2021-06-15
Sulla pandemia i filosofi si zittiscono da sé
Ermanno Bencivenga (Leonardo Cendamo/Getty Images)
Ermanno Bencivenga rivela: «A marzo, un giornalista chiede a 34 pensatori di partecipare a un pamphlet su virus e globalizzazione. Solo io accetto l'invito al dialogo: gli intellettuali, piuttosto che correre il rischio di esprimere tesi scomode, preferiscono restarsene muti».Il 2 marzo scorso ricevetti un messaggio di email da Mario Sala, qualificatosi come giornalista, che conteneva quanto segue: «La pandemia sanitaria mondiale da Covid-19, tra le varie riflessioni, ha fatto emergere nelle coscienze più attente la necessità di riconsiderare la globalizzazione nella sua accezione di automatica, inevitabile e positiva conseguenza del processo evolutivo del genere umano. La domanda potrebbe essere: l'omologazione del pianeta è la giusta strada da percorrere o non è invece la dimostrazione di cosa succede quando si persegue, con pervicacia, la via dell'iperbole, del fuoriscala, dell'inumano? Non corriamo il rischio di dover prima o poi sottostare ad un sistema mondiale controllante e orientante le masse, attraverso l'economia e la sanità? Quale libertà espressiva/decisionale è rimasta al singolo individuo ed in quali ambiti la può ancora esercitare? Io credo che la sindrome del fuori scala, cioè la scelta di modi, azioni, obiettivi oltre misura, sproporzionati per eccesso, abnormi e per questo forieri solo di problematiche più o meno irrisolvibili: città bulimiche, spostamenti isterici, stili di vita distonici, eccetera abbia portato ad una globalizzazione dominata e dominante tramite un pensiero unico, ipertrofico, dopato, espressione di un'ipotetica comunità democratica mondiale unita ma in realtà da questo frammentata ad arte come mai prima, disunita fin nei suoi gangli più intimi. Un pensiero unico che annulla di fatto il pensiero critico dei dissidenti mettendolo alla berlina come anomalo, insano, quando non addirittura bollandolo con il marchio dell'eresia. Certamente, e non potrebbe essere diversamente, anche il mio pensiero deve però essere messo in discussione, essere fonte di dibattito. Ma è proprio il dibattito, lo scambio di idee, che mi sembra mancare, sostituito dalla acritica accettazione della realtà e dalla mancanza di una visione futura. Ecco perché vorrei chiederle come filosofo una sua breve riflessione scritta in merito al tema sollevato: Globalizzazione, pro o contro? Le riflessioni (massimo 3 cartelle) saranno raccolte in un breve saggio-pamphlet che verrà poi trasmesso via email ai partecipanti come libera e gratuita donazione del pensiero di ognuno dei partecipanti agli altri (secondo la metodologia in uso nella mail-art delle arti visive). Se i filosofi partecipanti esprimeranno il loro consenso per iscritto, il pamphlet verrà poi fatto circolare sui social networks e nel caso si presenti la possibilità di stampare una versione cartacea per la distribuzione attraverso un editore sarà mia cura chiedere la liberatoria ad ogni singolo filosofo». In calce al messaggio, si indicava chi era stato invitato a partecipare. Per carità di patria, vi risparmierò i nomi, ma si sprecavano i soliti noti che distribuiscono sagge riflessioni nel nostro Paese, dagli studi televisivi, da libri e giornali e dai palchi di innumerevoli festival culturali. Non conoscevo e non conosco Sala, ma ammirai il suo impegno e fui affascinato dalla sua proposta di stabilire una conversazione fra persone di varie estrazioni e tendenze su un tema così urgente. Il gruppo da lui sollecitato mi sembrò una buona combinazione di tradizionalisti e rivoluzionari, vecchi e giovani, pensatori da salotto e rigorosi animali accademici, storici e teorici, analitici e continentali. Tutte persone con le quali avrei avuto piacere di confrontarmi. Mi misi dunque al lavoro e poco dopo le mie tre cartelle erano pronte. Le spedii l'8 marzo e a lungo non ebbi più notizie. Finalmente, il 9 giugno, arrivò una nuova comunicazione, che diceva in parte: «Con grande delusione la informo che il pamphlet Globalization non verrà realizzato per la mancanza di materiale pubblicabile. Su 34 filosofi invitati a partecipare solo uno ha accettato con entusiasmo e ha inviato con celerità e zelo il proprio contributo scritto, altri con motivazioni diverse (opinabili ma legittime) hanno preferito declinare, molti non hanno neppure risposto alla email d'invito. Peccato, perché l'iniziativa puntava a riscoprire la gratuità del gesto collaborativo tra persone, per fare in modo che pensieri critici sulla globalizzazione fungessero da solidi nodi di una robusta corda(ta) di opinioni da mettere a disposizione non solo dei partecipanti ma anche dei fruitori spesso acritici o faziosi dei social networks. Peccato!, ripeto, perché ogni lasciata è persa, dice un proverbio. Ciò che poteva produrre questa piccola iniziativa non lo saprà mai nessuno, così come nessuno saprà mai di questo “snobismo degli addetti ai lavori" anche se la tentazione di disvelarlo è forte. Personalmente speravo che in questi tempi avidi di parole ma aridi d'azione si potessero coniugare pensieri alti in un'iniziativa concreta, soprattutto considerando quanto la pandemia ha ulteriormente sfilacciato i già deboli legami sociali».Posso solo congetturare i motivi che hanno spinto la quasi totalità degli invitati a declinare o ignorare l'invito. Cautela? Troppo occupati? (Mi capita spesso di dire che, per fortuna, io non ho un cazzo da fare). Poco lustro associato all'iniziativa? Oppure qualche guru preferisce predicare solitario da un pulpito piuttosto che scendere in piazza a discutere con altri? Ci sono mille scuse che i singoli possono usare per chiamarsi fuori, mille ragioni che possono invocare per salvarsi l'anima (e la faccia). Rimane la statistica, inesorabile accusatrice; rimane, oltre al comportamento dei singoli, il comportamento del gruppo, che ha una sua propria logica (o illogica). Trentatré «filosofi» su 34, invitati al dialogo, hanno scelto il silenzio; stimolati a un piccolo sforzo per un progetto comune, hanno preferito rinunciare. Che cosa avrebbe detto di loro, di noi, Socrate, che ci ha insegnato il mestiere? Con tutto il rispetto per le ragioni dei singoli, lasciate che un singolo esprima una sua emozione: mi vergogno di far parte di questa categoria di persone.