Novità per i cittadini. Da questo mese stop al telemarketing da numero mobile, mentre il 30 novembre potrebbe arrivare lo stop a molti autovelox non conformi alle normative.
Fabio Fazio alla Lavoratti di Varazze
La manager di Lavoratti 1938 conferma le sanzioni: «L’etichetta che cita la nocciola Igp è stata ritenuta non conforme e il pistacchio non Dop serviva per prove tecniche». Un fornitore: «Compravano da noi, ma non facciamo parte del consorzio». Esposto Codacons.
Alla fine Fabio Fazio ha dovuto ammettere la figura da cioccolataio. O meglio, per lui l’ha fatto la trentunenne savonese Alessia Parodi, l’amministratrice unica della società Dolcezze di Riviera (proprietaria del marchio di barrette e praline Lavoratti 1938), di cui il conduttore è socio e «salvatore». La donna è al timone dell’azienda dall’aprile dell’anno scorso, dopo che il presidente Fazio e l’ad Davide Petrini, marito della signora, hanno dato le dimissioni. Il cambio di governance è arrivato a seguito dell’ispezione amministrativa dei carabinieri del reparto Tutela agroalimentare di Torino, i quali hanno contestato all’azienda 13 sanzioni amministrative relative a 1.198 confezioni e 5.400 etichette su cui erano falsamente indicati come ingredienti i pistacchi verdi di Bronte Dop e le nocciole tonde di Giffoni Igp. La «truffa» è costata all’azienda una multa da quasi 100.000 euro, ridotta a 62.400 euro in considerazione dello sconto del 30 per cento garantito da pagamento immediato.
La nota è stata diramata dopo che il Codacons ha annunciato battaglia.
«La sanzione amministrativa ricevuta ben quattordici mesi fa, riguarda un’etichettatura relativa alla Nocciola tonda di Giffoni, ritenuta non conforme dal nucleo dei Carabinieri, sebbene validata da un parere della Camera di Commercio di Torino, ente specializzato in etichettatura alimentare» ha spiegato, in modo un po’ fumoso, la Parodi. Che ha aggiunto: «La sanzione è stata sanata e il packaging regolarizzato immediatamente». L’amministratore ha minimizzato i problemi con il secondo ingrediente citato con superficialità: «In 44 tavolette e 62 vasetti di crema (su una produzione di migliaia di pezzi) è stato utilizzato erroneamente del pistacchio siciliano privo della dicitura Dop, perché si trattava di pistacchio acquistato per prove tecniche». In tutte le altre produzioni sarebbe stato «regolarmente impiegato pistacchio certificato Dop».
I carabinieri avevano anche controllato la regolarità della dicitura «sale marino di Trapani Igp», altra indicazione protetta. Tale ingrediente, rivendica la Parodi, sarebbe stato «correttamente impiegato» laddove ne era segnalata la presenza. L’ultima parte della nota è dedicata a colpire chi si è permesso di informare l’opinione pubblica sulla disavventura occorsa all’azienda: «Ci dispiace profondamente per questo attacco frontale e gravemente lesivo dell’immagine dell’azienda, per il quale ci riserviamo ogni azione legale» ha avvertito la giovane manager. La quale ha difeso l’«altissima qualità delle materie prime» utilizzate dalla Lavoratti e ha ribadito la volontà di continuare «a lavorare con la stessa cura, trasparenza e serietà».
Ieri ci siamo inerpicati sulle alture di Varazze per andare a visitare l’azienda e ci siamo trovati di fronte a un capannone spartano, raggiungibile da una ripida scaletta. Una location da cui non ti aspetti la produzione delle costosissime ed esclusive uova pasquali futuriste da 340 euro. Verso le 15, i dipendenti erano riuniti in cerchio a discutere vicino alle macchine per produrre cioccolata. Forse l’argomento era proprio questa vicenda. Mentre lo spaccio al piano superiore era deserto, senza venditori, né clienti, nonostante il periodo prepasquale.
Abbiamo preferito non interrompere la riunione e abbiamo lasciato la struttura senza essere accolti da nessuno.
Abbiamo capito, però, che il principale canale di vendita è l’e-commerce e allora abbiamo iniziato a navigare sul sito. Nel 2023 il motto era questo: «Segui le persone buone e troverai i prodotti buoni».
