2023-01-18
Nel 2023 il ritorno dell'Isis e i pericoli per l'Europa
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Nonostante le perdite degli ultimi mesi, lo Stato islamico sta rialzando la testa. La dilagante presenza nel Sahel nordafricano - tra cui Mali, Niger, Ciad e Sudan - è forse l'esempio più evidente della formidabile capacità del gruppo di ricostituirsi di fronte alle perdite e alle morti dei suoi leader.
Nonostante le perdite degli ultimi mesi, lo Stato islamico sta rialzando la testa. La dilagante presenza nel Sahel nordafricano - tra cui Mali, Niger, Ciad e Sudan - è forse l'esempio più evidente della formidabile capacità del gruppo di ricostituirsi di fronte alle perdite e alle morti dei suoi leader.Secondo gli ultimi dati dello United States Central Command, il Comando combattente unificato delle forze armate degli Stati Uniti, nel 2022 gli Usa e i loro partner hanno condotto più di 120 operazioni contro lo Stato islamico in Siria mentre in Iraq il loro numero è stato di 191. Durante tutte queste operazioni, nelle quali un grande ruolo lo hanno avuto gli attacchi aerei e i micidiali droni a supporto delle forze di terra, sono stati uccisi almeno 700 combattenti dell’Isis mentre le ultime stime parlano di 374 miliziani catturati e altri ne arriveranno visto che i funzionari statunitensi hanno precisato che queste operazioni non si fermeranno. L’Isis nel 2022 ha dovuto far fronte anche alla morte di due suoi leader: nel febbraio 2022 durante un blitz delle forze speciali statunitensi in Siria colui che preso il posto di Abu Bakr al-Baghdadi, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi si fece esplodere prima di essere catturato poi nell’ottobre 2022, colui che si disse essere il suo successore Abu al-Hassan al-Hashimi al-Qurayshi è stato ucciso durante uno scontro con le forze ribelli siriane. Queste morti sono state un duro colpo per lo Stato islamico che ha dovuto cambiare di continuo i progetti per la completa ricostituzione dell'Isis anche se gli analisti ritengono che l'organizzazione voglia vendicarsi. Charles Lister, senior fellow e direttore del Countering Terrorism & Extremism Program presso il Middle East Institute, in un una recente analisi ha scritto: «Come è tipico, una campagna di vendetta dell'Isis a livello mondiale è ormai quasi inevitabile, e la forma che assumerà indicherà dove il gruppo jihadista è più potente. Le promesse di fedeltà in arrivo dalle filiali dell'Isis all'estero hanno già sottolineato la potenza della presenza del gruppo in Africa, in particolare nel Sahel». Difficile non essere d’accordo con lui vista la dilagante presenza dell'Isis nel Sahel nordafricano - tra cui Mali, Niger, Ciad e Sudan - è forse l'esempio più evidente della formidabile capacità del gruppo di ricostituirsi di fronte alle perdite e alle morti dei suoi leader. Ma non c’è solo il Sahel a doverci preoccupare perché nella provincia di Cabo Delgado (Mozambico) gli al-Shabaab, noti anche come Ansar al-Sunna o Ahlu Sunna Wal Jammah, legati alla Stato islamico hanno guadagnato una solida posizione in Mozambico, circostanza che potrebbe consentire ai combattenti dell'Isis di trasportare armi, attrezzature e altri beni via mare lungo la costa africana. Alcuni analisti sostengono che le forze armate statunitensi devono assumere un ruolo più attivo in questo teatro prima che l'insurrezione dello Stato islamico si diffonda a macchia d'olio. I governi e le forze di sicurezza africane sono mal equipaggiati per contenere l'espansione del gruppo e il tentativo fatto di coinvolgere la Compagnia militare privata russa Wagner nell’area di Cabo Delgado (ricchissima di risorse naturali) si è risolta con un fallimento. Michael Rubin, ex funzionario del Dipartimento della difesa e ora senior fellow dell'American Enterprise Institute, nel settembre scorso in un’analisi ha scritto: «Il governo mozambicano non è riuscito a colmare il vuoto né militarmente né in termini di servizi governativi. Essere un anello debole, tuttavia, è meglio che non esserlo affatto. Se gli Stati Uniti e la comunità internazionale non attuano un piano, finanziario o di altro tipo, per colmare il vuoto, lo Stato islamico si riprenderà rapidamente. Il tempo sta per scadere e la negligenza strategica sembra essere all'ordine del giorno. In definitiva, gli Stati Uniti e gli altri Paesi dovranno affrontare la rinascita dello Stato islamico. L'azione preventiva è più economica ed efficace della reazione. La domanda è se il mondo esterno sia in grado di organizzarsi per fare la scelta giusta».La guerra in Ucraina ha fatto sì che della rinascita dello Stato islamico non si parlasse più, tuttavia, secondo numerosi analisti e qualificate fonti d’intelligence, tutto questo potrebbe materializzarsi quest’anno mentre in Medio Oriente e in Africa si stanno materializzando ogni giorno le condizioni ideali per la nascita del Califfato 2.0 che grazie alla ritrovata forza terroristica, continuerà a minacciare la stabilità globale. Gli analisti del Pentagono sono convinti che l’Isis «sta tramando una mortale campagna di vendetta contro gli Stati Uniti e i suoi partner