Nell'ultimo miglio per l'approvazione - con voto di fiducia - della manovra, sulla cannabis legalizzata si consuma lo scontro tra maggioranza e opposizione: non è passata la liberalizzazione della cannabis light dal primo gennaio. La norma che avrebbe reso possibile la vendita della canapa a basso contenuto di Thc (ossia con tasso di principio attivo inferiore allo 0,5%) è stata stralciata dal maxiemendamento in esame al Senato. La presidente Elisabetta Alberti Casellati l'ha dichiarata inammissibile, in quanto «estranea alla discussione», scatenando gli applausi dell'opposizione e le polemiche dei senatori del M5s. In particolare i firmatari della norma hanno subito accusato la presidente: «Si tratta di una scelta politica, è evidente a tutti: ha ceduto al pressing di Forza Italia, Fratelli d'Italia e Lega». La seconda carica dello Stato ha immediatamente replicato: «Le mie decisioni sono scevre da componenti politiche, perché la decisione del presidente del Senato è meramente tecnica e prescinde da questioni di carattere politico. Se ritenete questa misura importante per la maggioranza, fatevi un disegno di legge». Evidenziato dunque il tentativo furbesco dei pentastellati di inserire, in un comma della legge di bilancio, un emendamento che non ha nulla di economico bensì è caratterizzato da un profilo squisitamente politico ed etico. Era tecnicamente impossibile, dunque, inserirlo in manovra (come prescritto dalla Corte Costituzionale, perché «disciplina in maniera del tutto innovativa» un intero settore). Un intervento di questo tipo si può fare solo attraverso un apposito disegno di legge. Senza considerare che una sentenza dello scorso 31 maggio delle sezioni unite della Cassazione ha ribadito il divieto di cessione, contenuto nella legge numero 242/2016, che disciplina la coltivazione della canapa, e ha escluso che i cannabis shop potessero realizzare una legalizzazione di fatto.
I senatori pentastellati firmatari, Alberto Airola e Massimo Mantero, hanno invece sottolineato che stralciare le norme sulla cannabis light significa assestare un duro colpo agli agricoltori del settore, che invece si attendevano un sostegno, e hanno accusato i colleghi di Lega e Fdi di aver strumentalizzato ideologicamente la questione. Secondo Mantero «per colpa dell'ignoranza di alcuni politici dell'opposizione 12.000 agricoltori e commercianti torneranno a vivere l'incubo della chiusura delle loro attività. I sovranisti, se fossero davvero tali, approverebbero una norma che rilancerebbe l'agricoltura italiana. Invece hanno scelto di fare un regalo alle aziende estere». Attualmente le imprese che si occupano di cannabis light in Italia sono circa 3.000 e la norma prevedeva un'accisa che avrebbe portato nelle casse dello Stato circa 500 milioni di euro.
