2023-03-23
Banche e fondi in manovra sulla serie A per 2 miliardi. La Lega è già divisa a metà
Il 31 marzo l’assemblea decide sulle offerte per i diritti tv. Danilo Iervolino apre alla gara. Claudio Lotito chiude: governance intoccabile. Ballano 300 milioni dalla lotta alla pirateria.Su una premessa sono tutti d’accordo: il calcio italiano è seduto su un tesoro che vale miliardi di euro, eppure dopo anni di parole a vuoto, liti e anche contenziosi legali nessuno ha avuto la forza di alzarsi e portare alla luce questo forziere. Quanto davvero valga lo scrigno del pallone è difficile dirlo, ma ci sono dei numeri che danno una fotografia impietosa dell’occasione fino a questo momento persa: nel biennio 2010-2011 (come dimostra la tabella che pubblichiamo) la Premier league incassava dai diritti televisivi 1,3 miliardi di euro contro i circa 950 milioni della nostra Serie A. Poco più di dieci anni dopo il campionato inglese di miliardi ne porta a casa più di 4 e noi siamo fermi a quota uno. Fermi appunto, perché nel frattempo il resto d’Europa si è messo a correre e ci ha superato. La Spagna è passata da 680 milioni a quasi un miliardo e 900 milioni, triplicando gli introiti. Così come la Bundesliga. Morale della favola: da seconda forza economica d’Europa, l’Italia si è ritrovata in quarta posizione con tutto ciò che ne consegue in termine di capacità di spesa soprattutto sul mercato dei calciatori. E quindi se oggi i vari Haaland e Vinicius possiamo ammirarli solo pagando i diritti a Premier e Liga non c’è da stupirsi. Un dato su tutti, nell’ultima stagione la squadra italiana che ha incassato di più dai diritti è l’Inter con 84 milioni, mentre l’ultima inglese, il Norwich City, ne ha presi 116.Certo, non tutto dipende dalle tv ma nell’incapacità di valorizzare il prodotto calcio pesano tanti altri fattori, dalla fantozziana saga degli stadi di proprietà alla lotta infruttuosa alla pirateria. A proposito: dopo tanta maretta l’iter di approvazione della legge che punta a reprimere la pirateria audiovisiva a firma anche del presidente della commissione Cultura alla Camera Federico Mollicone è a buon punto. Il calcio ci rimette 300 milioni all’anno, recuperarne anche una parte rappresenterebbe una svolta. Uno degli obiettivi è quello di disincentivare con pene più severe «gli evasori» e chiudere subito - entro 30 minuti - i vari siti pirata senza attendere l’assenso dei giudici. E stavolta sembra si possa arrivare a dama in tempi brevi. Il punto è capire che ci troviamo di fronte a una tornante storico per il futuro dell’industria calcio. Nonostante l’impressionante gap economico, infatti, nella massima competizione europea, la Champions League, troviamo a quarti di finale tre squadre italiane (Napoli, Inter e Milan) su otto. Un miracolo sportivo e non sfruttare il volano di appeal e interesse che se ne può trarre sarebbe delittuoso. La palla adesso passa all’assemblea della Lega che il 31 marzo si troverà a prendere una decisione sul bando per i diritti tv che dovrebbero riguardare il quinquennio 2024-2029. Dazn e Sky non sembrano pronte a svenarsi e potrebbero presentare offerte più basse rispetto ai 940 milioni messi sul piatto all’ultimo giro. Le cifre che circolano non supererebbero i 700 milioni. Ma il salto di qualità bisogna farlo sui diritti venduti all’estero, vero tallone d’achille per le casse del calcio italiano.Sul piatto ci sono nove proposte. Si parte dai fondi Searchlight, Apollo, Apollo/Relevent e Carlyle/Apax/Three Hills e si arriva ai 5 piani presentati da Jp Morgan, Goldman Sachs, Citi, Barclays e Jefferies. Secondo quanto appreso dalla Verità le offerte oscillerebbero tra uno e due miliardi per una percentuale da decidere comunque di minoranza e non inferiore al 10% di una costituenda media company della Lega. Sui dettagli nessuno si sbilancia, sembra che restando tra i fondi le proposte di Apollo abbiano un certo appeal. In generale comunque la partecipazione delle banche riguarderebbe l’immissione di liquidità, quella dei fondi anche il patrimonio e la governance. Non sembra avere grande seguito, comunque, l’ipotesi di cui ha parlato anche l’ad della Lega Luigi De Siervo di usare i finanziamenti per creare un canale della Lega, acquistare Sky o un’altra piattaforma. I presidenti ovviamente sono divisi.