2021-08-30
Suor Anna Monia Alfieri: «Così la malavita è entrata a scuola»
Suor Anna Monia Alfieri (Ansa)
La suora esperta di istruzione: «L'industria del malaffare si è impadronita di molti istituti del Sud: ne ha fatto dei diplomifici o dei postifici. E così le strutture paritarie più serie sono state costrette a chiudere».«Cerchiamo di contrastare la violenza, la discriminazione e l'omofobia con una serie di leggi senza capire che invece serve la capacità di stare al mondo in un modo diverso, vivendo la propria diversità nell'ordinarietà e rendendosi accoglibili con il buon senso». Suor Anna Monia Alfieri, ospite fissa di talk show politici, è considerata una figura che dialoga con la destra e la sinistra: «Le metto insieme perché la mia filosofia di vita e religiosa è questa».Si sente trasversale?«Credo molto alla politica come la intendeva Caterina da Siena, alla quale mi ispiro, e Paolo VI che ne parlava come della più alta forma di carità. Dobbiamo avere rispetto per i nostri politici spesso bistrattati: sono persone che si mettono volontariamente al servizio della società. C'è il momento della campagna elettorale e dei colpi bassi, ma è sempre responsabilità dei cittadini invocare un confronto non aggressivo e una convergenza dove si può. Gli unici con cui non si può dialogare sono i 5 stelle. Manca proprio la materia prima».In che senso?«Il dialogo presuppone materia grigia e certa gente non ce l'ha».Gli altri sì?«Mario Draghi ha unito destra e sinistra in un governo di unità nazionale che i cittadini chiedevano. La stessa Giorgia Meloni, rimasta all'opposizione come garante di democrazia, sui temi importanti non fa avversione aggressiva. A suo tempo si raccoglieranno i frutti di questa trasversalità politica. Uno di questi, per esempio, è lo spostamento a settembre del ddl Zan».Ma i favorevoli non avevano i numeri.«Sono partiti che il ddl Zan doveva passare subito e senza correttivi. Il rovesciamento è avvenuto quando i cittadini intelligentemente hanno fatto capire che non è così che si contrasta l'omofobia e che le prime vittime della legge sarebbero stati gli stessi omosessuali. Qui si millanta la difesa di un diritto per ledere la libertà di pensiero».Oltre a quella di espressione e d'insegnamento?«Certo, è pericolosissimo il ddl Zan. Il senatore democratico Emanuele Fiano, in tv, ha dovuto darmi ragione sul fatto che l'articolo 4 lede la libertà di espressione aprendo le maglie della magistratura che dovrà giudicare».Lo dice per obbedienza alla Chiesa?«Il Papa ha emanato la nota verbale legittimamente, la Chiesa può emanare note verbali riservate senza ledere la laicità dello Stato che il Papa riconosce. Quando il premier Draghi al Parlamento disse che “lo Stato è laico", aggiunse che l'Italia ha tutti gli strumenti per valutare se una legge è incostituzionale. Il ddl Zan contrasta con gli articoli 21, 30 e 33 della Costituzione e credo non supererebbe il vaglio della Consulta. Mi ha stupito il livello culturale dei nostri parlamentari: hanno applaudito il premier proprio mentre li stava bacchettando». Papa Francesco è stato duramente attaccato.«Quando il Papa ha parlato a favore dello ius soli, standing ovation; quando si è pronunciato sul ddl Zan non andava più bene. La doppia morale. Detto ciò, lo Stato italiano non è confessionale ma non è nemmeno ateo. Lo Stato laico si regge su principi costituzionali ma anche concordatari. E il Concordato è stato rivisto da Bettino Craxi, che non era un gran cattolico».Con il ddl Zan si vuole dire che la famiglia naturale ed eterosessuale non va bene, è quasi nociva alla società.«Il ddl Zan nasce, a detta dei promotori, per contrastare l'omofobia e qualsiasi tipo di discriminazione. Poi però prende una deriva errata quando aggiunge gli articoli che ledono e contrastano la libertà di espressione, la libertà educativa dei genitori e la libertà d'insegnamento. Potremmo dire che sono usciti fuori tema. Il voto è zero. Devono fare pace con il loro cervello». Comunque la parola famiglia non piace. Roberto Saviano ha perfino detto che la famiglia in senso tradizionale è la matrice della mafia.«Condivido molto poco di quello che dice Saviano. Sarò ignorante, ma non ho capito come sia diventato un eroe antimafia: basta aver scritto Gomorra? Cosa ha fatto nella società se non scrivere libri su eventi di mafia? Di corbellerie ne ha dette diverse, perfino che i commercialisti facilitavano la mafia. Non credo nei giudizi generalizzati: è una logica narrativa che legittima l'inerzia. Se non scavo nella notizia, non scendo nel profondo, favorisco l'illegalità attraverso l'impunità. E per la famiglia di cui parla Saviano, riferendosi alla mafia di Cosa Nostra dove le donne e i bambini entravano nei clan senza poterne uscire, faccia qualcosa lui oltre che emettere sentenze. Si rimbocchi le maniche e vada in terra di missione per dire che c'è un'alternativa all'omertà. Facile mettere la croce sulla famiglia pensando che così hai distrutto la mafia». Con il Covid è cambiato il mondo. Cosa chiede oggi la gente?