Riparte il campionato di Serie A dal 17 agosto e il palinsesto televisivo si ripresenta in formato spezzatino: partite spalmate su tre giorni (sabato domenica e lunedì), soprattutto in due fasce, alle 18.30 e alle 20.45. Non scordando le novità delle coppe. Procediamo con ordine. La Serie A sarà un affare spartito tra Dazn e Sky in una suddivisione invariata fino al 2028/29. Dazn resterà protagonista nella messa in onda delle sfide di campionato, trasmettendo tutte le 380 partite di stagione, 10 ogni turno. La pay-tv di Comcast si affiancherà con tre sfide in co-esclusiva ogni giornata, per un totale di 114 gare. Mediaset invece manderà in onda la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana. Passando alle competizioni europee, i nuovi format di Champions League, Europa League e Conference League aggiungeranno ulteriori match al calendario internazionale già serrato. In questo caso la parte del leone sarà svolta da Sky, con Amazon che si affiancherà alla pay-tv per alcune partite di Champions. La mossa del canale Comcast punta a massimizzare le entrate con il torneo continentale di primo piano, compensando la mancanza di parte della Serie A, che mostrano una Dazn in difficoltà sul contenimento dei costi e con la necessità, come vedremo, di scremare le redazioni. Partendo dalla massima competizione europea per club, Sky trasmetterà 185 partite su 203 in diretta esclusiva, anche sulla sua piattaforma streaming Now. Le restanti 18 - la migliore scelta del mercoledì sera - saranno trasmesse da Prime Video. Europa League e Conference League saranno invece tutte di Sky, sia su satellite, sia in streaming. Argomento in divenire invece le partite in chiaro. Sky potrebbe decidere di siglare accordi con Mediaset, di mandare in onda alcune sfide in chiaro su Tv8 o di trasmetterle a pagamento. Per quanto riguarda il calcio internazionale, sarà su Sky la Premier League, con i diritti tv del torneo rinnovati fino al 2027/28. Discorso analogo per la Bundesliga. La Liga spagnola sarà invece trasmessa da Dazn fino al 2029, oltre al campionato portoghese e alla Champions femminile, in attesa di capire il destino della Ligue 1 francese. Oltre alla fitta e articolata programmazione, non si possono ignorare le polemiche intorno a Dazn, attore principale nella messa in onda della Serie A. Da un lato, sono aumentati i prezzi degli abbonamenti, dall’altro sono stati annunciati tagli al personale. Nella squadra di telecronisti, confermati Pierluigi Pardo, che rafforzerà la sua presenza in diretta sui campi, e poi Ricky Buscaglia, Edoardo Testoni, Riccardo Mancini, Dario Mastroianni e Alberto Santi. Non scordando i commentatori tecnici e opinionisti, da Massimo Ambrosini a Ciro Ferrara, i conduttori capitanati da Diletta Leotta e la squadra arbitrale. Ma si diceva dei tagli, apparsi inevitabili per contenere i costi, specie perché molti utenti guardano sì le partite, ma considerano con minor attenzione gli approfondimenti. «Dazn ha annunciato un esubero di 14 giornalisti sui 32 attualmente in organico. Per cercare di gestire la questione nel modo meno traumatico possibile è stato aperto un tavolo e il Ceo, Stefano Azzi, ha dichiarato ai media che Dazn non ricorrerà allo strumento dei licenziamenti. Fnsi e Associazione lombarda giornalisti hanno già preso posizione accanto ai professionisti coinvolti», si legge in un comunicato. Veniamo alle offerte: i piani sono Start, Standard e Plus e Goal Pass, che punta a rendere più accessibile la sottoscrizione. Start parte da 8,25 euro al mese, include l’offerta multisport - volley, basket, Eurosport con Canali HD1 e HD1 - con la possibilità di guardare contemporaneamente Dazn su due dispositivi, purché connessi alla stessa rete. Il piano annuale di 12 mesi con pagamento anticipato