Nell’apposita pagina era indicata la storia degli ingredienti e i loro produttori. Per esempio, si scopriva che, quanto meno nel 2023, a fornire la nocciola tonda di Giffoni (segnalata come Igp nelle etichette incriminate del 2024) era l’azienda Grimaldi, mentre il pistacchio di Bronte proveniva dall’azienda Caudullo.
Adolfo Grimaldi, titolare dell’omonima azienda, ci ha spiegato, però, che la sua ditta l’indicazione geografica non l’ha mai avuta: «Noi non facciamo parte del consorzio. Produciamo nocciole tonde di Giffoni al 100%, ma non sono Igp. Da Lavoratti le ha acquistate tanto tempo fa. Sono almeno due anni che non li sentiamo». In effetti adesso usano nocciole piemontesi. «Io ho parlato sempre con Petrini che, le ultime volte che l’ho sentito, mi chiamava e mi chiedeva le quotazioni, ma poi non faceva l'ordine». E perché accadeva questo? «Penso per una questione economica, ma non lo so con certezza». Quanto costano le nocciole prodotte da Grimaldi? «Venticinque-trenta euro al chilo». L’imprenditore ricorda come sia iniziato il rapporto con l’azienda ligure: «Volevano un prodotto di qualità e gli hanno consigliato di venire da noi. Se hanno indicato come Igp le nostre nocciole hanno fatto uno sbaglio, ma credo senza malizia, sono persone serie. E, comunque, una nocciola piemontese di qualità costa quanto la nostra».
Ancora più interessante è il racconto di Nunzio Caudullo, rinomato produttore di pistacchi di Bronte Dop.
A metterlo in contatto con il team di Fazio è stato il principale consulente dell’azienda ligure, il titolare del Caffè Sicilia di Noto, Corrado Assenza, protagonista di un video girato insieme con il conduttore di Che tempo che fa, visibile sul sito della Lavoratti. «Sì, forniamo sporadicamente pistacchi all’azienda di Savona» ammette Caudullo. Ma, subito dopo, avverte: «Io la tracciabilità la posso dimostrare. Di qualsiasi lotto». Spieghiamo che non è questo il punto. Quindi domandiamo quanti pistacchi abbia comprato la Srl di Varazze dall’azienda di Bronte. Caudullo fa l’elenco. Nel febbraio 2022 ha acquistato 9 kg di pasta di pistacchio e 1 kg di granella, poi, con tre successivi ordini, altri 108 kg di pasta di pistacchio. Nel 2023 la Dolcezze di Riviera non ha fatto nessun ordine. Il 23 febbraio 2024 sono arrivati i carabinieri e l’azienda è stata multata. Il 29 febbraio Fazio si è dimesso dalla carica di presidente e lo stesso giorno è stata emessa una fattura per 60 kg di pasta di pistacchio e 40 kg di pistacchi sgusciati. A ottobre sono stati comperati altri 24 kg di pasta, a novembre ulteriori 12 kg. Nel 2025, invece, non sono stati fatti ulteriori ordinativi. I prezzi? Dal 2022 al 2025 il costo dei pistacchi sgusciati e tostati è passato da 41 euro al kg a 47, la granella da 42 a 48,5, la pasta da 44 a 53. Forse per questo Fazio ha desistito.
Caudullo ammette di essere rimasto stupito quando l’azienda del bravo presentatore, nel 2023, prima della sanzione, aveva smesso di comprare pistacchi da lui: «Ci era sembrato strano dopo che ci avevano coinvolti nel progetto di rilancio dell’azienda. Assenza, che è mio cliente da 25 anni, mi aveva chiesto di rifornirli e io l’avevo fatto. Poi non mi hanno più contattato, anche se sulle loro brochure era sempre presente il pistacchio verde di Bronte. Ho pensato che si rifornissero da altri».
In ogni caso la Dolcezze di Riviera non ha mai fatto grosse ordinazioni: «A noi hanno sempre chiesto quantità minime per degli utilizzatori (a livello industriale, ndr), non so se comprino anche da altri e facciano poi “di tutta l’erba un fascio». Caudullo quasi riflette tra sé e sé e sospira: «Potrebbe essere… lei capisce che cosa potrebbe essere… nel senso che io compro 50 kg di pistacchio verde di Bronte Dop, poi altri 300 kg, 400, 500 di quelli che costano meno… ma la tracciabilità la devi comunque dimostrare… i prodotti devono avere le schede… non so…».
