La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.
Ieri il Ppe guidato da Manfred Weber, tedesco, della Cdu e ostile a Ursula, il maggior gruppo dell’Eurocamera ha votato con Ecr (il gruppo di Giorgia Meloni) e i Patrioti per l’Europa (vi aderisce anche la Lega) la posizione del Parlamento europeo con cui si andrà al Trilogo (la trattiva definitiva con Consiglio europeo e commissione) sul «famigerato» regolamento per la deforestazione. È una delle «follie» del Green deal che nella formulazione iniziale prevedeva per chiunque commercializzasse prodotti derivanti da alberi - dal caffe alla gomma, dai mobili alla carta - di dichiarare se questi alberi fossero stati tagliati o meno offendendo la rigenerazione naturale e del caso pagare pesantissime penali. Se un mobilificio compra tek e gomma naturale doveva certificare che il siringuero dell’Amazzonia e il boscaiolo del Myanmar non avevano deforestato.
La levata di scudi di tutte le categorie - e sono tante - interessate da questo regolamento è stata incendiaria. Ieri la maggioranza moderata che non è quella Ursula - la Commissione sta in piedi per il compromesso ormai storico tra Ppe e socialisti - ha apportato radicali modifiche. Intanto si rinvia il regolamento per le grandi aziende a fine 2026, per le piccole al giugno 2027; l’obbligo di rendicontazione riguarda solo i primi importatori e non i trasformatori, i piccoli operatori faranno solo una dichiarazione una tantum e tutto il comparto carta, editoria compresa, viene esentato. Si fissa all’aprile prossimo la valutazione dell’impatto economico delle norme.
Che agli operatori piaccia la scelta fatta dalla maggioranza non Ursula lo testimonia l’evviva di tutto il mondo agricolo con Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca confcooperative, che dice: «È un passo nella giusta direzione per sostenere la cooperazione agricola». Coldiretti col presidente Ettore Prandini applaude e sostiene: «L’eccesso di burocrazia rendeva inapplicabile il regolamento oltre a penalizzare le imprese». La maggioranza è stata assai ampia: 402 voti a favore, 250 contrari e 8 astenuti e ha scatenato le ire dei socialisti a partire da Nicola Zingaretti che guida la pattuglia Pd e tuona: «Non vogliamo regalare il Parlamento europeo per quattro anni a un’alleanza tra destra ed estrema destra, in alcuni casi neofascista». Ma tant’è.
Carlo Fidanza - capodelegazione di Fdi - fa notare: «Siamo molto soddisfatti per il voto sulla deforestazione, in linea con il lavoro che ha fatto il governo italiano, ora mettiamo mano al Green deal sull’automotive». E Nicola Procaccini (Ecr) nota: «Il consenso che abbiamo avuto è più alto, vuol dire che molti di Renew (sarebbero i macronisti) hanno votato con noi».
Questo è il vero dato politico. Gli equilibri in Europa sono mutati e il continente svolta a destra. Il voto sulla deforestazione segue quello di dieci giorni fa sull’allentamento degli obblighi di rendicontazione ambientale - 382 voti favorevoli, 249 contrari e 13 astensioni - sempre promosso da Ppe, Ecr e Patrioti allineati e alleati. Ancora peggio è andata alla sinistra - il Pd col campo largo faceva un tifo da stadio per il provvedimento - quando su proposta ancora di Manfred Weber, popolari, conservatori e sovranisti, hanno bloccato l’ispezione a Roma del gruppo di monitoraggio sullo stato di diritto dell’Eurocamera. Gaetano Pedullà, del M5s, ha sbraitato: «È una vergognosa autocensura per salvare Giorgia Meloni». Il rapporto tra Ppe, Ecr, Pfe ed Esn è stato subito ribattezzato «maggioranza Giorgia» vuol dire che la Meloni qualcosa conta. E manda fuori dai gangheri i socialisti; in una nota sbuffano: «Si è varcata una linea rossa, il Ppe ha respinto la mano tesa dei socialisti sugli emendamenti preferendo l’alleanza con le destre» al prezzo - sostiene Delara Burkhardt - «di snaturare la legge». I Verdi con Marie Toussand strillano: «Il Ppe sta smantellando pezzo per pezzo in alleanza con l’estrema destra la legislazione ambientale».
La verità è che Weber s’ è reso conto che col Green deal in Germania, e non solo, perde voti e trova utile smontare la «maggioranza Ursula». Anche perché c’è da fare i conti col preoccupante rallentamento dell’eurozona e forse si comincia a pensare che la corsa alle armi di Ursula von der Leyen non è poi così salutare. Lo ha accennato il vicepresidente della Bce, Luis De Guindos, che avvisa: «Attenzione a spingere la spesa per la difesa, le ricadute per la sostenibilità dei conti pubblici potrebbero essere negative».






