2023-05-06
Sull’Inps è scontro nel governo. Ministro e Fdi divisi sul nuovo dg
Il ministro del Lavoro non era stato informato del commissariamento: tensione sulla conferma del dg dell’Ente, vicino al presidente uscente. Assunzioni e promozioni d’oro per blindare il prof grillino.Sulla nomina dei nuovi vertici dell’Inps si è creata una frattura tra Palazzo Chigi e il ministero del Lavoro guidato da Elvira Calderone, ex presidente dell’ordine dei consulenti del Lavoro. Quest’ultima non ha preso parte al Consiglio dei ministri perché era all’estero in missione e sarebbe stata lasciata all’oscuro del fatto che nel decreto omnibus approvato al gabinetto Meloni sarebbe entrata anche la rivoluzione nella governance dell’Inps e dell’Inail. La scelta di effettuare il blitz in sua assenza potrebbe non essere casuale, essendo il ministro nettamente contrario a una parte della norma, quella che prescrive che il consiglio d’amministrazione «su proposta del Presidente, nomina il direttore generale». Sino a giovedì quell’indicazione era di competenza del ministro. E la Calderone, a quanto risulta alla Verità, ma anche il marito Rosario De Luca, ex membro del cda dell’Inps, sarebbero grandi estimatori dell’attuale dg Vincenzo Caridi, che, però, è uomo di strettissima fiducia del presidente uscente Pasquale Tridico, da cui è stato promosso. Giovedì la Calderone ha saputo solo poco prima dell’inizio del Cdm che sarebbe stata inserita la nuova norma e in una serie di convulse telefonate ha chiesto se i colleghi potessero prendere quelle decisioni anche senza di lei. Poi, piuttosto irritata (è un eufemismo), ha iniziato a chiedere la modifica del comma incriminato e appena approvato. Ma difficilmente Palazzo Chigi lascerà guidare la macchina dell’Inps al manager di punta della passata gestione.Anche perché Caridi era il dirigente responsabile del sito internet dell’Inps andato in crash l’1 aprile 2020, rendendo visibili dati sensibili a soggetti non autorizzati. Ne è scaturito un procedimento in corso da oltre due anni davanti al Garante della privacy dove l’Inps rischia sanzioni fino a 20 milioni di euro.In un intervento alla Camera Giovanni Donzelli, uno degli parlamentari più vicini alla Meloni e responsabile nazionale dell’organizzazione di Fdi, lo ha caratterizzato politicamente: «Bravissima persona, si ritrova ai vertici delicatissimi, dei servizi informatici dell’Inps, perché è amico di Stefano Buffagni […] che è l’uomo che per Di Maio gestisce le nomine, e che per Di Maio gestisce i rapporti con i poteri forti; non aveva niente a che fare con l’informatica ma, siccome bisognava trovargli un posto, quel posto c’era libero e lì lo hanno messo, e poi arrivano i disastri». Una pietra tombale, Calderone permettendo. Intanto sul nome del futuro presidente dell’Inps, Fratelli d’Italia e Lega hanno iniziato a spostare le proprie pedine. Anche se prima bisognerà nominare i commissari. Incarichi provvisori che poi potrebbero diventare definitivi, come era successo con Tridico, che da commissario venne confermato presidente.Secondo i ben informati il leghista Claudio Durigon, responsabile Lavoro del Carroccio, punterebbe su Concetta Ferraro, già a capo del collegio dei sindaci dell’Inps. Una scelta che sarebbe condivisa dalla Calderone, anche se in cima alla lista del ministro ci sarebbe un giuslavorista milanese: Gabriele Fava, uno dei commissari Alitalia, considerato vicino al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Sempre Durigon e la Lega vedrebbero bene come presidente dell’Inail Francesco Paolo Capone, attualmente segretario generale dell’Ugl.Ma sia nella Lega che al ministero del Lavoro sussurrano che a Palazzo Chigi abbiano qualche nome tenuto riservato da estrarre al momento opportuno.In lizza ci sarebbe l’ingegnere Giuseppe Nucci, già amministratore delegato della Sogin e con esperienze in altre aziende partecipate come Enel. È noto per essere considerato un perseguitato dalla giustizia: per due volte imputato, è stato sempre assolto. Tra cronisti e addetti ai lavori ieri circolavano anche altri identikit, tra cui quello di un «avvocato calabrese», la «vera carta coperta» della Meloni. C’è chi ha aggiunto il cognome «Fazio» e qualcuno lo ha subito identificato nel responsabile (con laurea in giurisprudenza) di Fdi della provincia di Reggio Calabria del dipartimento Legalità, sicurezza e immigrazione. Ma in serata dal partito ce lo hanno escluso.Tra i possibili candidati c’è sicuramente Mauro Nori, magistrato, capo di gabinetto della Calderone ed ex dg dell’Inps. Una figura di grande esperienza e da sempre legata al centro destra. Come l’ex dirigente generale dell’Inps Fabio Vitale, oggi a capo dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, considerato molto vicino al ministro Francesco Lollobrigida. Vitale per anni ha battagliato contro le misure, a suo giudizio, elettoralistiche e demagogiche portate avanti da Pasquale Tridico e dal predecessore Tito Boeri, finendo anche in punizione con incarichi minori. Ma sia Nori che Vitale si dichiarano in queste ore soddisfatti degli attuali incarichi e poco inclini a cambiare.In queste ore Tridico, padre ideatore del reddito di cittadinanza bandiera del Movimento 5stelle e della sinistra Pd, ha bollato il commissariamento dell’Inps come «una decisione immotivata, indegna, incomprensibile», parlando