta dell'ex senatrice che, pur di non ritornare a lavorare come magistrato, aveva chiesto di andare in quiescenza a 63 anni dopo 31 anni di aspettativa. La toga l'ha indossata per soli 5 anni.Qualche giorno fa avevamo avvertito il governo che sarebbe stato difficile far digerire a chi non abbia una pensione da fame un contributo di solidarietà che tagli del 30 o 40 per cento il suo assegno. E non perché a nessuno piace vedersi soffiare dei soldi se ritiene di averli giustamente guadagnati, ma in quanto mentre li osserva sparire, sotto i suoi occhi continua a vedere sindacalisti e politici che se ne vanno a riposo fruendo di un'assistenza previdenziale che non hanno pagato e che, in più di un caso, è pure doppia. La riflessione ci era venuta a seguito del raggiungimento dell'agognata soglia pensionistica da parte di Vittorio Sgarbi. Il critico dell'arte, in un'intervista a Panorama, spiegava di avere i requisiti per ottenere l'assegno dell'Inps come dipendente pubblico. Fin qui nulla da eccepire. Il problema consiste però nel fatto che Sgarbi, al pari di molti politici e sindacalisti, per decenni non ha svolto il lavoro per cui percepirà la pensione, dato che si è occupato di politica. Dopo trent'anni in Parlamento ha maturato un vitalizio e questo, nonostante i tagli decisi dalle rispettive Camere, gli verrà riconosciuto. Ma al mensile disposto da Montecitorio si aggiungerà quello dell'ente presieduto da Tito Boeri perché, nel rispetto della legge, a Sgarbi sono stati calcolati trent'anni di contributi figurativi, ossia versamenti virtuali a fronte di un lavoro che non c'è stato. Insomma, Sgarbi incassa la seconda pensione nonostante la sua vita lavorativa, come per chiunque, sia una sola.Di Sgarbi siamo amici e non ne mettiamo in discussione la competenza e la preparazione. Né lo accusiamo di aver approfittato di qualche cosa di illegale. Semplicemente volevamo segnalare che lui usufruisce di una normativa che non è consentita ai comuni cittadini. Tuttavia Vittorio è in buona compagnia. Oggi, infatti, dobbiamo prendere atto che, avendo ottenuto il via libera del Consiglio superiore della magistratura, anche Anna Finocchiaro, ex parlamentare del Pci, del Pds e del Pd, già ministro del governo Gentiloni, presto potrà ritirarsi dal lavoro e godersi la pensione. Alle scorse elezioni del 4 marzo la signora non è stata ricandidata, dunque avrebbe dovuto tornare al suo impiego precedente, cioè a fare il magistrato. Probabilmente avrebbe preferito essere destinata al ministero di Giustizia piuttosto che ad un tribunale, ma di avere un ex onorevole fra i suoi collaboratori al ministro Alfonso Bonafede non dev'essere piaciuto e così è finita con una domanda di pensione e il Csm ha subito assecondato la richiesta. Fin qui nulla da eccepire. Si dà però il caso che gli ultimi trent'anni Anna Finocchiaro li abbia trascorsi in politica, e che la sua carriera al servizio della giustizia si sia interrotta nel 1987, cioè dopo soli cinque anni passati con indosso la toga. Tutto ciò, però, non le impedirà di godere di un trattamento previdenziale completo, probabilmente con il massimo della contribuzione, perché ai 31 anni in politica può aggiungere i cinque da magistrato e probabilmente gli anni dell'Università e così a 63 anni può godersi la pensione e, immaginiamo come per molti altri suoi colleghi deputati, il vitalizio.Precisiamo a scanso di equivoci. Come nel caso di Sgarbi, Anna Finocchiaro non commette nulla di illecito: semplicemente approfitta della legge che le ha consentito non solo la conservazione del posto nelle file della magistratura, ma anche il versamento dei contributi figurativi, cioè, come abbiamo già chiarito, virtuali, ossia a carico della collettività, ossia di tutti quelli che pagano le tasse.Ripetiamo fino alla noia: né Sgarbi, né la Finocchiaro rubano qualche cosa. E non lo fanno neppure le decine di migliaia di persone che tra il sindacato e le aule parlamentari accumulano contributi figurativi. E però oggi, nel giorno in cui si annuncia il taglio delle cosiddette pensioni d'oro, cioè di pensioni sopra i 4.600 euro mensili, a prescindere che siano state costruite pagando i contributi oppure no, non sarebbe forse il caso di farla finita con tutti quelli che incassano senza aver versato? Che senso ha colpire 50 o 100.000 pensionati, dipingendoli come dei paperoni della previdenza, quando ci sono 2 milioni di persone che la pensione la incassano senza averla maturata e altri 4 milioni che godono di un assegno parzialmente pagato dallo Stato? Tranne alcune eccezioni, che si potevano identificare facilmente verificando i contributi versati, chi percepisce una pensione più alta appartiene a quel 4,36 per cento di italiani che mantiene il restante 46 per cento della popolazione. Sono signori che, oltre alle tasse, pagano i contributi. È per questo che il governo li punisce? Oppure è per dare un aumento a chi, magari evadendo il fisco, ora è a carico dei cittadini onesti?