Povera Elly Schlein: le è rimasto un solo idolo in Europa e anche quest’ultimo comincia a comportarsi come il dittatore dello Stato libero di Bananas. Ma in salsa secessionista-antifà. Le ultime battaglie del premier spagnolo Pedro Sánchez hanno infatti preso di mira l’ora solare e il franchismo. «Come sapete, questa settimana si torna a cambiare orario, un’altra volta. Non vedo alcun senso. E se si considerano i sondaggi che coinvolgono spagnoli e europei, la maggioranza è contraria al cambio di orario», ha tuonato il leader socialista, attaccando a testa bassa il complotto reazionario delle lancette.
Più seria, si fa per dire, la questione relativa alla memoria. A poche settimane dal cinquantesimo anniversario della morte del Caudillo (Francisco Franco moriva il 20 novembre 1975), il governo ha inserito nel Boletín Oficial del Estado, la Gazzetta ufficiale spagnola, la designazione delle Real Poste come Luogo della memoria democratica per aver ospitato la Direzione generale della sicurezza durante la dittatura. Si tratta di una misura che prevede l’apposizione di una targa commemorativa, più varie iniziative collaterali di sensibilizzazione. Questo edificio del XVIII secolo situato a Puerta del Sol, a Madrid, era uno dei quartier generale della repressione sotto il franchismo. Qui sarebbero avvenuti casi di tortura, come per esempio contro il leader comunista Julián Grimau o quello socialista Tomás Centeno, quest’ultimo morto in circostanze mai chiarite nei locali della Direzione generale. Il 13 settembre 1974, l’Eta piazzò una potente bomba nel caffè Rolando, vicino alle Real Poste, con l’obiettivo di colpire i numerosi agenti che frequentavano regolarmente il locale: morirono 13 persone, solo una delle quali era un agente (e infatti l’Eta si vergognò di rivendicare l’attacco). Si tratta quindi di un luogo legato (anche) a memorie dolorose. Non di meno, oggi è la sede della presidenza della Comunidad de Madrid, ovvero del governo regionale. Il quale è presieduto dalla popolare Isabel Díaz Ayuso, che si oppone alla scelta di Sánchez, considerandola «contraria alla storia» e annunciando un ricorso al Tribunale nazionale, poiché il fascicolo è scaduto da sei giorni. Il portavoce del governo regionale madrileno, Miguel Ángel García Martín, ha dichiarato che si tratta di «una risoluzione settaria, contraria alla verità». Martín ha ricordato che l’edificio ha più di 250 anni di storia e «un chiaro legame con il periodo dell’Illuminismo», poiché costruito nel 1700 da Carlo III di Borbone, ritenuto un monarca illuminato, e con uno stile europeo che occhieggiava decisamente alla Francia. Su questo, i popolari si appoggiano alla relazione della Real Academia de la Historia la quale, pur non negando i misfatti della dittatura, ha ricondotto l’edificio della discordia «soprattutto alla storia dell’illuminismo spagnolo e alla stessa centralità che la Puerta del Sol ha avuto, soprattutto a partire dal XIX secolo, nella vita sociale e collettiva della capitale spagnola e, per estensione, della Spagna». «Questa è l’ennesima cortina fumogena per evitare di parlare della corruzione statale dell’autocrate Sánchez», ha aggiunto Martín. Ha inoltre ribadito anche la motivazione formale del rifiuto. «È passato più di un anno tra l’attuazione e la pubblicazione del decreto. È obsoleto dal 16 ottobre».
La posizione del governo centrale, ovviamente, è diametralmente opposta. «L’edificio della Puerta del Sol, che oggi ospita uffici amministrativi, è un cupo ricordo degli orrori vissuti da migliaia di persone durante uno dei periodi più bui della storia recente della Spagna», si legge nella risoluzione, firmata dal segretario di Stato per la memoria democratica, Fernando Martínez López. «La dichiarazione dell’edificio come Luogo della memoria democratica mira a salvare dall’oblio e a riconoscere coloro che hanno subito umiliazioni, torture o trovato la morte al suo interno. L’edificio costituisce un riferimento e un simbolo delle violazioni dei diritti umani durante il regime franchista». La questione va avanti da un po’ ed è finita anche davanti alla Corte costituzionale, che però ha dato un parere ambiguo e poco risolutivo, sostanzialmente prendendo tempo.
In ballo, tuttavia, non c’è solo la questione storica, che comunque viene tenuta artificialmente in vita dal governo socialista per darsi una legittimazione (in questo senso, tutto il mondo è paese), tanto che nei prossimi giorni sono attese le proclamazioni di altri luoghi della memoria. Ma c’è anche e soprattutto una questione di competenze: il governo regionale sostiene che l’apposizione della targa comprometterebbe l’uso amministrativo della sede e invaderebbe i poteri regionali. Facendo il bulletto contro il governo regionale madrileno, del resto, Sánchez sta sì incarnando il centralismo più ottuso, ma prendendosela proprio con la capitale sta anche, con un paradossale rovescio delle parti, lisciando il pelo agli indipendentisti che lo aiutano a tenere insieme il proprio governo abborracciato. E poiché si tratta di indipendentisti di estrema sinistra, tanto vale prendere due piccioni con una fava: bastonare Madrid e rinverdire l’antifranchismo all’insegna della solita emergenza democratica permanente. A questo punto manca solo uno Scuratos che pubblichi F, el hijo del siglo e poi il circo è al completo.