In sostanza la produzione di Fazio è un mistero anche per i suoi fornitori.
Nel frattempo il Codacons (Il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), che in passato aveva già attaccato il conduttore per gli emolumenti percepiti dalla Rai, è partito all’attacco. E, sul proprio sito, ha annunciato: «Stiamo studiando le azioni risarcitorie da intraprendere contro l’azienda Lavoratti e contro Fabio Fazio che, secondo quanto emerso, all’epoca dei fatti risultava presidente del CdA. Invitiamo tutti i consumatori che prima del febbraio 2024 abbiano acquistato cioccolatini, tavolette, praline, uova di Pasqua e altri prodotti con ingredienti Dop e Igp riportati in etichetta a rivolgersi alla nostra associazione per tutelare i propri diritti e chiedere il giusto risarcimento danni». La ricerca da parte dei clienti non dovrebbe essere impossibile dal momento che, come detto, gran parte della vendita dei prodotti dovrebbe essere avvenuta attraverso il negozio online. Un sistema che, anche a distanza di molti mesi, lascia traccia degli acquisti effettuati.
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Ansa
I dipendenti in cassa integrazione passeranno da 3.000 a 5.200, circa la metà della forza lavoro. I sindacati sul piede di guerra Intanto il cantante assieme al Codacons sostiene i cittadini di Taranto colpiti dall’inquinamento. Mancava un po’ di demagogia.
Più passa il tempo e più il caso di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, rischia di ricordare le vicende dell’ex Alitalia, azienda che è costata miliardi di euro ai contribuenti per poi finire in mano (si spera) ai tedeschi di Lufthansa. Nel caso dell’acciaieria guidata dai tre commissari Giancarlo Quaranta, Giovanni Fiori e Davide Tabarelli a onor del vero qualche spiraglio lo mostra, anche se e ieri la società ha chiesto la cassa integrazione per 5.200 lavoratori, aumentando quindi l’esborso pubblico rispetto ai 3.000 dipendenti per cui era già stata avanzata richiesta. Per intenderci, l’azienda ha chiesto aiuto per il 50% della forza lavoro (prima era circa il 30%). D’altronde giusto due giorni fa l’azienda stessa ha dichiarato un passivo di 1,6 miliardi di euro, segnalando circa 350 milioni di crediti in prededuzione. Ad essere colpito maggiormente dalla cig sarà lo stabilimento di Taranto per cui vengono chiesti sussidi per 4.400 lavoratori.
Insomma, a quattro mesi dall’arrivo della nuova amministrazione straordinaria, l’unica soluzione dell’azienda commissariata è quella di chiedere altri soldi allo Stato e quindi ai cittadini. «Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria rende noto che oggi (ieri per chi legge, ndr) è stata inviata l’istanza di esame congiunto per l’avvio della nuova cassa integrazione guadagni straordinari prevista per le aziende in amministrazione straordinaria», spiega una nota. «La richiesta, trasmessa al ministero del Lavoro e delle politiche sociali, al ministero delle Imprese e del Made in Italy, nonché alle rappresentanze sindacali unitarie e alle organizzazioni sindacali, interesserà un numero medio di dipendenti fino ad un massimo di 5.200 e riguarderà tutti i siti della società», continua il comunicato. «L’utilizzo della cigs, che farà perno su trasparenti criteri di forte rotazione del personale, sarà strettamente connesso ai livelli di produzione degli stabilimenti e consentirà di ultimare il piano di ripartenza con l’attivazione dopo l’estate del secondo altoforno».
