Il leader M5s usa i dati dell’istituto che parlano di un ritorno di 200 miliardi, ma l’ufficio parlamentare di bilancio non va oltre i 40. Bankitalia stronca l’impatto ambientale: dal 2027 riduce la Co2 di meno dell’1%.
Il leader M5s usa i dati dell’istituto che parlano di un ritorno di 200 miliardi, ma l’ufficio parlamentare di bilancio non va oltre i 40. Bankitalia stronca l’impatto ambientale: dal 2027 riduce la Co2 di meno dell’1%.Non è la prima volta e a occhio non sarà neanche l’ultima. Quando la polemica sul Superbonus 110% impazza, l’ex premier e grande sostenitore della misura, Giuseppe Conte, si rifugia dietro ad alcuni dati «amici». «Amici» nel senso che sostengono la sua tesi, a dir il vero abbastanza ardita, e cioè che le spese ormai furi controllo, e su questo per fortuna nessuno ha nulla da obiettare, della maxi-agevolazione fiscale tanto cara ai Cinque Stelle si ripagano da sole. Anzi. In questi due anni, parliamo del 2021-2022, hanno portato a una crescita diretta e indotta del Pil di circa 200 miliardi pari all’11% del Pil. L’ex avvocato più amato d’Italia lo dice in realtà riprendendo integralmente i numeri di uno studio Nomisma. La società di consulenza fondata nel 1981 a Bologna da un gruppo di economisti, tra cui Romano Prodi, che da tempo tesse le lodi del Superbonus. «Al momento», ha ricordato in una recentissima audizione Marco Marcatili, responsabile Sviluppo di Nomisma, «i crediti accumulati per il Superbonus ammontano a 88 miliardi e secondo le nostre stime arriveremo a un costo per lo Stato di 140-150 miliardi. Di contro possiamo parlare di un valore economico prodotto innegabile diretto indiretto e indotto superiore ai 200 miliardi che solo nel tempo potrà migliorare gettito, occupazione e avere un impatto importante sulla filiera».Nomisma parla e Conte ripete, insomma. Il punto è capire se le cose stanno davvero così. Da un lato val la pena evidenziare che un impatto dell’11% sul Pil solo Nomisma lo stima e che per esempio se prendiamo l’audizione del mese di marzo del 2023 dell’ufficio parlamentare di Bilancio, si vede come le previsioni siano decisamente più prudenti. «Secondo i più recenti dati di contabilità nazionale», si legge, «il contributo degli investimenti in costruzioni residenziali alla crescita del Pil nel biennio scorso è stato di due punti percentuali. Sulla base del modello macro-econometrico in uso all’Upb è possibile ricostruire che metà del contributo sarebbe ascrivibile alla scossa positiva generata dall’incentivo fiscale, ossia all’investimento in abitazioni aggiuntivo rispetto a quello che si sarebbe comunque effettuato nel biennio in assenza dell’agevolazione». E poi: «Si rileva inoltre che uno shock di spesa nel settore delle costruzioni si propaga nel resto dell’economia (canali diretti e indiretti) producendo a cascata un valore aggiunto che, in equilibrio, è approssimativamente simile allo shock iniziale, ossia con un moltiplicatore quasi unitario». In estrema sintesi: una crescita di un punto di Pil in modo diretto dall’edilizia e di un altro punto, in modo indiretto, a cascata sul resto dell’economia. Che porta a un confronto imbarazzante: c’è chi stima una crescita da 200 miliardi e chi invece si limita a 35-40 miliardi. Com’è possibile tenendo conto che a oggi le previsioni dell’ufficio parlamentare di bilancio si sono sempre rivelate assai accurate e vicine alla realtà? E c’è qualcosa che non torna anche rispetto all’impatto ambientale ed energetico di cui parla sempre Nomisma. Per la società di consulenza, e anche in questo caso riportiamo le parole del manager in audizione, grazie al Superbonus le famiglie italiane hanno riportato un risparmio medio in bolletta pari a 1.000 euro per unità immobiliare, per un totale di 30 miliardi risparmiati, mentre sulla parte ecologica si evidenzia come nei cantieri realizzati ci sia stato un notevole impatto rispetto alla Co2 prodotta, pari al 50% di quella ex ante. Ancora una volta, Nomisma scrive e Giuseppe Conte ripete. Eppure, la vede in modo opposto Bankitalia che a fine 2022 aveva realizzato uno studio dove stroncava la maxi-agevolazione. Da un punto di vista ambientale, nel documento, gli autori Matteo Alpino, Luca Citino e Federica Zeni ricordano che, stime del Pnrr alla mano, il Superbonus ridurrà le emissioni di Co2 di 0,667 milioni di tonnellate/anno a partire dal 2027. Decisamente meno dell’1% della quantità di anidride carbonica prodotta in Italia in 12 mesi. E pure sul conto economico il giudizio era tutt’altro che positivo. Secondo via Nazionale in un confronto costo-benefici, il «punto di pareggio» si raggiungerebbe solo dopo il 2100. La soluzione? Tagliare l’aliquota dell’agevolazione. «Una detrazione del 40%», si sottolineava, «potrebbe innescare la stessa quantità di ristrutturazioni, ottenendo così lo stesso grado di risparmio energetico e riduzione delle emissioni». Ancora una volta due studi e due risultati agli antipodi. Al punto che non si possono non evidenziare alcune coincidenza messe in rilievo dal sito di fact checking Pagella Politica. Tra i servizi offerti da Nomisma c’è quello fornito da Nomisma Opera, «una realtà nata per affiancare le imprese e coordinare nell’interesse degli attori coinvolti (condomini, tecnici, banche) tutte le procedure di erogazione del superbonus per gli interventi di riqualificazione energetica». Grazie al servizio, la società offre ai suoi clienti, aggiunge Pagella Politica, «un solo interlocutore per coordinare tutti i soggetti dell’operazione». Questo però Giuseppe Conte si guarda bene dal ripeterlo.
Emanuele Orsini (Ansa)
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