È intervenuto anche il ministro ai Rapporti col Parlamento, Federico D'Incà, che «pur rispettando la decisione e l'autonomia» della presidente del Senato, si definisce «amareggiato, anche perché l'emendamento avrebbe colmato un vuoto normativo e regolamentato un settore». Il leader della Lega, Matteo Salvini, soddisfatto ha ringraziato il presidente del Senato «a nome delle comunità terapeutiche e delle famiglie italiane per avere evitato la vergogna dello Stato spacciatore». Toni simili per fondatrice di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, la quale ha parlato di «vittoria di chi si batte per una vita libera da ogni droga», aggiungendo che «la droga non è mai leggera né innocua e noi continueremo a ribadirlo in ogni sede». La discussione è poi degenerata quando ha preso la parola il senatore Andrea Marcucci del Pd, interrotto dal grido «Drogato!», proveniente dal senatore di Fdi Ignazio La Russa, che si stava rivolgendo ai banchi dei pentastellati promotori della controversa norma. Anche il leghista Simone Pillon ha bacchettato il M5s: «Vergogna. Volete dare la droga ai ragazzini». Mentre il senatore grillino Alberto Airola (destinatario delle urla di La Russa) è stato bersagliato anche da altri esponenti di Fdi: «Perché non commercializzare la cocaina?». Sottolineature urticanti anche da parte di Forza Italia: «La presidente Casellati ha imposto il rispetto delle regole», ha detto l'azzurro Maurizio Gasparri, «lo strumento era improprio. Il partito della droga rappresentato dal Pd e dai grillini è stato severamente sconfitto». Nella maggioranza Chiara Gribaudo, del Pd, ha chiesto alla presidenza del Senato di rivedere la propria decisione e di fugare «ogni dubbio sulla possibile mancata imparzialità», mentre il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera nonché componente dell'intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis, Giuseppe Brescia, è andato oltre invocando le dimissioni della Casellati dopo aver definito «inammissibile» il suo comportamento. Meno aggressivo il capogruppo democratico Marcucci: «Prendo atto di una decisione inappellabile. Abbiamo bisogno di approvare la legge di bilancio, dobbiamo andare avanti coi lavori per il bene del Paese, rispettando tempi che abbiamo stabilito all'unanimità», ha detto come per lasciarsi alle spalle un incidente di percorso. Forse perché, visto che il provvedimento è stato cassato dalla legge di bilancio, la maggioranza potrebbe «rollarlo» nel Milleproroghe.
Siamo alle solite: il mondo laicista che tanto sbraita perché si rispettino le regole della democrazia, quando si trova alle strette, non esita a ricorrere ai colpi di mano. L'ultima perla è l'emendamento che il M5s con il senatore Matteo Mantero, cui ha fatto subito eco la senatrice del Pd Monica Cirinnà, hanno introdotto nella legge di bilancio, in cui si legalizza l'uso della cannabis con principio attivo inferiore a 0,5% di Thc. Se - come pare - il governo porrà la fiducia in Senato e il testo verrà blindato alla Camera, questo emendamento terribilmente dannoso soprattutto per i ragazzi ed i giovani diventerà legge della Stato.
Tutto ciò in aperta contraddizione con quanto stabilito dalla Corte di Cassazione a sezioni riunite, che nel maggio scorso aveva di fatto bloccato la strada alla legalizzazione con la normativa sui cannabis shop.
Chiunque abbia un poco di onestà intellettuale non può non chiedersi che cosa abbia a che fare con la legge economica dello Stato un emendamento che tratta un tema di carattere medico e sociale. Questo inserimento è in palese contrasto con i principi di trasparenza e chiarezza che devono caratterizzare i testi legislativi. Non passa, purtroppo, giorno in cui siamo costretti a registrare i disastri che il tragico diffondersi della droga nella nostra società sta provocando, soprattutto fra le nuove generazioni. Omicidi, furti, violenze di ogni genere, incidenti stradali e la lista può spaventosamente allungarsi frutto di condizioni di «sballo» legate alle droghe. E a fronte di tutto ciò la risposta sarebbe la legalizzazione della cannabis, con la porta aperta a manipolazioni chimiche peggiorative? L'esperienza pluriennale di tutti, sottolineo tutti, i Paesi che hanno legalizzato la cannabis ci racconta scenari che vanno in direzione opposta rispetto a quanto certi imbonitori mediatici cercano di spacciare per verità; cioè che la legalizzazione del basso dosaggio non è dannosa e preserva dal mercato nero criminale. Ripeto, non c'è un solo Stato che abbia legalizzato la cannabis e che abbia registrato né la sconfitta del mercato illegale, né il consumo «controllato accettabile» e non dannoso. È vero l'opposto: aumento dell'uso, ricerca di altre forme di «sballo», aumento degli alcoolici e degli incidenti stradali, iniziazione verso droghe più pesanti, dalla cocaina alla ketamina, all'eroina.