Naturalmente, a seguito della comunicazione da parte di Acciaierie d’Italia, i sindacati sono andati su tutte le furie. «La richiesta di cassa integrazione straordinaria per i lavoratori di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria è inaccettabile per la dignità dei lavoratori coinvolti», dice Paolo Capone, segretario generale Ugl. «Non si è mai vista una cassa integrazione priva di un piano industriale. Chiediamo che venga messo in atto un piano industriale credibile e si scongiuri con forza la cassa integrazione che è sicuramente preludio a un disastro sociale già annunciato». Come spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil, la richiesta «viola gli impegni presi per la ripartenza. Il raddoppio della cassa integrazione è ingiustificabile dal momento che dobbiamo affrontare le manutenzioni ordinarie e straordinarie, e non la fermata della produzione di acciaio». Per Rocco Palombella, segretario generale Uilm, «non si è mai vista una cassa integrazione non legata a un piano industriale, ma alla durata del commissariamento». Inoltre, spiega «è assurdo passare da una richiesta di cassa integrazione per 3.000 persone a una richiesta per 5.200, quindi dal 30% a oltre il 50% dei lavoratori. A Taranto quasi il 60% dei lavoratori sarà in cassa integrazione, ci saranno più lavoratori a casa che in fabbrica, è intollerabile», dice. Il segretario nazionale della Fim, Valerio D’Alò, dal canto suo non si dice stupito e chiede un confronto con la sua organizzazione perché «abbiamo già posto sia all’azienda che al governo alcune necessità per noi imprescindibili a partire da turnazioni che rispettino leggi e contratti, come pure la salvaguardia e tutela degli impianti e molte delle altre esigenze di carattere produttivo che devono essere discusse con noi».
In tutto questo, l’unica nota che lascia un minimo di speranza per il futuro di Acciaierie d’Italia è che il ministro Adolfo Urso, durante un question time alla Camera ha fatto sapere che ci sarebbero tre grandi player internazionali interessati all’acquisto del gruppo: la neozelandese Vulcan Steel, Steel Mont con sede a Mumbai e l’ucraino-olandese Metinvest.
Intanto Fedez, forse per togliere l’attenzione dalla fine del suo matrimonio con Chiara Ferragni, sembra aver fatto pace con il Codacons, tanto da annunciare con l’associazione una nuova collaborazione mirata a sostenere la comunità di Taranto, colpita dagli effetti devastanti dell’inquinamento industriale dell’ex Ilva. Ci mancavo solo Fedez nel caos tarantino.
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Ansa
Oltre 500 i voli cancellati. Il ministro: «Appoggio i lavoratori, ma non accetto che alcuni sindacati blocchino il Paese».
Metà luglio, 35 gradi all’ombra. Aeroporto di Venezia: 101 voli cancellati. La via crucis nel settore dei trasporti ieri ha scritto altre pagine da bollino rosso. Da una parte ci sono sinistra e sindacati che soffiano bene sul fuoco degli scioperi, dall’altra il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, che cerca di riportare gli equilibri - il diritto degli italiani ad andare in ferie per esempio o dei pendolari di lavorare - e dall’altra, in questa tela che si tende da una parte e dall’altra, a cadere giusto in mezzo nello squarcio ci sono i cittadini costretti a disdire prenotazioni, rinviare partenze, arrivi, ritorni, aspettando che l’agitazione finisca. Dopo lo sciopero dei treni di giovedì 13, ieri infatti è toccato anche agli aerei.
Dalle 10 alle 18 il personale di terra degli aeroporti ha incrociato le braccia. Tanto che proprio contro questo stop del trasporto aereo che ha portato a cancellazioni e ritardi in tutta Italia, per centinaia di milioni di danni, è scattato l’esposto del Codacons, il coordinamento delle associazioni per la tutela dei diritti di utenti e consumatori, a 104 Procure e alla Corte dei conti.
«Una forma di violenza inaudita - ha spiegato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi - verso i cittadini e verso gli operatori turistici, 250.000 viaggiatori rischiano oggi (ieri, ndr) di rimanere a terra, perdendo giorni di vacanza e soldi pagati per strutture ricettive e servizi vari». Un danno complessivo, infatti, da centinaia di milioni, con prenotazioni nelle strutture annullate, soldi spesi inutilmente, e operatori turistici nel bel mezzo della stagione costretti ad affrontare l’Italia a piedi.
Si ipotizza quindi la «possibile fattispecie di interruzione di pubblico servizio», per il Codacons. Circa 500 i voli cancellati, tra nazionali e internazionali, che hanno coinvolto all’incirca 250.000 - 270.000 viaggiatori. Duecento i voli cancellati a Fiumicino, otto a Bari, 150 tra gli aeroporti di Linate e Malpensa, 118 a Napoli, 34 a Palermo, circa 30 a Torino Caselle, 8 a Genova, 43 all’aeroporto Marconi di Bologna, 101 a Venezia. Anche a Verona sono saltati 30 voli su 128 programmati.
