Entro il 16 giugno va versato l’acconto: se l’abitazione passa da A/3 (economica) ad A/2 (civile) si paga in media il 63% in più.Si avvicina l’acconto Imu 2025, previsto per il prossimo 16 giugno, e il primo quotidiano economico nazionale, Il Sole 24 Ore, ha condotto un’approfondita analisi sulle 30 principali città italiane (capoluoghi di regione e grandi centri). Da quanto emerge, il fattore che inciderà su eventuali rincari non sono i movimenti delle aliquote - molti, infatti, sono i Comuni già assestati sui massimi per quasi tutti gli immobili - bensì la rendita catastale. Un valore che può facilmente aumentare in seguito alle ristrutturazioni, come quelle spinte dall’ecologismo green e dal Superbonus.La rendita catastale, infatti, è il valore fiscale attribuito dall’Agenzia delle entrate a ogni immobile. Nel calcolo, vengono tenuti in considerazione parametri come la superficie, il numero di vani, la zona geografica e la qualità costruttiva. La ricerca condotta da Dario Aquaro e Cristiano Dell’Oste e pubblicata sul quotidiano di Confindustria mostra che «avere una seconda casa iscritta in categoria A/2 (abitazioni civili) anziché in A/3 (abitazioni economiche) significa versare in media il 63% in più». Ovviamente, la prima tipologia rappresenta case di maggiore qualità e, dunque, di maggior valore. L’Imu, infatti, si calcola a partire dalla rendita catastale: anche con le aliquote ferme, il gettito può aumentare grazie all’incremento del valore degli immobili. E interventi di ristrutturazione o manutenzione straordinaria, come per esempio quelli legati al Superbonus, richiedono di presentare una pratica al catasto per adeguare in automatico, eventualmente, la rendita, andando di conseguenza a modificare la base imponibile.Un esempio emblematico fornito dagli autori è Milano, dove il passaggio da un’«abitazione media» classificata come A/3 a una classificata come A/2 coincide con il raddoppio dell’Imu. Per una seconda casa sfitta tassata con un’aliquota dell’11,4 per mille, «il conto sale da 1.221 a 2.628 euro annui (l’acconto di giugno è il 50% di questa cifra)». Anche a Napoli la differenza è piuttosto significativa, con un incremento da 898 a 1.641 euro. In altre città come Firenze, invece, il passaggio è più dolce: da 1.270 a 1.598. Questo significa che tutte le spinte ecologistiche per l’ammodernamento e l’efficientamento delle abitazioni ha un costo per i proprietari in termini di imposte. Se, per dire, la detrazione del Superbonus ha una durata di cinque anni, la rendita catastale aumenta per sempre. Ovviamente per chi ha svolto le pratiche nel modo corretto: per gli altri, invece, sono in arrivo le lettere di compliance dall’Agenzia delle entrate per regolarizzare le modifiche. Questo non significa che, per il singolo cittadino, non valesse la pena sfruttarlo, ma sicuramente è un fattore di cui tenere conto.In termini relativi, la diffusione di queste due categorie di abitazioni nei capoluoghi di provincia vede una copertura di circa il 40% per entrambi. Quattro appartamenti su dieci sono accatastati come A/2, e lo stesso dicasi per quelli classificati come A/3. Poi naturalmente ci sono delle differenze a livello locale: a Bologna, per esempio, il rapporto tra le abitazioni iscritte in A/2 e quelle in A/3 è di uno a sette, sbilanciato dunque a favore dell’edilizia meno prestigiosa. Eppure, secondo l’articolo del Sole, nel capoluogo felsineo si registra la rendita media più alta tra le città analizzate («1.487,90 euro, che per un alloggio sfitto si traducono in un’Imu annua di 2.650 euro»).Un altro elemento da tenere in considerazione e sottolineato dall’articolo è la scarsa differenziazione delle aliquote Imu rispetto alla destinazione d’uso dell’immobile. Discorso da cui, ovviamente, vanno escluse le abitazioni principali, che sono 19,9 milioni («sempre esenti, con l’eccezione di quelle in categoria A/1, A/8 e A/9, che però sono meno dell’1%»). In molti Comuni (25 sui 30 esaminati), le seconde case condividono lo stesso trattamento fiscale a prescindere che siano sfitte o affittate a canone libero. Alcuni Comuni come Aosta, Cagliari, Milano, Modena e Ravenna operano uno sconto, ma non superiore all’uno per mille. A Cagliari, dunque, un alloggio locato con un contratto “4+4” «vede ridursi l’Imu annua da 1.864 a 1.688 euro (se in A/2) o da 799 a 724 euro (se in A/3)».Diverso è il discorso per gli affitti a canone concordato: in ben 20 dei Comuni considerati, sono in questo caso previste riduzioni delle aliquote più consistenti, che si sommano allo sconto nazionale del 25%. «Lo sgravio maggiore è quello di Bari (4 per mille anziché 10,6), ma anche Cagliari, Milano, Torino e Verona applicano aliquote di almeno 4 punti inferiori rispetto a quelle per lo sfitto». Un sistema per incentivare i proprietari di seconde case ad allocare gli immobili, vista la difficoltà che si riscontra nel trovare abitazioni, soprattutto nei centri urbani. In luoghi dove la domanda abbonda ma l’offerta latita, d’altronde, è verosimile aspettarsi che l’aumento delle imposte venga scaricato sugli affittuari: un altro possibile bel effetto del Superbonus.
Matteo Ricci
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2025-09-16
Costa: «La Ue migliori la gestione delle frontiere per contrastare l'immigrazione illegale»
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