2020-06-27
Sulle aste siamo pecore nere. Abbiamo emesso meno titoli degli altri big della zona euro
Tra marzo e maggio, l'Italia ha piazzato 58 miliardi di Btp: di più solo rispetto a Madrid, che però s'era già ampiamente finanziata. E le giustificazioni di Roberto Gualtieri non reggono.Circa un mese fa, su queste colonne («Gli altri aumentavano le aste, noi dormivamo»), segnalavamo un problema abbastanza evidente per il nostro Paese riguardante l'entità della risposta finanziaria dello Stato alla crisi da Covid-19. Gli stessi dati aggiornati a maggio ci hanno portato a rifare i confronti, concentrandoci sul periodo più drammatico dell'emergenza: il trimestre marzo-maggio. Il risultato per il nostro Paese non è purtroppo migliorato, anzi. La distanza con Francia e Germania si è addirittura accentuata, e abbiamo superato la Spagna, che però nel primo trimestre 2020 aveva messo abbondante fieno in cascina.Nel trimestre osservato, l'Italia ha eseguito emissioni nette per 58 miliardi (con marzo in negativo per 22 miliardi), la Francia per 135 miliardi, la Spagna per 13 miliardi e la Germania per 98 miliardi. Sono cifre che parlano da sole. Anche con riferimento alla dimensione delle relative economie. La Francia, pur avendo un Pil più alto del 35% rispetto al nostro, ha fatto più del doppio delle nostre emissioni nette. Anche il dato delle emissioni tedesche è robusto tanto quanto quello francese, considerato il consistente avanzo di bilancio tedesco. Va anche notato che il confronto delle emissioni nette eseguite nel trimestre marzo-maggio 2020, rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente, vede le proporzioni della reazione sostanzialmente inalterate. Se a questo ci aggiungiamo che il nostro Paese è quello che ha visto la più severa e lunga applicazione delle misure di chiusura delle attività e la conseguente peggiore contrazione dei principali indicatori macroeconomici, la debolezza della risposta italiana emerge in modo ancora più evidente.Ma l'emissione di titoli e il conseguente ricorso al mercato è solo l'ultimo passo di un complesso procedimento che inizia con una relazione del governo al Parlamento, ai sensi della legge 243 del 2012, in cui il primo chiede al secondo l'autorizzazione a un maggior indebitamento netto. Senza autorizzazione all'indebitamento, il governo non può emettere titoli semplicemente perché non ha nulla da finanziare.Il governo ha fatto esattamente questo, ma l'ha fatto tardi e per importi insufficienti. Infatti il 5 marzo, con mezza Italia già ferma, il governo ritenne sufficiente chiedere un'autorizzazione per soli 6,3 miliardi di indebitamento netto e 7,5 come saldo netto da finanziare. Salvo correre ai ripari soli 5 giorni dopo, ed elevare quegli importi rispettivamente a 20 e 25 miliardi. Con quella modesta cifra il governo ha finanziato due decreti legge emanati il 17 marzo (decreto Cura Italia) e 8 aprile (Liquidità). Poi il nulla fino al 24 aprile, quando il governo richiedeva autorizzazione per 55 miliardi di indebitamento netto e 155 di saldo netto da finanziare, dando origine al decreto Rilancio (fu decreto aprile) arrivato solo il 19 maggio.Il tema è tutto qua: le nostre emissioni sono state insufficienti rispetto ai nostri partner europei semplicemente perché le leggi da finanziare richiedevano solo i modesti fabbisogni prima elencati. Al ministro Roberto Gualtieri e all'intero governo andrebbe chiesto: perché, quando già ai primi di marzo e, ancor più agli inizi di aprile, gli indicatori anticipatori segnalavano una crisi economica senza precedenti per l'Italia, si sono limitati a provvedimenti così esigui, recuperando qualcosa solo ad aprile e maggio, mentre la Francia ha fatto emissioni di titoli per più del doppio?Il tutto è accompagnato da un'aggravante: gli acquisti netti della Bce. In quello stesso trimestre la Bce ha acquistato 63 miliardi di titoli italiani, 46 miliardi di titoli francesi, 37 miliardi di titoli spagnoli e 56 miliardi di titoli tedeschi. Quindi la Bce ha eseguito acquisti netti sul mercato secondario superiori per ben 5 miliardi rispetto alle emissioni nette del Tesoro. In pratica, la Bce ha strappato i titoli di mano alle banche e agli investitori esteri per riuscire a completare i suoi acquisti di titoli italiani. Esattamente l'opposto della Francia, le cui emissioni nette per 135 miliardi sono finite, sia pur via mercato secondario, alla Bce per soli 46 miliardi. Tutto il resto è finito sul mercato.Giovedì 25, il ministro Gualtieri ha avuto modo di rispondere al Senato a un'interrogazione del senatore Alberto Bagnai proprio su questi temi e non ha dissipato nessuno dei dubbi fin qui sollevati. Ha dapprima insistito sulla rilevanza delle emissioni lorde anziché nette, poiché queste ultime sono influenzate dai rimborsi. Ma Gualtieri così finge di ignorare che se le emissioni lorde finissero tutte in rimborsi, al finanziamento del fabbisogno non finirebbe nemmeno un centesimo. È il valore netto di acquisti che rileva ai fini della misura dello sforzo del governo per sostenere il Paese. È mai possibile dover ricordare aspetti così elementari a un ministro dell'Economia?Poi Gualtieri fa una rivelazione clamorosa: a marzo, almeno nella prima metà, non si potevano fare emissioni perché non c'erano le condizioni di mercato. Infatti solo dal 18 partì il programma Pepp. Ma anche qui Gualtieri finge di ignorare che, ben prima del Pepp, il programma Pspp già dal 12 marzo aveva aumentato il suo volume ed in quel mese Bce aveva acquistato ben 12 miliardi di titoli italiani (il 41% del totale acquisti di titoli nazionali). Quindi perché a marzo il Tesoro faceva rimborsi netti di titoli per 22 miliardi, mentre la Francia, anch'essa ben sostenuta da acquisti Bce, faceva emissioni nette per 30 miliardi? Stupisce che, con un mercato così ben disposto verso titoli pubblici con rendimento peraltro favorevole rispetto a quello degli altri Paesi europei, il governo non abbia spinto sull'acceleratore dei provvedimenti di spesa e di taglio di imposte e non abbia fatto ricorso al mercato così come hanno fatto Francia e Germania. Nel frattempo mezzo Paese è rimasto sott'acqua per settimane.
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
Rod Dreher (Getty Images)