Poche lo code agli aeroporti, però. Molti passeggeri, infatti, avvisati per tempo, non si sono recati negli scali. Lo sciopero è stato indetto da Filt - Cgil, Fit - Cisl, Uiltrasporti e Ugl, dove sinistra e sindacati anziché spegnere la miccia hanno soffiato per bene sullo sciopero blocca vacanze. Ma i contratti del personale aereo, sono sei anni che sono fermi, e almeno qui, quindi, non è colpa del governo Meloni.
A incrociare le braccia è stato il personale di terra, ossia anche gli addetti alle operazioni che precedono e seguono il volo: check-in, ricezione e smistamento dei bagagli, imbarco. Lamentano che il loro contratto è scaduto da ormai sei anni, appunto. E dalle 12 alle 16, anche i piloti di Malta Air, che opera le rotte Ryanair. Otto ore di stop, poi, dalle 12 alle 20, anche per i piloti Canadair iscritti a Ugl Trasporto aereo.
Così è intervenuto il vicepremier Salvini che si dice pronto a rifare ciò che ha fatto per lo sciopero dei treni. Ossia emettere un’ordinanza che ha dimezzato d’impero lo sciopero dei treni di giovedì 13 luglio. Ordinanza per la quale la Cgil aveva presentato ricorso, bocciato dal Tar, in quanto a prevalere deve essere «l’interesse degli utenti che hanno fatto affidamento sulla continuità del servizio».
«Nessuno mette in dubbio il diritto allo sciopero - ha detto ieri Salvini - appoggio le giuste richieste dei lavoratori inascoltate da anni, lavoro perché le trattative continuino ma non accetto che alcuni sindacati blocchino l’Italia causando disagi e danni a milioni di lavoratori italiani e turisti stranieri. Se non prevarrà il buonsenso, sono pronto a intervenire come ho già fatto per evitare il blocco totale dei treni». La speranza del vicepremier è che aziende e sindacati trovino un accordo.
«Vigilerò - ha aggiunto durante una visita a un cantiere ferroviario a Capurso (Bari) - affinché si arrivi a un accordo per il comparto ferroviario e aeroportuale. Ci sono contratti fermi da sei anni e conto che il problema si risolva in poche settimane. Il diritto allo sciopero è garantito dalla Costituzione, ma lo sciopero non può lasciare a piedi milioni di italiani e turisti».
E altro tema caldo, appunto, è la questione dei taxi che si fanno sempre più introvabili. Soprattutto di notte in alcune città italiane. «La settimana prossima - aveva fatto sapere Salvini - lavoreremo sul tema dei taxi, sempre seguendo i principi di buon senso, rispetto e garanzia per i cittadini, che non sono aspettare ore e ore sotto il sole in troppe città italiane». L’incontro è fissato per mercoledì prossimo. Giovedì invece ci sarà quello del settore Noleggio con conducente.
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(Getty Images)
Dopo il caos sulla trasmissione della prima di campionato il garante scrive all’emittente streaming, che dovrà comunicare le modalità di risarcimento. Il Codacons la denuncia per interruzione di pubblico servizio e truffa.
Neanche un gol sbagliato a porta vuota, una decisione arbitrale sfavorevole o un infortunio al proprio campione del cuore avrebbero potuto suscitare la generalizzata amarezza dei milioni di tifosi italiani di calcio, scatenata dal malfunzionamento di Dazn durante la prima giornata del campionato di serie A.
Da mesi il giorno segnato in rosso sul calendario degli appassionati era il 13 agosto: alle 18.30 hanno fatto il loro debutto Sampdoria e Atalanta ma soprattutto il Milan, campione d’Italia in carica, impegnato nella sfida casalinga con l’Udinese. Pronti, via e il calcio in streaming va in tilt. E non è una novità. Come nella passata stagione, la prima targata con l’esclusiva fino al 2024 (sette match a domenica) affidata a Dazn, i disservizi hanno di fatto impedito ai tifosi di entusiasmarsi per dribbling e reti dei loro beniamini. Hanno masticato doppiamente amaro i supporter rossoneri, dato che nella giornata di sabato sono scese in campo pure Monza-Torino e Lecce-Inter: la trasmissione sui vari tablet, smart tv e cellulari dei nerazzurri è filata quasi liscia.