Dichiarazioni del tipo «sotto lo 0,5% di Thc la canapa non si può considerare sostanza stupefacente», con le quali i senatori già menzionati hanno cercato di giustificare il loro emendamento, sono errate, scientificamente infondate, e non esiste un solo trattato di tossicologia che non annoveri la marijuana fra le droghe nootrope, cioè tossiche per il cervello. E se una sostanza è tossica e fa male, non è certo una legge che la trasforma «magicamente» in una cosa buona, anzi «ricreativa»!
Facciamo appello a tutti i parlamentari, ma soprattutto ci appelliamo al presidente della Repubblica perché fermi l'approvazione di questo emendamento, vergognosamente nascosto fra le righe della legge di bilancio. La legge economica dello Stato deve interessarsi di provvedimenti economici appunto che mirano al maggior benessere dei propri cittadini. La cannabis per un verso non ha nulla a che fare con le normative economiche, e per un altro non promuove certo il «benessere» delle famiglie italiane.
«L'emendamento sulla cannabis light nella legge di stabilità, per legalizzare la vendita al pubblico di derivati della cannabis che non superino lo 0,5% di principio attivo, trasformerebbe la Finanziaria in una 'Manovra ideologica' fatta sulla salute delle persone, soprattutto degli adolescenti. Come la mettiamo col rispetto della Costituzione e della legalità poi? Se queste sono le priorità per la nostra nazione, con la disoccupazione ad altissimi livelli, la mancanza di investimenti sul capitale umano, le aziende che chiudono e i tanti abusi contro cui intervenire, gli italiani non possono dormire sonni tranquilli» hanno dichiarato Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vice presidente di Pro Vita & Famiglia. «Non si può accettare e si deve stigmatizzare immediatamente il principio che per fare cassa, lo Stato accetti che tanti giovani si avvicinino all'uso della droga e allo sballo come soluzione» hanno concluso Brandi e Coghe.
L'Italia è un precursore per quanto riguarda la legislazione permissiva sulla cannabis, complice una serrata campagna dei radicali e della sinistra.
La marijuana per uso medico è stata messa a disposizione dal 2013 e nel 2016 il governo Renzi ha approvato la legge 242, che ne permette la coltivazione senza la necessità di autorizzazione nei settori alimentare, cosmetico ed energetico. Ma affinché il prodotto sia legale, la quantità di Thc (tetraidrocannabinolo) non deve superare lo 0,6%. La legge però aveva delle zone d'ombra e non chiariva la possibilità di commerciare o meno infiorescenze. Poi è arrivato il pronunciamento della Cassazione, che ha dichiarato l'illegalità della vendita. I negozianti hanno fatto ricorso per impedire la chiusura e diversi tribunali hanno dato loro ragione. Intanto il Consiglio superiore della sanità ha dato parere negativo, sottolineando che alcune persone potrebbero essere particolarmente esposte agli effetti della cannabis, anche con un basso livello di Thc. Matteo Salvini ha promesso un intervento drastico contro questo tipo di commercio ma il cambio di legislatura ha bloccato tutto.
L'esperienza dei negozianti, comunque, conferma che il commercio della canapa light non ha intaccato il mercato illegale. Andiamo a Trastevere, al punto vendita Weed Love. Qui oltre alla cannabis leggera si vendono anche le sigarette elettroniche. «Sono queste che vanno per la maggiore» spiega il commesso, Francesco. «La canapa legale la chiedono i cinquanta-sessantenni, spesso come se fosse una medicina, quindi per combattere l'insonnia e qualche doloretto. I giovano cercano lo sballo e quindi si rivolgono altrove… Da quanto mi dicono alcuni amici, il mercato illegale continua».
Una clientela matura è anche quanto ci conferma Marta Lispi, commessa nel negozio Primero di Acilia e rappresentante di un'associazione, la Cannabis social forum, che riunisce circa 20 negozi di Roma. «Da noi vengono adulti, oltre i 40 anni; di giovani se ne vedono pochissimi». Eppure, dice Marta, «qualche punto vendita ha comunque avuto problemi con la malavita del territorio, con danni e minacce». Quanto agli effetti della sentenza della Cassazione, afferma che «almeno otto negozi su dieci hanno chiuso e molti venuti dall'estero in Italia per fare questo tipo di affari, si sono trovati sul lastrico».
