2025-06-21
Sul cambio di regime fanno le piroette
Archiviate primavere arabe e golpe a mezzo spread, i progressisti invitano alla cautela in Medio Oriente. Finalmente. Ma allora ammettano: la logica dei diritti non è assoluta.Archiviata la stagione delle primavere arabe, abbandonate le speranze di deporre Vladimir Putin e ancorché imbarazzati per la spregevolezza della teocrazia islamista, i progressisti oggi inorridiscono al pensiero di un cambio di regime in Iran. L’Europa, che gongolò per il tentato golpe del gruppo Wagner in Russia, non supporta la cacciata di pasdaran e ayatollah; sul Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi ricorda che «l’idea di intervenire in un Paese o in una società stranieri per mutare a proprio favore la loro forma di governo ha sortito risultati per lo meno dubbi negli ultimi decenni»; il Manifesto accusa Israele di voler portare «il caos in Medio Oriente»; il Domani diffida di una «transizione verso la democrazia» imposta «con le bombe».Tutto giustissimo. Esportare stili di vita e sistemi politici come fossero lattine di Coca-Cola e serie tv è un progetto sgangherato, pericoloso. I neocon l’hanno data a bere per poco alla gente, ai tempi delle campagne in Afghanistan e Iraq. Solo che, per coerenza, se ne dovrebbe concludere che la dottrina dei diritti umani e del diritto internazionale non può essere oltranzista. Sullo scacchiere, la forza, il potere, il gioco degli equilibri e gli interessi, talora biechi, finiscono per contare di più della giustizia astratta. Altrimenti, spieghino i liberal quand’è che i loro totem etici motiverebbero, in varie forme, un intervento occidentale e quando, invece, sarebbe lecito tirare avanti fischiettando. Abbiamo mandato armi all’Ucraina perché indignati dagli abusi dello zar; riempiamo le piazze per Gaza martoriata; per Teheran cosa proponiamo? Dopo l’uccisione di Masha Amini, la ragazza arrestata dalla polizia morale per aver indossato male il velo - e poi, sulla scorta della carcerazione arbitraria di Cecilia Sala - la stampa si era giustamente indignata per la ferocia della dittatura sciita. Repubblica aveva persino scritto che, da Giulia Cecchettin alla ventiduenne vittima degli ayatollah, «la rabbia delle donne» si sarebbe trasformata «in un potente strumento di cambiamento». Anche cambiamento di regime? Perché allora bisogna essere onesti: se da un lato è vero che una democrazia liberale non attecchisce, in assenza di una società e di una cultura disposte a svilupparla, è vero anche che quella società, di solito, non può essere liberata che con le armi. Sia che esse vengano imbracciate dai cittadini, sia che la rivoluzione venga favorita dall’offensiva militare di una potenza straniera - quali chance avrebbero avuto i partigiani italiani, senza il sacrificio degli Alleati? Chi risponde con il cineforum su Lolita a Teheran, vuole buttare la palla in angolo. Oppure apprezza soltanto le tecniche subdole: da noi, per il cambio di regime, non sono servite né la cultura né le bombe; sono bastati lo spread e il Covid. Ci si deve decidere. La smania del regime change è un’autostrada per l’inferno? In tal caso, bisognerà accettare che l’epoca dell’internazionalismo liberale, con le sue regole di condotta, istituite in buona fede ma pure per blindare l’egemonia americana, è al tramonto. L’umanitarismo è ancora un valore assoluto? Se è così, ci si armi e si parta per ogni luogo di sofferenza; gli scempi di Muammar Gheddafi non erano peggiori di quelli di Ali Khamenei.Oppure il sottinteso è un altro? Che il cambio di regime va bene se lo pretende chi ci sta simpatico? E al contrario, quando lo persegue l’odioso e odiato Benjamin Netanyahu, s’invoca il negoziato? Il negoziato stesso è sacrosanto, se lo caldeggiano Emmanuel Macron ed Elly Schlein, mentre è un atto di codardia se Donald Trump, benché abbia schierato jet e portaerei, cerca un ultimo canale di dialogo? Trump always chickens out, Trump si tira sempre indietro, lo dileggiano Oltreoceano. L’escalation, quindi, andava bene in Russia: quella di Joe Biden era «controllata», strategica. Un colpo di genio. E in Medio Oriente? Ci spaventa il prezzo del petrolio e non ci spaventava il prezzo del gas?Loro, quelli che una volta leggevano il Libretto rosso, dovrebbero saperlo: la rivoluzione non è un pranzo di gala. Di sicuro, non la si fa a colpi di editoriali.
(Totaleu)
Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento europeo, Antonella Sberna (FdI), a margine dell'inaugurazione della Half Marathon Città dei Papi.
Silvio Berlusconi e Claudio Lotito al Senato in una foto del 13 ottobre 2022 (Getty Images)
Nel giorno in cui Silvio Berlusconi avrebbe compiuto 89 anni, Claudio Lotito gli dedica una lettera affettuosa: «Il modo in cui hai amato gli italiani continua a sostenerci. Hai realizzato tutti i tuoi sogni, rendendo l’Italia riconoscibile nel mondo».
«Caro Presidente, caro Silvio, auguri. Oggi compi gli anni, e anche se non sei fisicamente presente non è un problema. Potrà sembrare poco ortodosso usare questa espressione, ma il modo e l’intensità con cui hai amato gli italiani, così tanto e così profondamente, continuano a sostenerci anche se tu non ci sei più. È una cosa che è rimasta in ognuno di coloro che hanno capito che il tuo valore, come politico e come uomo, dipendevano anzitutto dalla maniera in cui i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri e le tue azioni contribuivano allo sviluppo dell’esistenza degli altri individui. Credo che muoia lentamente chi non vive le proprie passioni, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle ‘i’ piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi. Caro Presidente, caro Silvio, il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. E tu hai vissuto tutti i tuoi sogni: da imprenditore, da uomo di sport e da politico, tutti realizzati rendendo l’Italia riconoscibile al mondo. Auguri Presidente! Auguri Silvio!». Lo dichiara il senatore Claudio Lotito.
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