Il tunisino ha freddato due tifosi scandinavi. In casa c’era l’arma dell’attacco. Furia di Stoccolma per gli allarmi snobbati. Sette arresti, si cercano due sospetti complici.
Nonostante le perdite degli ultimi mesi, lo Stato islamico sta rialzando la testa. La dilagante presenza nel Sahel nordafricano - tra cui Mali, Niger, Ciad e Sudan - è forse l'esempio più evidente della formidabile capacità del gruppo di ricostituirsi di fronte alle perdite e alle morti dei suoi leader.
I jihadisti minacciano cristiani ed ebrei. Le armi e i mercenari da Pechino e Mosca non bastano per fermarli. E con il caos in Africa, il Mediterraneo rischia di esplodere.
L'arrivo all'aeroporto internazionale di Washington Dulles a Chantilly in Virginia di alcuni profughi afghani (Ansa)
Uno dei bersagli sarebbe la «mente» del raid all'aeroporto. Il timore degli 007: possibili terroristi infiltrati tra i profughi.
A giugno 17 organizzazioni sollecitarono una via d'uscita per i collaboratori Nato. La richiesta di intervento inoltrata alle cancellerie continentali e anche al Quirinale.
I massimi vertici militari di Cina e Stati Uniti hanno ripreso a parlarsi per gestire la crisi. Il premier italiano sentirà Xi Jinping, attesa per la decisione di Pechino sul summit.
Migliaia di cittadini assediano lo scalo per tentare di sfuggire alla vendetta talebana, ma non c'è tempo di caricarli tutti. Intanto l'intelligence segnala che lo Stato islamico avrebbe inviato 10 kamikaze nella folla.
Domani parte l'ultimo volo militare dal Paese, 4.400 tra familiari e collaboratori dell'esercito già rientrati, ma si teme per altri cittadini legati alla missione italiana.