dopo che numerosi attacchi americani in Siria lo scorso anno hanno ucciso diversi leader del gruppo e funzionari di alto rango». É vero che l’Isis potrebbe non avere la stessa potenza mostrata agli albori ma con migliaia di combattenti nei suoi ranghi, il gruppo è ancora pienamente in grado di compiere attacchi terroristici mortali. Alcuni analisti statunitensi hanno parlato di «negligenza strategica da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati rispetto alla minaccia di una rinascita dello Stato islamico».Da quando hanno riconquistato il territorio iracheno e siriano dall'Isis nella seconda metà dello scorso decennio gli Stati Uniti e i loro partner regionali - le forze di sicurezza irachene e le Forze democratiche siriane a guida curda (Sdf) - hanno catturato decine di migliaia di combattenti dell'Isis. Quei combattenti sono attualmente nei campi di prigionia in entrambi i Paesi, con il loro destino a lungo termine poco chiaro e crescenti domande sulla sicurezza di questi luoghi. I funzionari affermano che il deterioramento delle condizioni nel campo siriano di al-Hol - che ospita migliaia di siriani sfollati dalle loro case durante la decennale guerra civile del Paese - ha trasformato la struttura in un potenziale terreno fertile per i terroristi. Il generale Michael Erik Kurilla, capo del Comando centrale degli Stati Uniti ha lanciato l’allarme: «C'è letteralmente un 'esercito dell'Isis detenuto in Iraq e in Siria». Ma quanti sono? Secondo Kurilla «ci sono, oggi, più di 10.000 leader e combattenti dell'Isis nelle strutture di detenzione in tutta la Siria e più di 20.000 leader e combattenti nelle strutture di detenzione in Iraq. Qui, abbiamo la potenziale prossima generazione dello Stato islamico. Questi sono gli oltre 25.000 bambini del campo di al-Hol che sono in pericolo. Questi bambini nel campo sono i primi bersagli della radicalizzazione dell'Isis. La comunità internazionale deve lavorare insieme per rimuovere questi bambini da questo ambiente rimpatriandoli nei loro Paesi o Comunità di origine, migliorando al contempo le condizioni nel campo». La preoccupazione più urgente è la minaccia di rivolte carcerarie. In un'evasione del gennaio 2022 presso la struttura di al-Hasakah in Siria sono stati uccisi più di 400 combattenti dell'Isis e più di 100 membri delle Sdf. Insurrezioni su larga scala ed evasioni carcerarie in tutta la regione riporterebbero immediatamente sul campo di battaglia migliaia di combattenti Isis perfettamente addestrati.Un richiedente asilo siriano è stato arrestato martedì 17 gennaio nei Paesi Bassi perché sospettato di aver agito come uno dei massimi capi della sicurezza dello Stato islamico. L'uomo di 37 anni è stato arrestato nel villaggio di Arkel, a circa 40 chilometri a est di Rotterdam, dove risiedeva da quando era entrato nei Paesi Bassi e aveva chiesto asilo nel 2019. Si ritiene che il sospettato ricoprisse una posizione di alto livello nei servizi di sicurezza sia dello Stato islamico che, prima di questo, di Jabhat al-Nusra, un altro gruppo terroristico jihadista salafita. «Si sospetta che dalla sua posizione all'Isis abbia anche contribuito ai crimini di guerra che l'organizzazione ha commesso in Siria», ha detto il Pubblico ministero olandese in una nota. L'arresto ha fatto seguito a una soffiata sul precedente presunto coinvolgimento del sospettato con i gruppi terroristici alla squadra speciale della polizia olandese per i crimini di guerra. A seguito di un'indagine le autorità avrebbero scoperto prove che suggerivano che avesse guidato il servizio di sicurezza dello Stato islamico dal 2015 al 2018, quando ha lasciato l'organizzazione ed è fuggito in Europa in cerca di rifugio. Il sospetto, che non è stato identificato, comparirà venerdì davanti a un giudice all'Aja.I Paesi Bassi sono stati spesso un obiettivo per numerosi ex estremisti islamici in fuga dalla Siria dopo la fine dello Stato islamico. Il quotidiano olandese De Telegraaf ha evidenziato altri due esempi di leader jihadisti che si sono infiltrati nel Paese tra le molte migliaia di rifugiati siriani, evidenziando i processi di screening incredibilmente lassisti dell'Europa sopraffatti dai numeri che sono arrivati e stanno ancora arrivando dal Medio Oriente. Un esempio citato dal giornale è quello di Aziz al-H., noto come «Balie jihadi», che è entrato in Olanda nel settembre 2017 con documenti falsi e ha vissuto la bella vita ad Amsterdam per oltre un anno. I compagni siriani lo hanno riconosciuto come un capobanda terrorista una volta che ha iniziato a presentarsi in un centro di dibattito ad Amsterdam, e Aziz è stato successivamente arrestato dalle autorità. È stato condannato a 16 anni di carcere. Un altro esempio riguardava un cittadino siriano arrestato a Kapelle, in Zelanda, nel 2019. Conduceva una vita poco appariscente come autista di autobus prima che le prove fossero presentate alle autorità a dimostrazione del suo coinvolgimento personale nell'esecuzione di un colonnello siriano sulle rive del fiume Eufrate. È stato condannato a 20 anni di reclusione.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)