
Esecutivo in confusione sulla revoca della concessione. Luigi Di Maio: «è inevitabile», Giuseppe Conte: «Non la chiediamo», Paola De Micheli: «Vedremo a gennaio». E l'opzione del decreto d'urgenza potrebbe non convincere il Quirinale. La pausa natalizia non solo non ha sciolto il nodo Autostrade, ma lo ha ulteriormente ingarbugliato, candidando questo dossier rovente a rappresentare per i giallorossi ciò che la Tav fu per i gialloverdi: l'inizio della fine. Riassunto delle puntate precedenti. La sera del 23 dicembre doveva esserci un vertice di maggioranza: clamorosamente saltato per dissenso dei renziani. Morale: nel decreto Milleproroghe è stato infilato un articolo (nell'ultima bozza, era il 38) che è e rimarrà oggetto di contesa, con Italia viva che ha letteralmente avvertito il resto della maggioranza («Ci vediamo in Parlamento»), minacciando guerriglia in sede di conversione del decreto.E che prevede questa norma? Per un verso, che in caso di revoca di una concessione autostradale - e in attesa di una nuova gara - subentri Anas. E per altro verso - ecco la bomba - che, in caso di revoca per inadempimento del concessionario, si applichi l'articolo 176, comma 4, lettera a del decreto legislativo 18 aprile 2016, n° 50. E che cosa stabilisce questa norma a cui si fa richiamo? Che il concessionario inadempiente a cui si imponga la revoca non riceva più i mega indennizzi teoricamente previsti (una specie di «manovra» per peso economico), ma solo il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori (per i giuristi, la norma precisa: al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionari). Non un euro di più. Di tutta evidenza, una doccia gelata per Autostrade. I favorevoli alla norma fanno notare che, dopo i fatti del ponte Morandi (e dopo ciò che è emerso successivamente), la posizione di Autostrade è divenuta letteralmente indifendibile. I contrari replicano che la norma riguarda tutti i concessionari autostradali e dunque può creare sfiducia presso gli investitori. Sta di fatto che, prima ancora che si giunga all'esame parlamentare del decreto Milleproroghe, appare già clamorosa la divaricazione tra tre figure apicali dello stesso esecutivo, che, il 24 mattina, sono riuscite a offrire in tre distinte interviste tre interpretazioni opposte della stessa norma. Obiettivamente, una scena senza precedenti, pur in un teatro romano che ha visto molti governi litigiosi nell'arco dei decenni.Secondo Conte stesso, intervistato dal Messaggero, «non chiediamo la revoca» della concessione. Esattamente il contrario di quanto sostenuto da Luigi Di Maio in un colloquio con La Stampa: «Per Autostrade non c'è alternativa. Bisogna revocare la concessione». Per chi non avesse capito bene, il leader grillino ha rincarato la dose: «Non c'è altra soluzione alla revoca». E ancora, in modo surreale, alla luce delle altre interviste dei suoi colleghi dell'esecutivo: «Su questo il governo è compatto, e se qualcuno la pensa diversamente aspetto di ascoltare le loro motivazioni, sono curioso». La terza versione è stata fornita dalla titolare delle Infrastrutture, Paola De Micheli, intervistata dal Corriere della Sera: «La revoca è una procedura separata sulla quale stiamo ancora acquisendo dati. A gennaio saremo in grado di prendere una decisione». Insomma, versione uno: no alla revoca. Versione due: sì alla revoca. Versione tre: decisione ancora da prendere. Una sola cosa appare chiara: davanti a queste tre strade, imboccarle contemporaneamente tutte e tre appare impossibile. Qualcuno perderà questa partita, e i riflessi sulla tenuta della maggioranza sembrano inevitabili. Restano sullo sfondo almeno tre questioni tutt'altro che piccole o irrilevanti. Primo. Comunque la si pensi sulla norma, non sembra facilissimo ritenerla dotata di quei requisiti di necessità, straordinarietà e urgenza richiesti per un decreto legge. Il presidente Sergio Mattarella, già giudice costituzionale, sarà d'accordo? Secondo. Nei mesi passati, si era fatta strada l'ipotesi di mediazione di immaginare una revoca solo rispetto ad alcune singole e specifiche tratte autostradali. Ma c'è chi fa notare che alcune concessioni sono molto complesse e intrecciate: tali cioè da rendere difficile un ipotetico «spacchettamento». Terzo. Che farà la maggioranza? Davvero si consegnerà al caos (e al caso), andando senza alcuna preparazione al rodeo degli emendamenti in Parlamento? O, in alternativa, sceglierà la ghigliottina del voto di fiducia, con i rischi che ciò comporta? O invece - dopo le urla - sarà in calendario un qualche nuovo incontro per mediare? Certo, tornando alle tre interviste, ha sorpreso molti l'estrema cautela della De Micheli, e una certa freddezza verso Autostrade, che invece la neo ministra - a settembre, appena nominata - aveva difeso, sostenendo con nettezza la linea della revisione e non della revoca della concessione. Che può essere successo, da settembre ad oggi? Forse può essere accaduto che anche al ministero delle Infrastrutture si siano resi conto dell'indifendibilità di Autostrade, oltre un certo limite.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)
L’aggressore è un gambiano con una lunga fila di precedenti, però si era visto accordare la protezione speciale per restare in Italia. I clandestini sono 50 volte più pericolosi, ma sinistra e magistrati legano le mani agli agenti.
Vittime sacrificali di criminali senza pietà o effetti collaterali della «inevitabile» migrazione di massa? In questo caso il grande abbraccio che tanto intenerisce la Cei si concretizza con un pugno, una bottigliata, un tentativo di strangolamento, qualche calcione mentre era a terra, sputi, insulti. «Mi diceva che mi avrebbe ammazzata», scrive sui social Stephanie A., modella di origini brasiliane, aggredita lunedì sera nello scompartimento di un treno regionale Trenord della linea Ponte San Pietro-Milano Garibaldi, nella zona di Arcore. La giovane ha postato gli scatti dei colpi subìti ma anche alcune foto che ritraggono l’aggressore, fondamentali per identificarlo. Il suo appello non è caduto nel vuoto.





