
I dipendenti in cassa integrazione passeranno da 3.000 a 5.200, circa la metà della forza lavoro. I sindacati sul piede di guerra Intanto il cantante assieme al Codacons sostiene i cittadini di Taranto colpiti dall’inquinamento. Mancava un po’ di demagogia.Più passa il tempo e più il caso di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, rischia di ricordare le vicende dell’ex Alitalia, azienda che è costata miliardi di euro ai contribuenti per poi finire in mano (si spera) ai tedeschi di Lufthansa. Nel caso dell’acciaieria guidata dai tre commissari Giancarlo Quaranta, Giovanni Fiori e Davide Tabarelli a onor del vero qualche spiraglio lo mostra, anche se e ieri la società ha chiesto la cassa integrazione per 5.200 lavoratori, aumentando quindi l’esborso pubblico rispetto ai 3.000 dipendenti per cui era già stata avanzata richiesta. Per intenderci, l’azienda ha chiesto aiuto per il 50% della forza lavoro (prima era circa il 30%). D’altronde giusto due giorni fa l’azienda stessa ha dichiarato un passivo di 1,6 miliardi di euro, segnalando circa 350 milioni di crediti in prededuzione. Ad essere colpito maggiormente dalla cig sarà lo stabilimento di Taranto per cui vengono chiesti sussidi per 4.400 lavoratori. Insomma, a quattro mesi dall’arrivo della nuova amministrazione straordinaria, l’unica soluzione dell’azienda commissariata è quella di chiedere altri soldi allo Stato e quindi ai cittadini. «Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria rende noto che oggi (ieri per chi legge, ndr) è stata inviata l’istanza di esame congiunto per l’avvio della nuova cassa integrazione guadagni straordinari prevista per le aziende in amministrazione straordinaria», spiega una nota. «La richiesta, trasmessa al ministero del Lavoro e delle politiche sociali, al ministero delle Imprese e del Made in Italy, nonché alle rappresentanze sindacali unitarie e alle organizzazioni sindacali, interesserà un numero medio di dipendenti fino ad un massimo di 5.200 e riguarderà tutti i siti della società», continua il comunicato. «L’utilizzo della cigs, che farà perno su trasparenti criteri di forte rotazione del personale, sarà strettamente connesso ai livelli di produzione degli stabilimenti e consentirà di ultimare il piano di ripartenza con l’attivazione dopo l’estate del secondo altoforno».Naturalmente, a seguito della comunicazione da parte di Acciaierie d’Italia, i sindacati sono andati su tutte le furie. «La richiesta di cassa integrazione straordinaria per i lavoratori di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria è inaccettabile per la dignità dei lavoratori coinvolti», dice Paolo Capone, segretario generale Ugl. «Non si è mai vista una cassa integrazione priva di un piano industriale. Chiediamo che venga messo in atto un piano industriale credibile e si scongiuri con forza la cassa integrazione che è sicuramente preludio a un disastro sociale già annunciato». Come spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil, la richiesta «viola gli impegni presi per la ripartenza. Il raddoppio della cassa integrazione è ingiustificabile dal momento che dobbiamo affrontare le manutenzioni ordinarie e straordinarie, e non la fermata della produzione di acciaio». Per Rocco Palombella, segretario generale Uilm, «non si è mai vista una cassa integrazione non legata a un piano industriale, ma alla durata del commissariamento». Inoltre, spiega «è assurdo passare da una richiesta di cassa integrazione per 3.000 persone a una richiesta per 5.200, quindi dal 30% a oltre il 50% dei lavoratori. A Taranto quasi il 60% dei lavoratori sarà in cassa integrazione, ci saranno più lavoratori a casa che in fabbrica, è intollerabile», dice. Il segretario nazionale della Fim, Valerio D’Alò, dal canto suo non si dice stupito e chiede un confronto con la sua organizzazione perché «abbiamo già posto sia all’azienda che al governo alcune necessità per noi imprescindibili a partire da turnazioni che rispettino leggi e contratti, come pure la salvaguardia e tutela degli impianti e molte delle altre esigenze di carattere produttivo che devono essere discusse con noi».In tutto questo, l’unica nota che lascia un minimo di speranza per il futuro di Acciaierie d’Italia è che il ministro Adolfo Urso, durante un question time alla Camera ha fatto sapere che ci sarebbero tre grandi player internazionali interessati all’acquisto del gruppo: la neozelandese Vulcan Steel, Steel Mont con sede a Mumbai e l’ucraino-olandese Metinvest.Intanto Fedez, forse per togliere l’attenzione dalla fine del suo matrimonio con Chiara Ferragni, sembra aver fatto pace con il Codacons, tanto da annunciare con l’associazione una nuova collaborazione mirata a sostenere la comunità di Taranto, colpita dagli effetti devastanti dell’inquinamento industriale dell’ex Ilva. Ci mancavo solo Fedez nel caos tarantino.
Giorgia Meloni (Getty)
Oggi vertice a Ginevra tra Ucraina, Stati Uniti e Unione sui punti della pace con Mosca. Troppi soldi e morti: si doveva siglare prima.
È il 1.368° giorno di guerra in Ucraina. Dopo quasi quattro anni dall’invasione della Russia, è il momento cruciale. Pace, ultima chiamata; o finirà adesso questa carneficina o non ci saranno più strade da percorrere. A scrivere le condizioni Stati Uniti e Russia; Unione europea messa con le spalle al muro. Come sempre. Né l’Ucraina, né i Paesi dell’Ue sono stati consultati. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, insieme al primo ministro britannico Keir Starmer, al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Friedrich Merz, concordano sulla necessità di un «piano alternativo». Merz aggiunge: «Tutti i membri del G20 devono assumersi le proprie responsabilità, non solo per interessi economici». Ma Donald Trump schiaccia Zelensky alle corde.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Kiev compenserà le perdite con le garanzie di sicurezza; gli Usa possono dividere Cina e Russia; Mosca sogna di riprendere fiato; il Vecchio continente potenzierà l’industria.
Analisi costi/benefici del piano statunitense per la cessazione del conflitto in Ucraina: viene tentata una valutazione dal punto di vista/interesse degli attori coinvolti, cioè Stati Uniti, Russia, Ucraina, Ue e Regno Unito e Cina. Tecnicamente appare prematuro tentare questo tipo di analisi, ma c’è un dato che la orienta: gli europei rilevanti dell’Unione e il Regno Unito hanno dichiarato che il piano americano è una «base» per arrivare a una pace equilibrata. L’Ucraina, nei giorni scorsi, aveva già dichiarato la volontà di discutere con l’America, ma senza respingere a priori un piano che appariva sbilanciato per eccesso di penalizzazione dell’Ucraina stessa.
Il presidente sbaglia: i valorosi soldati ucraini non perderanno mai la dignità. Semmai a rischiare è lui, che ha illuso il popolo. E rischiano gli europei, che hanno alimentato il conflitto a costi umani ed economici altissimi.