in unica soluzione costa 99 euro. Se si scelgono le rate mensili, il prezzo diventa di 11,99 euro. Chi opta per il piano mensile deve sborsare 14,99 euro. Standard parte invece da 29,92 euro al mese, consente la visione di tutte le partite della Serie A, oltre al resto dell’offerta della piattaforma di sport, offrendo la possibilità di guardare contemporaneamente Dazn su due dispositivi, purché connessi alla stessa rete. Il piano annuale di 12 mesi se sottoscritto con pagamento anticipato in unica soluzione costa 359 euro. Scegliendo come modalità di pagamento le 12 rate mensili il prezzo passa a 34,99 al mese. Chi non vuole vincoli dovrà affrontare una spesa mensile di 44,99 euro al mese. Plus infine è fruibile su due reti internet differenti. Il piano annuale è con pagamento anticipato in unica soluzione, costa 599 euro, cioè 49,91 euro al mese, rateizzando la spesa diventa di 59,99 euro, mentre la sottoscrizione mese per mese senza vincoli costa 69,99 euro al mese. Sono previste diverse agevolazioni (interessante il pacchetto per i tifosi di Milan, Inter e Juventus) e formule di pagamento, ma questa stagione sarà un banco di prova non indifferente per la rete in streaming che dalla sua nascita ha dovuto dribblare non poche difficoltà.
Al momento è solo una risoluzione del Parlamento europeo, solo un primo passo, dal momento che dovrà essere recepita e adottata. Per questo motivo potrebbero passare degli anni. Ma la decisione dell’Eurocamera di dire sì alla rimozione dei blocchi geografici per i servizi di streaming - incentrati su film e serie tv - rischia comunque di scatenare una rivoluzione nel settore dei diritti televisivi.
Il mondo del calcio è in fermento. Toccare i diritti tv sconvolgerebbe tutto il sistema economico. Ma, a quanto risulta alla Verità, nella risoluzione sono stati stralciati gli eventi live e quelli sportivi coperti da copyright. Anzi è stata anche bocciata la richiesta di proposta legislativa nel 2025 per eliminare geo-blocking in audio-visual, come aveva chiesto la Lega Serie A.
Ieri gli eurodeputati hanno adottato una risoluzione nella quale sottolineano la necessità di rivedere le norme dell’Ue in materia di blocchi geografici (in inglese, geoblocking), in particolare alla luce dell’accelerazione della trasformazione digitale e dell’aumento degli acquisti online negli ultimi anni. Le norme attuali consentono ai consumatori di fare acquisti online e di accedere ai servizi oltreconfine senza molte restrizioni, ma i deputati affermano che devono essere applicate pienamente e che è necessario eliminare le barriere rimanenti. Esistono appunto dei blocchi geografici su Internet. E questo limita l’accesso ai film. Spesso sono disponibili solo in certi Paesi.
La risoluzione, che non è vincolante, è stata approvata con 376 voti a favore, 111 contrari e 107 astenuti. Poiché le norme attuali non si applicano a specifici servizi digitali che offrono contenuti protetti da copyright (come e-book, musica, software e giochi online), i deputati sottolineano i potenziali vantaggi dell’inclusione di tali servizi nelle norme dell’Ue, se si dispone dei diritti richiesti per i territori interessati. La consegna transfrontaliera, che non è obbligatoria ai sensi del regolamento, rimane un problema per i consumatori: riguarda il 50% delle transazioni di shopping online. In pratica, i deputati esortano la Commissione e gli Stati membri a facilitare l’accesso dei consumatori ai servizi di consegna transfrontaliera dei pacchi e a sostenere una riduzione dei costi. I deputati affermano inoltre che i metodi di registrazione e di pagamento online devono essere migliorati, poiché nella loro forma attuale compromettono l’obiettivo delle norme di «fare acquisti come una persona del posto» (shop like a local).