«Gli uomini e le donne del post Covid non sopportano più l'incompetenza. Alle elezioni amministrative di ottobre dobbiamo pretendere la patente politica: chi si candida deve essere certificato, non può il giorno prima distribuire bibite e il giorno dopo essere ministro».Patente politica? e come?«Stando molto attenti a chi si candida, studiare perfettamente le candidature al di là del partito perché poi non governa il partito. Si deve leggere bene non solo il curriculum “finto" ma il pregresso, la storia. Esperienza, coraggio, credibilità, competenza, ciò che hanno o non hanno fatto. Noi cittadini dobbiamo giudicarli sulle idee, sulle proposte che non possono essere l'assistenzialismo sociale della politica, del sussidio e della mancetta. Lo dico rivolgendomi in particolare al Sud, che è stato gravemente provato da una campagna elettorale sui social dove si è mischiato il nulla insieme all'odio e si è ingannato il cittadino».Il dopo pandemia non è facile da affrontare.«La dico grossa. Credo che siamo dei miracolati dal Covid perché se non fosse arrivato a rompere questo sistema noi oggi staremmo a piangere una situazione di deprivazione culturale e umana peggiore. Negli ultimi anni s'è fatto credere che tutti potevano far tutto, che è lo stesso anche se non si studia, che i politici sono soltanto ladri e che il Parlamento era una scatoletta di tonno da aprire. Abbassando il livello culturale, obnubilando il cervello, creando un consenso social inesistente montato ad arte, si è portata l'incompetenza e l'irresponsabilità al potere creando una grave povertà, una gravissimo assistenzialismo sociale, e scatenando una guerra tra i poveri. Questo meccanismo è stato spezzato dal Covid. E nella disgrazia il Covid è stato la nostra salvezza».Come si fa a rimettere al centro la scuola, la formazione, la meritocrazia?«Facendolo. Da anni mi batto fortemente. La scuola pre Covid era iniqua, classista, regionalista, discriminatoria. Il povero si doveva accontentare della scuola statale. Gli si diceva che era gratis, mentre ogni studente grava sul bilancio dello Stato tra gli 8.500 e i 10.000 euro. Perché non dare quei soldi alle famiglie in modo che possano scegliersi la scuola statale o paritaria, entrambe sotto controllo pubblico e con bilanci pubblici?».Già, come mai?«Perché c'erano tre poteri forti che mangiavano: la politica faceva campagna elettorale sulla scuola promettendo posti di lavoro; i sindacati hanno vissuto di tesseramento promettendo a loro volta posti per tutti sotto casa; la burocrazia ha fatto la cresta su quegli 8.500 euro. Un allievo della scuola paritaria costa allo Stato 500 euro: la differenza ce la mettono le famiglie. Se gli 800.000 alunni della paritaria andassero nella scuola statale, quanto spenderebbe lo Stato? Peraltro non potrebbe nemmeno accoglierli, come ha dimostrat0 il Covid». Una certa politica tende a fare sparire le scuole paritarie.«Per questo dico che il Covid ci ha miracolati: ci ha fatto vedere la verità. Ormai siamo alla resa dei conti. Ma politica, sindacati e burocrazia non sono gli unici responsabili».Chi manca?«La malavita? Essa si è reinvestita, si è reinventata. Non è più il malaffare del mattone o del colpo di lupara, è la malavita che si è infiltrata nella scuola e in molte aree del Sud se n'è impadronita».In che senso?«Con il mercato dei diplomi. La vendita di titoli di studio falsi. C'è una vera industria che ha trasformato la suola in un postificio e un diplomificio. In Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, che sono regioni virtuose, il rapporto tra scuole statali e paritarie è del 33%. Qui si può parlare di pluralismo educativo. Le politiche regionali del buono scuola e della dote scuola hanno fatto sì che le famiglie potessero scegliere e questo ha innalzato la qualità, migliorato i rendimenti e generato risparmi».Invece nel Sud?«Il pluralismo educativo è morto. Molte scuole paritarie serie hanno dovuto chiudere non potendo far pagare la retta. Di altre si è impadronita la malavita e le ha trasformate in diplomifici, vendita di titoli».Sono affermazioni pesanti.«Me ne assumo la responsabilità».
Ursula von der Leyen (Ansa)