Da quando è salito al soglio Pontificio, quasi undici anni fa, Jorge Mario Bergoglio promette di riformare la Chiesa. Ma non sempre si è circondato degli uomini migliori. E non è chiaro se per sua ingenuità, o perché - come sospettano i maliziosi - preferisce lavorare con persone deboli, quindi meglio manovrabili. Così, a proposito del libro osé sulla mistica di monsignor Víctor Manuel Fernández, viene da domandarsi: poteva Francesco non sapere? Poteva ignorare quella pubblicazione del 1998, stampata in Messico, considerato che all’epoca conosceva bene Tucho? Al quale, più o meno in quel periodo, sconsigliò di trasferirsi in Colombia per dirigere un istituto teologico? Poteva non essersi reso conto che, dopo la nomina all’ex Sant’Uffizio, il cardinale suo connazionale aveva purgato la propria bibliografia, pubblicata sul sito del Vaticano, facendo sparire le tracce di La pasión mística?
D’altra parte, si deve ammettere che, di scandali a luci rosse, la Chiesa ne ha visti di peggiori del volumetto sugli orgasmi. Come quello che ha coinvolto, pochi anni fa, un altro argentino, monsignor Gustavo Óscar Zanchetta, accusato di molestie nei confronti di due seminaristi nella diocesi di cui era vescovo, Orán.
Già pupillo del Pontefice, il presule ha beneficiato di una certa tolleranza da parte di Roma. Nel 2017, quando iniziava a essere chiacchierato, il successore di Pietro inventò per lui un ruolo da assessore all’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede (Apsa). Benché lo stesso Bergoglio, come poi avrebbe ammesso in un’intervista, lo considerasse «economicamente disordinato». Bizzarro: per quale motivo piazzare uno che si reputa pasticcione sul piano finanziario a gestire i beni del Vaticano?
Due anni più tardi, Francesco credette anche alle giustificazioni addotte da Zanchetta per il ritrovamento di foto spinte sul cellulare: giurò che glielo avevano hackerato. La più classica delle scuse. Nel 2022, però, l’ex vescovo fu condannato in Argentina a quattro anni e mezzo per «abuso sessuale aggravato e continuato». Il Dicastero per la dottrina della fede, allora guidato dallo spagnolo Luis Francisco Ladaria Ferrer, nel frattempo aveva aperto un’indagine autonoma. Indovinate? Gli esiti sono tuttora avvolti nel mistero.
Il Pontefice non è parso ugualmente garantista con un altro membro del clero al quale, all’inizio, risultava invece molto legato: monsignor Angelo Becciu, creato cardinale proprio da Bergoglio nel 2018 e divenuto prefetto della Congregazione delle cause dei santi, nonché sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato. Il porporato sardo ha fatto esperienza della volubilità tipica di Francesco: dopo l’affaire dell’immobile londinese, è cominciato un discusso processo, nel quale il Papa certo non parteggiava per gli imputati e da cui è scaturita una pesante condanna per Becciu (cinque anni e mezzo e una richiesta di risarcimento in solido per qualcosa come 200 milioni).
Le frequentazioni sudamericane non hanno portato molta fortuna al Pontefice venuto «dalla fine del mondo». Ricordate il C9, il Consiglio dei cardinali che doveva affiancarlo nella revisione della Curia? Fino a marzo 2023, a coordinarlo era Óscar Rodríguez Maradiaga, honduregno, considerato uno dei grandi elettori di Francesco nel conclave del 2013. Peccato che, da arcivescovo, egli avesse ospitato e protetto padre Enrique Vásquez, accusato di abusi, tampinato dall’Interpol, per anni fuggiasco dal Nicaragua, a New York, al Connecticut.
Tra i pessimi amici, il cardinale Maradiaga annoverava anche Theodore McCarrick, arcivescovo americano investito dallo scandalo delle violenze sessuali ai danni di adulti e minori. Insieme a costui, stando al memoriale Viganò, avrebbe orchestrato varie nomine diocesane negli Usa, per poi diventare «il consigliere più ascoltato in Vaticano per i rapporti con l’amministrazione Obama».