Tutto nasce dall’iniziativa di Herbert Dorfmann (Svp, gruppo Ppe) che denuncia da tempo una situazione discriminatoria per le minoranze linguistiche, «alle quali è negata la fruizione di film o eventi sportivi nella loro lingua madre». Per l’europarlamentare sudtirolese, la risoluzione adottata oggi è quindi «un grande successo» in quanto, su sua iniziativa, ora la Commissione europea dovrà proporre soluzioni concrete su come garantire ai cittadini delle regioni di confine o alle minoranze linguistiche un accesso legale e transfrontaliero ai contenuti audiovisivi.
C’è polemica intorno alla gestione dei diritti televisivi del calcio femminile da parte della Figc. Tanto che a quanto apprende La Verità entro la fine del mese (il 28) potrebbe entrare in campo Dazn per risollevare le sorti della distribuzione delle partite. Fatto più che mai singolare, dopo che la federazione aveva insistito per centralizzare a sé diritti e produzione per aumentare la qualità del prodotto, ma è invece finita con il distribuire la maggior parte delle partite su Youtube con una qualità da calcio amatoriale. A questo si aggiungono anche le polemiche per il bando della produzione televisiva, vinto dalla francese Emg. Non solo.
Tra ieri e oggi che la federazione presieduta da Gabriele Gravina è finita di nuovo nel mirino per la partita Italia Svezia. Dal ritiro della loro nazionale, Linda Sembrant e Amanda Nilden, giocatrici svedesi della Juventus Women, hanno criticato la decisione di far disputare la partita a Castel di Sangro, in uno stadio da appena 7.200 posti, con una minima copertura mediatica e l’impossibilità anche per i tifosi di raggiungere il campo. «Ci meritiamo uno scenario diverso, un posto diverso, è quello che penso seriamente. L’orario è anche buono, ma la posizione no. Non ci sono connessioni con i treni o altri mezzi, se non le auto private, e questo fa una differenza incredibile per portare gente allo stadio», hanno detto le calciatrici.
Per di più, fanno notare i maliziosi, Castel di Sangro non è un posto casuale. È dove Gravina ha iniziato la sua carriera nel mondo del calcio, come proprietario e presidente della squadra locale. Sui social si sprecano le critiche e gli affondi per la decisione di aver scelto uno stadio così piccolo per una partita così importante, ma a quanto pare altro non è che l’ultimo tassello di una gestione al ribasso del calcio femminile, un movimento in crescita ma ancora lontano in Italia dai numeri degli Stati Uniti o dalle nazioni del Nord Europa: lo scorso anno è stata rimossa anche Cristiana Capotondi (da poco mamma) che avrebbe dovuto rilanciare l’immagine di tutta l’organizzazione. La novità delle ultime ore è che il prossimo 28 settembre, durante l’assemblea della federazione, verrà annunciato l’accordo con Dazn per trasmettere le partite del campionato di calcio. A quanto pare, la società inglese che trasmette già le partite della Lega Calcio maschile di Serie A, sarebbe stata praticamente costretta ad acquisire i diritti femminili nel pacchetto insieme alla gestione del Var, i cui diritti sono sotto il cappello della Figc. Si tratta di una svolta dopo le polemiche delle ultime settimane sulla gestione delle partite in televisione. Come detto, a parte un big match a giornata che ha trovato spazio sulla Rai, le altre partite vengono trasmesse su Youtube dalla Federazione. È la rappresentazione del flop sulla gestione. Anche perché da un obiettivo di raccolta di oltre 2 milioni di euro, con i pochi soldi dai diritti venduti, la Figc ha proceduto a una gara per la produzione, a quanto pare ineccepibile nella forma ma non forse nella sostanza, dove l’unica azienda valutata -di proprietà straniera - è stata poi l’assegnataria del servizio, escludendo alcune aziende italiane che avevano mostrato interesse anche se avevano soglie più basse di fatturato richieste. Così, delle 4 società interpellate dalla Federazione due non hanno potuto partecipare per i requisiti imposti dalla Figc stessa (ma perché allora sono state invitate?), una aveva deciso di non presentarsi e l’ultima rimasta, ovvero Emg, ha vinto.