Eppure, nonostante l'intervento delle toghe, il business resta promettente. Secondo l'European cannabis report, entro il 2028, la cannabis legale in Italia potrebbe generare un fatturato totale di 15,8 miliardi di euro, di cui 7,5 miliardi da uso medico e 8,3 miliardi da uso ludico. Ad essi si aggiungerebbero 24,7 miliardi di euro nel settore della cannabis industriale (Cbd e altre tipologie con contenuto di Thc inferiore allo 0,6% per i produttori). Si tratterebbe in tutto di 40,5 miliardi di euro, il 68% del giro d'affari complessivo attuale dell'agricoltura italiana.
Il settore va a gonfie vele, anche perché alcune versioni costano persino il doppio delle varietà illegali: per un grammo si possono spendere oltre 20 euro. A oggi sono stati aperti circa 2.100 negozi. A questi va aggiunta la vendita su Internet. Il mercato ha dimensioni importanti e proprio il commercio sul Web lascia intendere la dimensione del fenomeno.
Ogni anno vengono prodotte 6 tonnellate di infiorescenze. Per un chilo, i coltivatori chiedono fino a mille euro. Complessivamente, tutta la filiera, secondo i dati del Consorzio nazionale per la tutela della canapa industriale, genera un business di 150 milioni. Coldiretti ha stimato almeno 4.000 ettari coltivati a canapa da 2.000 aziende agricole, nate soprattutto negli ultimi due anni.
Il giro d'affari quindi c'è ed è grande. Ma le conseguenze sulla lotta allo spaccio illegale, che è il tema principale della campagna sulla legalizzazione, non si vedono.
Numerosi medici sostengono che la normativa più permissiva ha creato una diminuzione della «percezione dei pericoli» associati all'uso della marijuana che potrebbe addirittura far crescere la percentuale dei consumatori, aumentando i disturbi dovuti al suo uso, compresa la dipendenza.
Basta leggere la Relazione 2019 della Direzione centrale per i servizi antidroga, per rendersi conto che lo spaccio di marijuana continua a essere la principale attività della malavita sul fronte delle droghe.
Nel 2018 sono aumentati del 93,93% i sequestri di piante di cannabis mentre per l'hashish (la resina della marijuana) l'incremento rispetto al 2017 è stato addirittura del 318,50%.
Nella Relazione, i derivati della cannabis (hashish e marijuana) si confermano le sostanze maggiormente sequestrate nei vari ambiti di frontiera, incidendo per circa il 96% del totale intercettato.
Il picco più alto nei sequestri è stato registrato per l'hashish nel 2014 (113.172 chili) e per la marijuana nel 2017 (93.301 chili). È impressionante anche l'aumento del 26,15% dei minorenni responsabili del reato di cessione di hashish.
Nella Relazione troviamo l'esito dei controlli nei punti vendita di cannabis light predisposti nel 2018 dalla Direzione centrale dei servizi antidroga. Tra il primo gennaio 2018 e il 30 maggio 2019 (data della sentenza della Cassazione), a seguito di 69 operazioni, sono state denunciate 150 persone, di cui 12 in stato di arresto. Sono stati sequestrati 4.354 chili di cannabis. Successivamente alla pronuncia della Cassazione, cioè tra il 30 maggio e il 30 novembre 2019, sono state effettuate 62 operazioni di polizia, che hanno portato alla denuncia di 79 persone, di cui 10 in stato di arresto e al sequestro di 750 chili di sostanze.
Secondo i dati più recenti della Direzione antidroga, l'80% di tutte le droghe sequestrate in Italia è costituito di derivati della cannabis (al 30 novembre ne sono state sequestrate 42 tonnellate). Questa incidenza, superiore al 90% dell'intero ammontare di tutti i sequestri, è rimasta pressoché costante negli ultimi 5 anni.







