2020-11-27
Conte preso a palle di neve dall’Ue
Giuseppe Conte e Ursula Von der Leyen (Ansa)
Da giorni il premier invocava misure comuni sullo stop agli impianti sciistici, ma la commissione se ne lava le mani: «L'Ue non può né vuole vietare nulla». Così l'Italia regala introiti a Svizzera, Austria e Slovenia. Le Regioni: «Frontiere chiuse». Brutte notizie, ma nessuna sorpresa in realtà, per chi sperava in un coordinamento a livello europeo sull'attività degli impianti sciistici durante le festività natalizie. Nonostante quanto dichiarato con convinzione dal premier Giuseppe Conte, infatti, Bruxelles ha dato una brusca frenata all'ipotesi di una decisione comune. Solo martedì scorso l'avvocato del popolo scriveva su Twitter dell'«ottimo scambio di vedute con Von der Leyen su Global Health Summit in collegamento con il G20, coordinamento europeo delle misure sanitarie sul Covid-19 in occasione del periodo natalizio» lasciando intendere l'arrivo di una soluzione alla questione. Ma la realtà, ancora una volta, si è smarcata dai social e dai proclami facili, e le smentite sono infatti arrivate ieri da più parti, deludendo chi riponeva speranze su un aiuto da Bruxelles. «L'Unione europea non ha competenza per lo sci, non vuole e non può vietare nulla. I governi e i parlamenti nazionali e regionali decidono autonomamente cosa indicare in termini di politica sanitaria in merito», ha detto in una nota Martin Selmayr, rappresentante della Commissione europea a Vienna, a conferma di quanto già dichiarato dal commissario alla Salute, Stella Kyriakides, in un'intervista al Corriere della Sera: «Non c'è una formula valida per tutti perché gli Stati hanno situazioni epidemiologiche diverse». Un ulteriore schiaffo è arrivato da Eric Mamer, portavoce di palazzo Berlaymont: «Le decisioni sullo sci sono di competenza nazionale. Il nostro ruolo è fare raccomandazioni sanitarie affinché le varie attività si svolgano in condizioni di sicurezza sanitaria. Quindi c'è una vera differenza tra le due dimensioni». Tutto chiaro: l'Italia chiama, Bruxelles risponde picche. Ciò che invece è ancora completamente incerto è il destino della stagione sciistica e delle attività correlate, e non solo per quanto riguarda l'Italia. Francia e Germania, decise a non aprile le piste fino a gennaio, concordano sulla necessità di trovare un accordo per evitare aperture e chiusure a macchia di leopardo che si tradurrebbero in una concorrenza sleale verso coloro obbligati alla serrata. «Tenteremo di raggiungere un accordo per vietare le vacanze sciistiche sulle Alpi almeno fino al 10 gennaio, non sarà facile per la contrarietà dell'Austria ma ci proverò» ha dichiarato ieri Angela Merkel. È proprio il compromesso con l'Austria, infatti, ad apparire lontano. Il ministro delle Finanze austriaco, Gernot Blümel, ha già stimato che una chiusura di tre settimane nel periodo natalizio genererà una perdita di circa 2,4 miliardi di euro (cifra simile a quella riguardante l'Italia). Vienna aveva lasciato la porta socchiusa all'ipotetico stop degli impianti qualora fossero stati previsti indennizzi da Bruxelles. Idea ventilata anche a Parigi, dove esponenti governativi proponevano la creazione di un fondo Ue ad hoc per rimediare ai mancati introiti, e ripetuta dal ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, dopo l'incontro con l'omologo francese. Soluzione che, stando alle ultime esternazioni della Commissione, sembra essere del tutto improbabile.Il titolare del Mef, rispondendo a chi gli chiedeva se l'esecutivo abbia intenzione di predisporre sostegni economici per i gestori degli impianti sciistici, ha risposto che «i ristori saranno come sempre coerenti alle misure», non specificando come e in che misura saranno erogati, limitandosi a dire che «non è detto» venga varato un decreto apposito. Anche Francesco Boccia, ha fatto sapere che «i ristori, saranno assicurati a tutte le attività del turismo invernale», ma le mere rassicurazioni non possono bastare ad albergatori, maestri di sci, gestori degli impianti e amministratori delle località interessate, soprattutto alla luce delle criticità e dei ritardi dei mesi scorsi. Intanto, di fronte alla riconferma di ieri da parte del governo sulla riapertura degli impianti solo dopo le feste di Natale, i presidenti delle Regioni hanno chiesto all'esecutivo di valutare la chiusura delle frontiere. Per scoraggiare le sciate fuori porta, le indiscrezioni dei giorni scorsi portavano alla luce, inoltre, la volontà di introdurre la quarantena obbligatoria di due settimane per chi rientra dall'estero dopo le vacanze. Svizzera e Slovenia, dove gli impianti sono già in funzione, non sembrano intenzionate a rinunciare agli introiti natalizi. Il Canton Ticino ha già anzi annunciato di essere pronto ad accogliere gli italiani che vorranno passare le ferie sulle piste. E se anche Berna optasse per un improbabile stop o per il divieto generale di ingresso degli italiani provenienti dalle zone rosse, nulla impedirebbe di scegliere le piste slovene. Un ulteriore schiaffo insomma alle attività italiane al confine, costrette a cedere i clienti ai gestori liberi di tenere aperti. Ma per disincentivare gli spostamenti, obbligando i vacanzieri all'isolamento al proprio ritorno, servirebbe una nuova ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, con cui aggiornare la lista dei Paesi a rischio.E intanto, alla vigilia di dicembre, i lavoratori stanno ancora aspettando.
Jose Mourinho (Getty Images)