Sembra che all’interno di Emg, già alcune settimane prima della gara, tutto fosse pronto con certezza, tra dipendenti e subfornitori, per il via alla imminente commessa. Caso vuole che Emg Italy sia di proprietà francese, con bilanci non proprio splendenti, guidata dall’ex capo della produzione di Infront Claudio Cavallotti, finito indagato in un’inchiesta sui diritti televisivi poi archiviata. L’azienda potrebbe aver giovato anche degli ottimi rapporti personali con alcuni manager Figc. Emg è infatti piena di ex Infront, azienda appunto finita sotto inchiesta diversi anni fa a Milano sempre in tema di diritti televisivi. I pm Paolo Filippini e Giovanni Polizzi avevano poi firmato la richiesta di archiviazione nel 2018. Tra gli indagati c’era l’ex numero uno Marco Bogarelli, poi scomparso nel 2021. I suoi manager occupano ancora adesso posizioni apicali. In parlamento si sta preparando un’interrogazione parlamentare al ministro Andrea Abodi, dopo l’uscita di un articolo del Giornale, a cui è seguita una replica da parte della stessa Figc, che ha smentito irregolarità sulla gara. In ogni caso l’amministratore di Emg Italy Cavallotti era appunto direttore produzione in Infront così come il direttore finanziario Giordano Ripamonti. Entrambi lavoravano con l’attuale direttore marketing della Figc Giovanni Valentini, anche lui cresciuto in Infront. A fianco di Valentini, come un’ombra, non ufficialmente, c’è poi Giuseppe Ciocchetti, anche lui ex Infront. Cosa ancora più curiosa, al loro fianco c’è poi Gianni Prandi, amico d’infanzia del leader della Cgil Maurizio Landini. Il consulente per la comunicazione è stato oggetto negli ultimi mesi di diverse polemiche sul suo ruolo nel sindacato soprattutto nella compagnia di bandiera Ita. Sulla figura di Prandi si discute da almeno un anno in Figc. Anche perché non è mai stata chiarita fino in fondo la consulenza riorganizzativa affidata alla sua Assist Group nel 2022.
Il 5 maggio i club si riuniscono per iniziare la discussione sul triennio 2024-2027. A metà maggio è atteso il bando: la Lega punta a un miliardo. Sky e Dazn potrebbero spartirsi nove match in co-esclusiva con il decimo assegnato a un terzo player (Mediaset o Amazon). Ipotesi canale di Lega ancora viva con tivùsat sullo sfondo.
L’appuntamento è per venerdì 5 maggio alle 12 a Milano. I presidenti (o i delegati) delle società della Serie A si riuniscono di nuovo in presenza per prendere alcune decisioni cruciali per il futuro del calcio italiano.
Al centro della discussione ci sono sempre loro: i diritti televisivi. Prima fonte di introiti e anche di polemiche per i belligeranti patron dei club della massima serie.
L’assemblea dovrà scegliere il nome dell’advisor che valuterà le offerte arrivate da fondi e banche. In ballo ci sono una decina di offerte che variano molto sia per l’entità economica che per la struttura. Da una parte quelle dei fondi: si sono già mossi i private equity come Apollo, Apax, Carlyle, Three Hills Capital Partners, Searchlight e buon ultimo Oaktree (che ha giù un prestito in ballo con l’Inter) che secondo quanto riferito dalla Reuters ha messo sul piatto 1,75 miliardi di dollari per il 5% della newco. Dall’altra ci sono le banche Citi, Goldman Sachs, JP Morgan, Barclays e Jefferies. I primi chiederebbero di avere un ruolo anche nella futura governance dei diritti televisivi, le seconde invece sarebbero attive con un ruolo solo finanziario. Serve, insomma, una società terza che aiuti la Lega a valutare l’offerta migliore. Dopo una prima selezione nella short list sono rimasti in sei: Citi, Lazard, Rothschild, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Center View Partners.