Nel 2017, L’Espresso lo chiamò in causa per lo stipendio monstre da 35.000 euro al mese, che per anni gli avrebbe versato l’Università Cattolica della Capitale honduregna, e per una serie di investimenti milionari operati con il suo ausiliare, Juan José Pineda Fasquelle, costretto alle dimissioni un anno dopo per una lettera in cui decine di seminaristi gli attribuivano molestie e comportamenti inappropriati.
Benché sia ultraottantenne, si dice che Maradiaga a volte vada a trovare Francesco a Santa Marta. Anche con lui, come con Zanchetta e a differenza che con Becciu, il Papa è stato innocentista: «Gli dicono di tutto, ma non c’è nulla di certo. Si tratta di calunnie», ebbe a dichiarare.
le coperture
Intanto, però, nel C9 era stato ammesso pure un altro cardinale poco specchiato: il cileno Francisco Javier Errázuriz Ossa, reo di aver ostinatamente rifiutato di ascoltare quanti denunciavano le molestie dei preti. In particolare, avrebbe coperto padre Fernando Karadima, citato da presunte vittime adolescenti addirittura nel 1984. Nel 2015, avrebbe persino provato a impedire l’inserimento di Juan Carlos Cruz, uno degli abusati, nella Pontificia commissione per la tutela dei minori. Le prove degli insabbiamenti erano diventate così evidenti, che Errázuriz dovette lasciare il Consiglio nel 2018. Capito? Le riforme erano in mano a quelli che avrebbero avuto bisogno di essere riformati.
La lista delle pecore nere transitate nel gregge del Pontefice è lunga. Per citarle tutte, dovremmo uscire in edicola col formato lenzuolo.
Sicuramente discutibile è l’Elemosiniere papale, Konrad Krajewski. Ora impegnato con le missioni in Medio Oriente, era lui il don Bolletta che andò a riattaccare la corrente allo Spin time, il palazzo occupato di Roma che, tra un rave non autorizzato e l’altro, consumava abusivamente l’elettricità. A spese dei cittadini.
Il cardinale polacco è molto sensibile alla causa dei migranti. Interpreta i desiderata di Francesco, che in udienza, di recente, ha voluto ringraziare i Casarini boys per le loro operazioni in mare. Non a caso, chi li aveva sostenuti ha fatto carriera grazie all’attuale Papa: monsignor Matteo Zuppi è diventato capo della Cei; monsignor Corrado Lorefice arcivescovo di Palermo e primate di Sicilia; monsignor Charles Scicluna arcivescovo di Malta, numero uno dell’episcopato dell’isola e segretario aggiunto all’ex Sant’Uffizio; il cardinale Michael Cazerny prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.
contraddizioni
Impossibile dimenticare che, alla Pontificia accademia per la vita, sfidando il principio di non contraddizione, Bergoglio ha nominato un’abortista dichiarata, l’economista Mariana Mazzucato. Con analogo afflato pluralista, ha ammesso alla Pontificia accademia delle scienze sociali Jeffrey Sachs, studioso malthusiano, fautore delle misure di controllo della popolazione.
Non è andata meglio al Dicastero della comunicazione. Uno degli ex segretari, Dario Edoardo Viganò, si era dovuto dimettere nel 2018, dopo una clamorosa gaffe: aveva oscurato una parte della lettera di Joseph Ratzinger, nella quale l’emerito motivava il rifiuto di vergare la prefazione a una collana di testi, dedicati al pensiero teologico di Francesco, stroncandone il contenuto. In compenso, da sette anni a questa parte, il Segretariato per le comunicazioni del Vaticano ha come consultore padre James Martin, gesuita paladino della causa Lgbt, che si è precipitato a benedire una coppia omo subito dopo l’uscita di Fiducia Supplicans, postando la foto su X.
Il popolo cattolico si sentirà confuso: questo non doveva essere il papato della rivoluzione? Lo spazzacorrotti della Chiesa? Già. Ma era difficile fare pulizia appoggiandosi a chi era pieno di scheletri nell’armadio. Ciechi guide di altri ciechi, direbbe il Vangelo. Il modo migliore per andare a sbattere.