Gli errori tecnici in casa Dazn, peraltro, non sono una novità. Infatti già nella passata stagione l’emittente streaming, con sede a Londra, era finita al centro delle polemiche per la bassa qualità, e in alcuni casi incapacità, di trasmettere le partite in diretta della serie A. Inoltre non bisogna dimenticare che tra l’annata 2021-2022 e la 2022-2023 il costo per abbonarsi alla piattaforma è aumentato e la condivisione della stessa utenza è stata limitata. Inevitabili quanto infruttuose le polemiche dei tifosi, i quali per avere lo stesso servizio dell’anno scorso devono pagare di più (fino a 40 euro per l’abbonamento «plus»).
Archiviate le difficoltà del sabato, in molti hanno pensato che il peggio fosse alle spalle. Invece Dazn è riuscita nell’involontario intento di far inferocire ancora di più i tifosi italiani, in quello che potrebbe passare alla storia come il suo giorno nero. Il 14 agosto si sono disputate: Fiorentina-Cremonese e Lazio-Bologna alle 18.30, Salernitana-Roma e Spezia-Empoli alle 20.45. Chi si è seduto sul divano ha vissuto un «calvario», ad un numero imprecisato di utenti è stata impedita la visione delle partite. «Siamo spiacenti. Si è verificato un problema inaspettato e i nostri tecnici stanno lavorando per sistemarlo. Per favore, torna più tardi». Questo il messaggio apparso sullo schermo degli abbonati. Poi è stata la volta della pezza al sapore di autogol: sui social, Twitter per la precisione, Dazn ha informato i propri clienti di aver messo a loro disposizione un link alternativo per accedere ai contenuti e vedere le partite. Un messaggio che è stato recapitato anche ai tifosi di Hellas Verona, Napoli, Juventus e Sassuolo, le ultime quattro squadre impegnate nei due posticipi del lunedì.
Qual è stato il motivo del malfunzionamento della app? All’origine dei problemi non ci sarebbe stata la visione in sé del singolo evento sportivo, ma la fase di accesso «simultaneo» a Dazn. In altre parole: troppi utenti sarebbero entrati contemporaneamente sulla piattaforma. Senza dimenticare che altri disservizi si sono verificati anche in Germania, Giappone e Spagna.
Il caos generato non ha suscitato solo il livore dei tifosi ma pure l’interessamento bipartisan della politica. Il leader della Lega, Matteo Salvini, è stato tra i primi a intervenire: «Da abbonato a Dazn credo che il servizio che stanno offrendo faccia schifo». Sempre su Twitter il messaggio pubblicato da Carlo Calenda: «Alla fine è stata semplicemente una fesseria togliere i diritti a Sky. Peraltro colpendo una grande azienda che aveva investito e fa anche cinema, serie e cultura». Il Pd, invece, ha inoltrato una segnalazione urgente ad Agcom (autorità per le garanzie nelle comunicazioni) per accertare eventuali violazioni degli accordi sulla qualità del segnale. Il Codacons, dal canto suo, minaccia di denunciare Dazn «per interruzione di pubblico servizio e per truffa». Ultimo capitolo: i rimborsi già annunciati, seppur «secondo modalità rese note nei prossimi giorni», da Dazn. Qui è entrato nella partita Agcom che attraverso una lettera all’emittente ha chiesto forme di di rimborso «semplificate», quasi automatiche agli abbonati che non hanno visto le partite il 14 agosto. Il Garante spiega che il disservizio della giornata inaugurale è un evento «conclamato» e grave. Per questo gli sportivi, inviando i propri documenti e scrivendo a Dazn, hanno diritto a ricevere il denaro senza ostacoli burocratici. E fino a qui non ci sarebbe nessun intoppo (norme escluse), che al contrario potrebbe emergere sul numero di utenti da rimborsare. La Lega Calcio, che in questi ultimi giorni ha tenuto un profilo molto basso forse perché trae linfa dalle centinaia di milioni di euro assicurate da Dazn (840 ogni anno), preme perché vengano risarciti tutti i clienti della piattaforma. Ovvero 1,8 milioni di persone. Tifosi in attesa di un buon segnale della squadra del cuore, ma soprattutto di Dazn.
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