Quel che è certo, al momento, è che il nuovo bando non potrà contenere un importo inferiore ai 927,5 milioni, cifra messa sul piatto tre anni fa per la copertura del triennio 2021/2024. L’obiettivo della Lega resta quello di racimolare almeno 1 miliardo all’anno dai diritti interni per la Serie A, mentre sarà da definire la durata, che potrà variare dai tre ai cinque anni. Oltre alla scelta dell’advisor per le offerte dei fondi all'ordine del giorno ci sono l'invito a offrire per i diritti tv del campionato di Serie A, le attività della Lega all'estero e calcio femminile. Si lavorerà sui diversi pacchetti da mettere sul mercato per massimizzare le entrate. Una delle possibilità, nel tentativo di ottenere maggiori introiti, è quella di vendere nove partite su dieci sia a Sky sia a Dazn, che evidentemente poi si faranno concorrenza sul mercato trasmettendo i match in co-esclusiva. In questo modo resterebbe da assegnare la decima partita, presumibilmente il big match di giornata, che andrà comunque su una emittente diversa: in ballo ci sarebbe un terzo player che potrebbe essere uno tra Mediaset e Amazon. Il punto è che sia Sky che Dazn sono per motivi diversi in difficoltà ed è quindi quasi impossibile che possano arrivare a offrire le stesse cifre dell’ultimo triennio: 927,5 milioni all’anno per tre anni. Allargando la torta a entrambe il discorso cambierebbe. In virtù anche dell'esperimento portato avanti con successo dalla Serie B nell'ultimo triennio. Un esperimento votato alla non esclusività - con Sky, Dazn ed Heilbiz a trasmettere le partite del campionato cadetto - che ha fatto sì che quasi raddoppiare i ricavi da 26,7 a 50 milioni di euro.
Il bando sarà pubblicato a metà maggio ed è probabile che i broadcaster avranno circa un mese di tempo per consegnare le offerte. Se le buste non raggiungeranno le aspettative si andrà avanti con le trattative private. Se anche le trattative private non avranno l’esito sperato a settembre potrebbe prendere corpo il progetto del canale della Lega.
Un progetto di cui si parla già da qualche anno ma che non è riuscito ancora a decollare. Tra i profili interessati a quest'opportunità si è fatta avanti recentemente tivùsat. La piattaforma radiotelevisiva satellitare fondata nel 2009 da Rai e Telecom Italia si è esposta direttamente per voce del suo presidente Alberto Sigismondi: «Se si dovessero creare le condizioni per trasmettere il campionato nei prossimi anni, ospitando sulla nostra piattaforma il canale della Lega di Serie A, perché dire di no. Noi siamo pronti». Ma non è tutto qui. Perché anche nel caso non si riuscisse a portare a compimento il progetto del canale di Lega, il numero uno di tivùsat ha lasciato comunque aperte le porte al dialogo con i player che si aggiudicheranno i diritti televisivi, qualora il bando o le trattative private abbiano buon esito: «Comunque vada il prossimo bando, e quindi anche se non dovesse nascere il canale della Lega di Serie A, tivùsat rimane un perfetto veicolo sul satellite per i player che si dovessero aggiudicare i diritti tv delle partite e che vogliono raggiungere, anche con il 4K, ogni angolo del Paese» ha aggiunto Sigismondi.
Una partita, quella dei diritti tv, che influirà e di parecchio sui conti delle società, considerando che da ormai 20 anni la voce «diritti tv» costituisce la più cospicua fonte di guadagno dei club. Soldi che vengono distribuiti alle 20 squadre della Serie A - secondo quanto stabilito dalla legge Melandri - in base ai posizionamenti in classifica negli ultimi anni, all'audience televisiva di ogni singola partita e dal numero di tifosi presenti allo stadio. Oltre a questo una quota viene spartita in misura uguale. Nella stagione in cui il calcio italiano è tornato a recitare un ruolo da protagonista in Europa, tornare a essere competitivi e appetibili come gli altri grandi campionati come Premier League, Liga e Bundesliga, sarebbe un grande risultato.
