2022-11-24
«Ricostruiremo il califfato». L’Isis avanza in Mozambico sconfiggendo russi e cinesi
I jihadisti minacciano cristiani ed ebrei. Le armi e i mercenari da Pechino e Mosca non bastano per fermarli. E con il caos in Africa, il Mediterraneo rischia di esplodere.Ormai non si tratta più di stabilire se lo Stato islamico abbia scelto l’Africa come luogo dove far rinascere il suo califfato, il tema è quando accadrà. E dove. L’Isis Mozambico ha ribadito lo scorso 20 novembre, in un manoscritto, l’intenzione di stabilire un califfato e promette di «massacrare tutti i cristiani ed ebrei, a meno che non si convertano all’islam o paghino le tassa», nonostante non abbiano i mezzi organizzativi per farlo.Nel messaggio degli Al Shabaab (da non confondere con l’omonimo gruppo legato ad A Qaeda che opera in Somalia), si dichiara «la guerra senza fine all’esercito mozambicano, invitiamo i musulmani a collaborare o ad affrontare le conseguenze». La lista dei Paesi africani bersagliati dagli attentati e dalle continue crisi politico-economiche è lunghissima. Tuttavia, il Mozambico, e in particolare la provincia di Cabo Delgado ricca di risorse naturali, è il luogo ideale per i jihadisti.Gli Al Shabaab o Ansar Al Sunna (sostenitori della tradizione) anche chiamati Ahlu Sunna Wal Jammah (il nome di una setta religiosa) guidati dal misterioso Abu Yasir Hassan, noto anche come Yaseer Hassan o Abu Qasim, cittadino originario della Tanzania, sono apparsi per la prima volta nel 2015 con una serie di attacchi a dei villaggi musulmani; dopo una breve pausa, sono riapparsi nel 2017 con la spettacolare azione terroristica avvenuta nell’ottobre 2017 (30 morti) a Cabo Delgado, conosciuto anche con il soprannome di Cabo Esquecido, che significa «capo dimenticato». E in effetti è vero, vista la distanza di circa 2.600 km dalla capitale Maputo. Tutti vogliono Cabo Delgado perché qui si trova il più importante bacino di estrazione di gas naturale dell’intera Africa, scoperto nel 2010, che vale qualcosa come 150 miliardi di dollari e la prima produzione di gas naturale liquefatto (inizialmente prevista per il 2024) è stimata in non meno di 43 milioni di tonnellate l’anno.Insomma, è la proverbiale «mano straniera» con cui il governo di Maputo è lieto di fare affari, anche perché alimenta un giro di corruzione gigantesco. Cosa che, neanche a dirlo, è assai sgradita alla fascia di popolazione più povera che si è vista scippare ogni speranza di poter gestire questa ingente ricchezza intrappolata nel sottosuolo mozambicano. La narrazione dei jihadisti è che soltanto imbracciando le armi e adottando la legge islamica ogni differenza sociale verrà abbattuta; così come le enormi ricchezze che si trovano nel sottosuolo e nel mare del Mozambico verranno ridistribuite agli ultimi non appena vinta la «guerra santa».Alla popolazione viene, pertanto, chiesto «di ribellarsi allo Stato, di non pagare le tasse e di non accettare il sistema educativo corrotto», seguendo le stesse modalità usate da Boko Haram in Nigeria. E, vista la totale marginalizzazione socio-economica delle comunità locali, il messaggio jihadista non poteva che attecchire tra i più giovani.Dal 2017, nell’intera area, non c’è stato un solo giorno di tregua tanto che nell’ottobre scorso è stato raggiunto il record di sfollati: 950.000, oltre 200.000 in più negli ultimi mesi, a causa dei continui attacchi. Le vittime dall’inizio del conflitto sono ufficialmente 2.000/2.500, ma si tratta di numeri certamente sottostimati. Nel 2022, i jihadisti mozambicani hanno alzato il livello dello scontro colpendo quotidianamente i cristiani, distruggendo i loro villaggi, incendiando le chiese e uccidendo i religiosi come avvenuto a suor Maria De Coppi, trucidata lo scorso 6 settembre.E il governo di Maputo cosa fa? Moltissimi errori fin dal 2015, visto che ha delegato a lungo ai contractors stranieri la lotta agli Ansar Al Sunna. Ci hanno provato i russi, come ci racconta l’africanista Matteo Giusti: «L’intervento dei mercenari russi in Mozambico è stato uno dei più grandi insuccessi della compagnia privata di Evgenij Prigozin. Il loro ingaggio era sembrato la soluzione più semplice e rapida per contrastare l’avanzata degli islamisti, ma sul terreno le cose sono andate diversamente. Abituati al territorio siriano o libico, i russi hanno avuto enormi difficoltà di movimento, cadendo spesso nelle imboscate organizzate dagli islamisti che li hanno anche sequestrati e poi decapitati. Oltre alla difficoltà logistiche, il Wagner group ha sottovaluto i numeri degli Al Shaabab mozambicani che, in un territorio a maggioranza musulmana, trovavano terreno fertile per arruolare e nascondersi».Ci hanno provato anche i cinesi a fermare i jihadisti ma, secondo Matteo Giusti, nulla è cambiato: «Per arrestare l’onda jihadista hanno inviato consiglieri militari e armato le forze speciali mozambicane e anche la nuova missione internazionale guidata dal Sud Africa (arrivata a Maputo a corto di mezzi ed armi), ma nulla, almeno per il momento, è servito a frenare l’inarrestabile avanzata dello Stato islamico che sta puntando con decisione alla creazione di un califfato che vada dalla Repubblica Democratica del Congo fino al Mozambico».Tutto questo, che ci appare molto lontano, ci riguarda invece molto da vicino perché se l’Africa dovesse esplodere, lo stesso avverrà nel Mediterraneo e, con l’aria che tira, l’Italia sarà sola davanti a un esodo dall’Africa di proporzioni mai viste.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)