«Questo è il momento di prendere delle decisioni» , spiega il presidente della Salernitana Danilo Iervolino alla Verità, «non possiamo perdere altro tempo o rischiamo di far naufragare il calcio italiano. Io sarei per indire una gara e negoziare “al coltello” tutte le condizioni finanziarie e di governance valutando sia le proposte di finanziamento che quelle di ingresso nell’equity. Parliamo sempre di partecipazioni di minoranza di una costituenda Media Co, ma di condizioni che potrebbero portare un paio di miliardi nella casse del calcio italiano. Un’occasione unica per mettere il sistema definitivamente in sicurezza. Davvero non capisco quali siano le resistenze». E il numero uno del club ha le idee chiare anche sul processo che dovrebbe partire il prima possibile. «Aprirei un tavolo di contrattazione con una commissione composta da non più di tre delegati che avrebbero il compito di valutare le offerte di banche e fondi. Se alla prossima assemblea la Lega facesse capire che questa è la strada che intende perseguire sono convinto che arriverebbero anche altre offerte probabilmente migliorative rispetto a quelle attuali. Abbiamo l’esempio di Liga e Ligue 1 francese che aprendo la gestione dei diritti ai fondi hanno moltiplicato i ricavi».La vede in modo diametralmente opposto il presidente della Lazio Claudio Lotito: «Guardi», sottolinea interpellato dalla Verità, «nello sport come nella vita non esistono solo i soldi, ma anche i valori. Il calcio italiano ha bisogno di pianificare e di ragionare nell’ottica del lungo periodo e quella dei fondi è una visione di breve periodo, una visione di mordi e fuggi, di massimizzazione dei profitti nell’immediato. Lei mi chiede perché non andare a vedere cosa c’è sul piatto? Io le rispondo che i fondi non li abbiamo invitati noi ma si sono auto-invitati e quindi che non c’è nessun obbligo di andare a vedere. Detto questo, io ragiono nella logica dell’associazione temporanea di impresa. Se c’è un soggetto disposto a finanziare un progetto senza intervento sul patrimonio ma in un’ottica di ricevere una percentuale di un’eventuale utile allora si può discutere, altrimenti io non vedo margini. Del resto se come lei mi dice ci sono così tante offerte, vuol dire che il prodotto vale. Non esistono solo i diritti tv, nel calcio ci sono tanti altri problemi: dalla lotta alla pirateria alla questione degli stadi di proprietà rispetto ai quali mi sono sempre battuto in prima persona, sono i veri valori aggiunti dei ricavi e del sistema calcio nel suo complesso».Le posizioni sono all’apparenza inconciliabili e in mezzo ci sono presidenti più schierati (Fiorentina, Napoli e Milan sono vicine alla posizione di Lotito, mentre le piccole sposano la linea Iervolino e Galliani valuta con attenzione le proposta delle banche) e tanti indecisi. L’impressione in generale è che i grandi club temono che l’ingresso dei fondi possa rendere più “egualitaria” la distribuzione dei diritti televisivi e quindi togliere loro risorse. Se la torta diventa più grande, la fetta aumenta per tutti. È vero anche che il calcio va inteso pure come impresa «sociale» a favore degli sport minori, aspetto su cui i fondi sono forse lontani. «Siamo davanti a due “animali”, la finanza e il mondo del calcio, profondamente diversi», evidenzia Riccardo Rosa, responsabile italiano settore sport di Kpmg che ha assistito Advent nel precedente tentativo, poi andato male, portato avanti dai private equity internazionali, «quindi oggettivamente dei rischi esistono. Due anni fa, svolta la due diligence, sembrava essere arrivati alle firme, poi saltò tutto. E comunque, l’esempio del Paris Saint-Germain ci dimostra che non sempre l’ingresso di finanza (il fondo del Qatar) priva di cultura calcistica porta benefici. Ma su una cosa possiamo essere tutti d’accordo: il calcio italiano ha enormi potenzialità inespresse. L’apporto e la diversificazione di professionalità e anche una rivisitazione della governance aiuterebbero a far emergere questo valore».
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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