Su una premessa sono tutti d’accordo: il calcio italiano è seduto su un tesoro che vale miliardi di euro, eppure dopo anni di parole a vuoto, liti e anche contenziosi legali nessuno ha avuto la forza di alzarsi e portare alla luce questo forziere. Quanto davvero valga lo scrigno del pallone è difficile dirlo, ma ci sono dei numeri che danno una fotografia impietosa dell’occasione fino a questo momento persa: nel biennio 2010-2011 (come dimostra la tabella che pubblichiamo) la Premier league incassava dai diritti televisivi 1,3 miliardi di euro contro i circa 950 milioni della nostra Serie A.
Poco più di dieci anni dopo il campionato inglese di miliardi ne porta a casa più di 4 e noi siamo fermi a quota uno. Fermi appunto, perché nel frattempo il resto d’Europa si è messo a correre e ci ha superato. La Spagna è passata da 680 milioni a quasi un miliardo e 900 milioni, triplicando gli introiti. Così come la Bundesliga.
Morale della favola: da seconda forza economica d’Europa, l’Italia si è ritrovata in quarta posizione con tutto ciò che ne consegue in termine di capacità di spesa soprattutto sul mercato dei calciatori. E quindi se oggi i vari Haaland e Vinicius possiamo ammirarli solo pagando i diritti a Premier e Liga non c’è da stupirsi. Un dato su tutti, nell’ultima stagione la squadra italiana che ha incassato di più dai diritti è l’Inter con 84 milioni, mentre l’ultima inglese, il Norwich City, ne ha presi 116.
Certo, non tutto dipende dalle tv ma nell’incapacità di valorizzare il prodotto calcio pesano tanti altri fattori, dalla fantozziana saga degli stadi di proprietà alla lotta infruttuosa alla pirateria. A proposito: dopo tanta maretta l’iter di approvazione della legge che punta a reprimere la pirateria audiovisiva a firma anche del presidente della commissione Cultura alla Camera Federico Mollicone è a buon punto. Il calcio ci rimette 300 milioni all’anno, recuperarne anche una parte rappresenterebbe una svolta. Uno degli obiettivi è quello di disincentivare con pene più severe «gli evasori» e chiudere subito - entro 30 minuti - i vari siti pirata senza attendere l’assenso dei giudici. E stavolta sembra si possa arrivare a dama in tempi brevi.
Il punto è capire che ci troviamo di fronte a una tornante storico per il futuro dell’industria calcio. Nonostante l’impressionante gap economico, infatti, nella massima competizione europea, la Champions League, troviamo a quarti di finale tre squadre italiane (Napoli, Inter e Milan) su otto. Un miracolo sportivo e non sfruttare il volano di appeal e interesse che se ne può trarre sarebbe delittuoso. La palla adesso passa all’assemblea della Lega che il 31 marzo si troverà a prendere una decisione sul bando per i diritti tv che dovrebbero riguardare il quinquennio 2024-2029. Dazn e Sky non sembrano pronte a svenarsi e potrebbero presentare offerte più basse rispetto ai 940 milioni messi sul piatto all’ultimo giro. Le cifre che circolano non supererebbero i 700 milioni. Ma il salto di qualità bisogna farlo sui diritti venduti all’estero, vero tallone d’achille per le casse del calcio italiano.
Sul piatto ci sono nove proposte. Si parte dai fondi Searchlight, Apollo, Apollo/Relevent e Carlyle/Apax/Three Hills e si arriva ai 5 piani presentati da Jp Morgan, Goldman Sachs, Citi, Barclays e Jefferies. Secondo quanto appreso dalla Verità le offerte oscillerebbero tra uno e due miliardi per una percentuale da decidere comunque di minoranza e non inferiore al 10% di una costituenda media company della Lega. Sui dettagli nessuno si sbilancia, sembra che restando tra i fondi le proposte di Apollo abbiano un certo appeal. In generale comunque la partecipazione delle banche riguarderebbe l’immissione di liquidità, quella dei fondi anche il patrimonio e la governance. Non sembra avere grande seguito, comunque, l’ipotesi di cui ha parlato anche l’ad della Lega Luigi De Siervo di usare i finanziamenti per creare un canale della Lega, acquistare Sky o un’altra piattaforma. I presidenti ovviamente sono divisi.
