2018-12-16
Sull’utero in affitto si sveglia addirittura qualche coscienza nel Pd: «Non è legale»
L'ala cattolica dei dem si oppone alla trascrizione di atti su bimbi comprati all'estero da coppie gay. Imbarazzo per il sindaco Giuseppe Sala. Arriva il giorno in cui il folklore è fuori luogo. Arriva il giorno in cui il mondo arcobaleno si trasforma in un luogo cupo e Milano diventa fuorilegge. Accade in Comune, dove nel silenzio imbarazzato dei media, la colorita amministrazione di Beppe Sala rischia il siluro di Natale. «Vogliamo il voto segreto, ciascuno deve confrontarsi con la propria coscienza», dicono a palazzo Marino. E il tema è scottante: la trascrizione degli atti di nascita riconosciuti all'estero di bambini con due padri. L'incidente era nell'aria e nel presepe gay di Sala la maggioranza risulta spaccata. L'ala cattolica del Pd, quella che affonda le radici nel partito popolare, ha avuto uno scatto d'orgoglio o un rigurgito di dignità dopo che il Tribunale di Milano - facendo lo slalom nelle more di quel pasticcio parlamentare che porta il nome di legge Cirinnà - ha emesso la solita sentenza favorevole alla regolarizzazione della figlia comprata negli Stati Uniti con la pratica della «gestazione per altri» da una coppia maschile omosessuale. Il no è arrivato a ciel sereno in Commissione con un intervento appassionato della consigliera dem Roberta Osculati: «Nelle premesse della sentenza si parla della Gpa (gestazione per altri) come di procreazione assistita, quando invece non si tratta della stessa cosa. Se non sono valide le premesse, non sono valide neppure le conclusioni. Qui si chiede il condono dell'utero in affitto».Sarebbe da dire, bentornati sulla Terra anche se con un ritardo siderale. Siamo di fronte alla tempesta perfetta: una sentenza su presupposti sbagliati, una violazione della legge dello Stato che vieta l'utero in affitto, una beffa per il codice civile quando afferma che «la madre naturale è colei che ha partorito il bambino». Siamo in pieno turismo della surrogazione e la Osculati nel suo intervento prosegue: «Mi chiedo perché dobbiamo avallare un percorso così grave che produce gravi ferite. Mi chiedo perché chiedere che venga fatto un automatismo per tutti quando credo che sia solo il giudice a giudicare il singolo caso». La stessa consigliera, interpellata, ha preferito non approfondire la vicenda con La Verità.Da amministrativo, il problema diventa immediatamente politico. La maggioranza è in bilico e il rischio di un voto segreto come sarebbe prassi per i casi di coscienza è inaccettabile per i custodi del santuario arcobaleno come Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali e organizzatore del Gay Pride (trattasi di voti). Troppo pericoloso, infatti nei corridoi si tresca per imporre il più facilmente controllabile voto palese quando l'argomento verrà messo all'ordine del giorno. L'opposizione tiene il punto. Lega e Forza Italia sono contrarie alla trascrizione e Matteo Forte (Milano popolare) sottolinea che «non c'è nessun obbligo da parte del Comune di registrare».Il corto circuito è totale. Mentre le associazioni gay gridano al complotto semplicemente perché qualcuno si è svegliato e vorrebbe far applicare la legge, il capogruppo del Partito democratico, Filippo Barberis, prova a tenere insieme le sue truppe derubricando un profondo caso di coscienza a timbro da ufficio anagrafe: «C'è un dibattito politico ma anche una responsabilità amministrativa. Se fosse possibile per la politica attuare o meno sentenze in base a destra e sinistra verrebbe meno lo stato di diritto». Lo stesso sindaco Sala è perplesso. Si limita a constatare che «la decisione del tribunale rafforza l'idea di andare anche verso la genitorialità maschile» (come se fosse un giudice e non il Parlamento a decidere in materia) e non essendo un cuor di leone auspica un verdetto stile X-Factor: voti il consiglio. La replica definitiva, che suona come una campana a martello per la maggioranza Pd, arriva dalla Lista Sala e dal suo rappresentante Enrico Marcora, contrario pure lui al pasticcio: «Porta a una deriva inaccettabile perché si legittima la pratica dell'utero in affitto che in Italia è illegale. È una questione politica, quindi serve il voto segreto così che ognuno affronti la sua coscienza». Soprattutto a sinistra la coscienza è un problema, una bistecca da barbecue. Fino a quando è anestetizzata dal folklore delle minoranze di moda; fino a quando è mascherata dalle trovate di marketing come la fermata arcobaleno della metro a Porta Venezia, nessuno ne avverte il subbuglio. Ma qui è in gioco qualcosa di importante perché la gestazione per altri è illegale. Lo è perfino pubblicizzarla. Quindi vedere sindaci - come Sala a Milano e Giorgio Gori a Bergamo - magnificare come conquiste di civiltà quelle che sono decisioni fuorilegge, mette tristezza. E dovrebbe far insorgere silenti convitati di pietra come le rispettive diocesi, peraltro ormai anestetizzate sui temi della famiglia naturale e della dottrina cattolica. Come spesso accade in pasticci di questa natura, il tentativo di aggirare una decisione del Parlamento ha una sola vittima: quella bambina innocente comprata negli Stati Uniti al market dell'utero in affitto. Con due padri, uno zio giudice che tuona in perfetto politically correct, ma senza una madre. Cancellare il bambino dal carrello della spesa è facile sui manifesti, molto meno nella vita reale.