2021-01-05
Sul Conte sventola bandiera bianca
Giuseppe Conte (Ansa/iStock)
Nella notte ennesimo consiglio dei ministri per varare restrizioni sempre più assurde da capire e rispettare. Gli italiani non ce la fanno, molti si arrendono. Nel frattempo è stata desertificata l'economia e sono state massacrate intere categorie senza risultati nella lotta all'epidemia. E prosegue anche lo scempio sulla scuola: la riapertura è un rebus, le Regioni vanno ognuna per conto suo. Cappuccio, fette biscottate e marmellata di norme. Come vi sentite stamattina? Noi, purtroppo, dobbiamo favorire la solita colazione da mal di pancia. Ieri sera infatti il Consiglio dei ministri si è riunito per varare le nuove (ennesime) regole: mentre scriviamo ancora non sappiamo con certezza quali siano, ma sappiamo con certezza che mentre le leggeremo faremo fatica a capirle. A ricordarle. E a rispettarle. Ma non per cattiva volontà: proprio perché sono incomprensibili. Di qui l'emergenza sanitaria personale che si aggiunge all'emergenza sanitaria nazionale: trattasi di un fastidioso moto tellurico dell'intestino che ci spinge a correre in bagno con la carta igienica in una mano e il decreto del governo nell'altra. Cercando di non confonderli. E di non confonderci. Impresa sempre più difficile, ormai. La mamma e il papà ci hanno insegnato che bisogna rispettare le norme. E noi vorremmo farlo, per l'amor del cielo. Ma come si fa se le norme cambiano con frequenza da ultrasuoni, cioè così alta da non poter essere percepita dall'uomo? Fateci caso: non si fa in tempo a imparare ciò che si può fare e già non si può più fare. Le tabelle del governo, ormai, vengono compulsate dagli italiani come l'oracolo di Tutankhamon. Oggi sei in zona rossa, poi diventi arancione, ma prima stai un pochino in giallo. Ma perché? Per abituarti al futuro cinese? E dopo? Potresti tornare in zona rossa. Ma anche un po' in zona arancione. O forse in zona gialla. O forse in zona bianca. Bianca? Zona bianca non l'ho mai sentita. Appunto. Appunto cosa? Dobbiamo vederne di tutti i colori. E pure senza colori. Così qualche parte d'Italia può diventare bianca. Come la paura? No, come la bandiera. Ma sì, alziamo bandiera bianca. Ci arrendiamo. Ci siamo arresi. I decreti compulsivi del governo sono ormai come il celebre disco di Festo a Creta: un mistero che nessuno sa tradurre. Molti ci si applicano, per la verità, ma con risultati paradossali. A pranzo dalla nonna posso andare? Oggi sì, domani no. Dopodomani? Vediamo che dpcm fa. Mio figlio può venire? Sì, ma solo se ha meno di 15 anni. Altrimenti? Abbandonalo all'autogrill. E suo fratello? Mettilo a dieta. E se devo andare a trovare un amico? Basta che siate in due, in fila per sei riporto quattro. Posso attraversare i confini delle Regioni? Sì, ma solo con il piede destro nei giorni dispari e con il piede sinistro nei giorni pari. E quelli comunali? Sì, ma solo saltando la corda o con un monopattino trainato da un coccodrillo. E le seconde case? Sì, ma solo se dentro avete un divano bordeaux o un lampadario a goccia, e se il numero civico è superiore a 7. Se invece il numero civico è inferiore a 7 ma superiore a 4, potete andare nella seconda casa ma, in quel caso, dovete dormire per terra. Vi sembra assurdo? Forse, ma i nostri esempi strampalati non sono troppo diversi da quelli che escono dalle interminabili riunioni governative. Le quali riunioni hanno anche un altro pregio: arrivano sempre all'ultimo minuto. Diranno gli esperti: bisogna tenere sott'occhio l'evoluzione dei dati. Sicuro. Ma siamo proprio sicuri che aspettare l'ultimo secondo possibile per emanare il nuovo decreto sia sempre la scelta migliore? Non c'è nulla che si possa anticipare? Oppure prevedere? I mutamenti del virus sono così repentini? Davvero il decreto che hanno approvato ieri sera non si poteva approvare venerdì scorso, dando a tutti modo di leggere le norme per tempo, e non soltanto qualche minuto prima della loro entrata in vigore? Siamo sicuri che la riapertura delle scuole non poteva essere decisa e organizzata con più chiarezza a dicembre? O forse anche a novembre? Non si poteva pensare per tempo a mezzi, orari e personale? Era proprio necessario arrivare all'incertezza di queste ore? Con confusione che si aggiunge a confusione? Lo ripetiamo: noi siamo devoti al rispetto delle regole. Educazione familiare e tradizione sabauda ci spingono all'ortodossia della disciplina. Ma le regole per poter essere rispettate devono essere chiare, dirette, precise; devono arrivare in tempo e rimanere ferme. Non dico scolpite nella pietra, ma per lo meno non scritte nel vento, come quelle di Conte, che non fai tempo a finire di leggerle e sono già cambiate. Gli italiani hanno dimostrato, durante questa pandemia, di essere molto ligi. Hanno accettato tutto, hanno assolto ogni obbligo e rispettato ogni divieto. Ma negli ultimi tempi essere ligi è diventato impossibile. Non è che non vogliono. Proprio non ci riescono. A parte qualche campione di enigmistica che miracolosamente decifra il rebus dpcm e, forse, qualche dotto traduttore dal sanscrito, per tutti gli altri, per gli esseri normali, insomma, è un'impresa capire quello che si può e non si può fare. E così, alla fine, i più ci rinunciano. Risultato? Come sempre: la montagna di regole partorisce un risultato topolino. Dopo le vacanze di Natale più tristi della nostra storia, rinchiusi in casa, senza feste e senza amici, ci troviamo con una situazione dei contagi tutt'altro che sotto controllo, una curva epidemiologica che fa paura, l'allarme degli esperti e la necessità di ulteriori chiusure. Abbiamo desertificato l'economia, abbiamo massacrato bar, ristoranti, commercianti, albergatori, gestori di palestre, abbiamo imposto la chiusura di attività commerciali e artigianali, abbiamo messo in ginocchio le imprese. Ma senza riuscire a mettere sotto controllo virus. Evidentemente eravamo troppo impegnati a produrre decreti su decreti, in stile dieci piani di morbidezza, per accorgerci che stavamo finendo anche noi come la carta igienica. Dentro un buco nero. Anzi, marron.