«Questo è il momento di prendere delle decisioni» , spiega il presidente della Salernitana Danilo Iervolino alla Verità, «non possiamo perdere altro tempo o rischiamo di far naufragare il calcio italiano. Io sarei per indire una gara e negoziare “al coltello” tutte le condizioni finanziarie e di governance valutando sia le proposte di finanziamento che quelle di ingresso nell’equity. Parliamo sempre di partecipazioni di minoranza di una costituenda Media Co, ma di condizioni che potrebbero portare un paio di miliardi nella casse del calcio italiano. Un’occasione unica per mettere il sistema definitivamente in sicurezza. Davvero non capisco quali siano le resistenze». E il numero uno del club ha le idee chiare anche sul processo che dovrebbe partire il prima possibile. «Aprirei un tavolo di contrattazione con una commissione composta da non più di tre delegati che avrebbero il compito di valutare le offerte di banche e fondi. Se alla prossima assemblea la Lega facesse capire che questa è la strada che intende perseguire sono convinto che arriverebbero anche altre offerte probabilmente migliorative rispetto a quelle attuali. Abbiamo l’esempio di Liga e Ligue 1 francese che aprendo la gestione dei diritti ai fondi hanno moltiplicato i ricavi».
La vede in modo diametralmente opposto il presidente della Lazio Claudio Lotito: «Guardi», sottolinea interpellato dalla Verità, «nello sport come nella vita non esistono solo i soldi, ma anche i valori. Il calcio italiano ha bisogno di pianificare e di ragionare nell’ottica del lungo periodo e quella dei fondi è una visione di breve periodo, una visione di mordi e fuggi, di massimizzazione dei profitti nell’immediato. Lei mi chiede perché non andare a vedere cosa c’è sul piatto? Io le rispondo che i fondi non li abbiamo invitati noi ma si sono auto-invitati e quindi che non c’è nessun obbligo di andare a vedere. Detto questo, io ragiono nella logica dell’associazione temporanea di impresa. Se c’è un soggetto disposto a finanziare un progetto senza intervento sul patrimonio ma in un’ottica di ricevere una percentuale di un’eventuale utile allora si può discutere, altrimenti io non vedo margini. Del resto se come lei mi dice ci sono così tante offerte, vuol dire che il prodotto vale. Non esistono solo i diritti tv, nel calcio ci sono tanti altri problemi: dalla lotta alla pirateria alla questione degli stadi di proprietà rispetto ai quali mi sono sempre battuto in prima persona, sono i veri valori aggiunti dei ricavi e del sistema calcio nel suo complesso».
Le posizioni sono all’apparenza inconciliabili e in mezzo ci sono presidenti più schierati (Fiorentina, Napoli e Milan sono vicine alla posizione di Lotito, mentre le piccole sposano la linea Iervolino e Galliani valuta con attenzione le proposta delle banche) e tanti indecisi. L’impressione in generale è che i grandi club temono che l’ingresso dei fondi possa rendere più “egualitaria” la distribuzione dei diritti televisivi e quindi togliere loro risorse. Se la torta diventa più grande, la fetta aumenta per tutti. È vero anche che il calcio va inteso pure come impresa «sociale» a favore degli sport minori, aspetto su cui i fondi sono forse lontani. «Siamo davanti a due “animali”, la finanza e il mondo del calcio, profondamente diversi», evidenzia Riccardo Rosa, responsabile italiano settore sport di Kpmg che ha assistito Advent nel precedente tentativo, poi andato male, portato avanti dai private equity internazionali, «quindi oggettivamente dei rischi esistono. Due anni fa, svolta la due diligence, sembrava essere arrivati alle firme, poi saltò tutto. E comunque, l’esempio del Paris Saint-Germain ci dimostra che non sempre l’ingresso di finanza (il fondo del Qatar) priva di cultura calcistica porta benefici. Ma su una cosa possiamo essere tutti d’accordo: il calcio italiano ha enormi potenzialità inespresse. L’apporto e la diversificazione di professionalità e anche una rivisitazione della governance aiuterebbero a far emergere questo valore».