di «pura aggressività politica che reca danno anche alla credibilità delle istituzioni». I grillini lo hanno spalleggiato denunciando la «bulimia di potere» della maggioranza.Ma lo stesso Tridico e la vicepresidente Marialuisa Gnecchi (Pd) e il consiglio di amministrazione, di cui, come detto, faceva parte anche il coniuge della Calderone, insieme con il dg Caridi, sono stati artefici di una delle più pesanti riorganizzazioni dell’Inps che ha portato alla conferma e alla promozione dei dirigenti più fedeli e alla sostituzione e all’allontanamento di quelli non graditi. In particolare, come nel caso di Vitale, di quelli che avevano dimostrato di impegnarsi nell’effettuare i controlli sul pagamento del reddito di cittadinanza che veniva erogato a pioggia anche a spacciatori, detenuti e perfino a ex brigatisti, svelando con apprezzabile anticipo le storture nell’applicazione della norma.Il presidente uscente, nel suo ultimo libro intitolato Il lavoro di oggi, la pensione di domani, ha ammesso che «le verifiche» sull’erogazione del reddito cittadinanza sono state «davvero lacunose» e che i «controlli venivano fatti dopo». Quindi, fuori tempo massimo, ha dettato le regole: «Bisognerebbe semplicemente non erogare il Rdc se prima non si sono fatti tutti i controlli previsti». Ha anche spiegato che «prima di erogare il Rdc, lo Stato dovrebbe fare come fanno le banche prima di concedere un mutuo: verificare in profondità la situazione economica del richiedente, senza fidarsi di autocertificazioni».Peccato che guidasse lui l’istituto che ha erogato e continua ad erogare il reddito di cittadinanza con conseguenti truffe, omessi controlli e decisioni su cui, come svelato dalla Verità il 6 novembre 2022, sta indagando la Procura generale della Corte dei conti di Roma.Su questo tema sia il presidente che il dg sono bravissimi a scantonare e sostenere che le verifiche ed i controlli dovevano essere fatti, ma da altri.Scaricando la responsabilità per i mancati controlli dei requisiti necessari per accedere al reddito di cittadinanza sui Comuni, sull’Aci, sul ministero della Giustizia ecc.Con l’Aci, l’Inps ha stipulato una convenzione per verificare il possesso di moto di grossa cilindrata e auto di lusso soltanto nel 2021.Con il ministero della Giustizia l’accordo per il controllo dei precedenti penali e dello stato detentivo è stato siglato persino un anno dopo, nel 2022.«C’è voluto molto tempo per firmare tutte le convenzioni» si è giustificato il direttore Caridi. Per procedere alla verifica dei requisiti dei percettori del sussidio, sarebbero servite adeguate procedure informatiche e i necessari collegamenti telematici.E chi guidava la Direzione centrale tecnologia informatica dell’Inps? Caridi.Nel frattempo, l’Inps, pur consapevole dell’assenza di adeguati controlli, ha erogato le somme a tutti, compresi furbetti e truffatori.Da quando si è aperta la crisi di governo, nel luglio scorso, ed è stato chiaro che si sarebbe andati ad elezioni, Tridico, il consiglio di amministrazione ed il dg Caridi, a sua volta promosso su proposta del presidente e del cda con decreto dell’allora ministro del Lavoro Andrea Orlando, hanno proceduto con grande fretta a una serie incessante di nuove nomine a tutti i livelli.Il 20 luglio 2022 è stato individuato il coordinatore dell’ufficio legale dell’Istituto, l’avvocato Mirella Mogavero, di area Cgil. La legale si è formalmente insediata l’1 agosto 2022 e, dopo appena tre giorni, ha prodotto un parere favorevole al prolungamento di circa un anno della durata dell’incarico del presidente Tridico, da maggio 2023 ad aprile 2024.Successivamente, la donna ha fornito a tutti gli uffici l’indicazione di non costituirsi parte civile nei processi penali per le indebite erogazioni del reddito di cittadinanza se non nei casi di «oggettiva rilevanza quantitativa o mediatica» o di «oggettiva convenienza per l’Istituto».A settembre l’ente ha approvato una nuova organizzazione dell’Inps e a novembre il cda ha proceduto a nominare tutti i dirigenti di prima fascia dell’Istituto (ben 40 ciascuno dei quali con una retribuzione che può arrivare fino a 240.000 euro) privilegiando quelli politicamente più vicini ai 5Stelle del presidente Tridico e al direttore Caridi.Quest’ultimo, sempre a novembre, ha avviato le procedure per il conferimento di oltre 200 incarichi dirigenziali di livello non generale.Un esercito di fedelissimi che avrebbe dovuto garantire la prosecuzione delle politiche volute da Tridico, Caridi e dai 5 stelle. E magari costituire un argine a eventuali controlli e verifiche sull’operato dell’Istituto. In particolare, con riguardo agli omessi controlli sull’erogazione del reddito di cittadinanza.Adesso che l’era Tridico è al tramonto, qualcuno, sui barconi del Tevere, rimpiangerà le feste danzanti dell’Inps di Pasqualino, come quella organizzata dall’avvocato Mogavero a conclusione di un convegno dell’anno scorso. «Cena buffet (antipasto ricco, selezione di due primi, buffet di dolci, vini) con dj e musica per allietare la serata» si leggeva nell’invito. E si aggiungeva: «Il costo della serata è di circa 65 euro a testa (con possibilità di fattura singola per il rimborso)». Tutto a spese dell’Ente. Tanto pagava Pantalone.
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Ansa
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