2019-12-04
Studenti italiani bocciati in lettura ma il ministro pensa all’ambiente
L'indagine Ocse-Pisa mostra che i quindicenni italiani sono peggiorati nella comprensione dei testi complessi e segnala l'aumento di assenze e indisciplina. Lorenzo Fioramonti insiste: «Un'ora a settimana di ecologia in classe».C'è un grosso problema che incombe sulla scuola italiana. E no, non ha a che fare con il razzismo, il bullismo, l'educazione all'affettività e altre baggianate di tal fatta. Il fatto è che gli studenti italiani - o almeno una parte di essi - hanno difficoltà con la lettura. La questione emerge dal rapporto Ocse-Pisa. Si tratta di una «indagine triennale che valuta in quale misura gli studenti di quindici anni nel mondo abbiano acquisito le conoscenze e le competenze chiave essenziali per la piena partecipazione alla società». All'indagine (che si è svolta nel 2018) hanno partecipato 11.785 studenti in 550 scuole. E i risultati non sono esattamente incoraggianti. La rilevazione statistica tiene in considerazione tre ambiti di competenza: lettura, scienze e matematica. «Nel 2018, l'Italia ha ottenuto un punteggio inferiore alla media Ocse in lettura e scienze e in linea con la media Ocse in matematica. La prestazione media dell'Italia è diminuita, dopo il 2012, in lettura e in scienze, mentre si è mantenuta stabile (e al di sopra del livello osservato nel 2003 e 2006) in matematica». In buona sostanza, rispetto alla precedente rilevazione, gli studenti italiani quindicenni sono peggiorati in lettura. Intendiamoci: non stiamo parlando di analfabeti. Il 77% dei ragazzi ha raggiunto il livello 2 di competenza in lettura, un dato che è pari alla media Ocse. Significa che questi studenti «riescono a identificare l'idea principale in un testo di lunghezza moderata, trovare informazioni basate su criteri espliciti, anche se a volte complessi, e possono riflettere sullo scopo e sulla forma dei testi se esplicitamente guidati». Purtroppo però soltanto «il 5% degli studenti in Italia si colloca ai livelli più elevati», contro la media Ocse del 9%. Tradotto: quando si tratta di esaminare e comprendere testi più complessi, soltanto uno studente su 20 ce la fa. Quando i testi sono più semplici, invece, uno studente su 4 è carente. In piccola parte, tale peggioramento è influenzato dall'aumento della presenza di immigrati. Nel 2009 erano il 6%, nel 2018 il 10%, di cui 3 su 7 «svantaggiati dal punto di vista socio economico». Gli studenti migranti che hanno raggiunto la fascia più alta di rendimento in lettura sono il 14% del totale, mentre la media Ocse è del 17%. Ma il problema va ben oltre la presenza di stranieri. Tanto per cominciare, si notano pesanti differenze tra Nord e Sud. Riguardo alla lettura, il punteggio medio Ocse è 487. Ebbene, nel Nord Ovest del nostro Paese il punteggio medio è di 498, nel Nord Est siamo addirittura a 501. Ma già al centro si scende a 484, e al Sud arriva il disastro: punteggio medio di 453 che scende a 439 nelle isole. Ci sono differenze anche tra maschi e femmine (le ragazze, in lettura, superano mediamente i ragazzi di 25 punti). E non è finita. Il rapporto segnala problemi anche riguardo il comportamento in classe: «Rispetto agli studenti quindicenni di altri Paesi Ocse, gli studenti italiani hanno perso una maggiore quantità di tempo scuola a causa di assenze e indisciplina in classe. Circa il 57% degli studenti ha saltato un giorno di scuola nelle due settimane precedenti il test Pisa (media Ocse: 21%) e il 30% degli studenti in Italia (media Ocse 26%) ha riferito che il loro insegnante di italiano, all'inizio della maggior parte delle lezioni, deve attendere a lungo perché gli studenti si calmino». La complessità della situazione è evidente. Al Nord, tutto sommato, le cose non vanno poi così male e si registrano pure punte di eccellenza. Al Sud e in particolare nelle isole, al contrario, il quadro è nerissimo. Viene da pensare che questo, purtroppo, sia il risultato di anni e anni di politiche scriteriate riguardanti la scuola. I ragazzi faticano sempre più a leggere, e di certo hanno un peso le 4 ore al giorno circa (di cui una a scuola) che passano sul Web, contro le 2 che vi trascorrevano nel 2012. Eppure il ministro Valeria Fedeli fu molto solerte nel dare il via libera ai dispositivi digitali a scuola, e il suo successore, Marco Bussetti, chissà perché decise di non porre rimedio. Un altro problema sono i libri di testo. Questo giornale, circa un anno fa, ne ha esaminati parecchi. Al di là dell'evidente sbilanciamento politico a sinistra, il guaio è che la gran parte dei manuali sembra rivolta a bambini delle elementari. Il livello medio è piuttosto basso, dunque non sorprende il fatto che siano così pochi gli studenti in grado di affrontare un testo complesso. Vi risulta che qualche politico, ultimamente, ci abbia fatto caso? Nel dibattito pubblico sulla scuola, tali questioni non vengono mai affrontate. Si fa un gran parlare del fatto che i ragazzi dovrebbero studiare più storia contemporanea (politicamente orientata, chiaro), ma viene da chiedersi come potranno farlo se non saranno più in grado di leggere adeguatamente. Il crollo delle competenze in lettura dovrebbe diventare la priorità per i responsabili dell'Istruzione. Ma l'attuale guida del ministero, Lorenzo Fioramonti, sembra più interessato ad altri temi. Prima di concedere giustificazioni a chi sciopera per il clima bisognerebbe occuparsi della disciplina in classe, tanto per fare un esempio. Ancora due giorni fa, però, Fioramonti insisteva con le ore di «educazione ambientale», che saranno previste «all'interno dell'insegnamento di educazione civica che verrà reintrodotto dal prossimo anno scolastico». Si pensa ai diritti, alla «rivoluzione digitale», alla storia recente e recentissima. E intanto i giovani disimparano a leggere. Ecco la «scuola inclusiva» con cui la cultura progressista (e non solo) ci ha imbottito la testa per anni. Una scuola di basso livello, con enormi differenze che nessuno colma, piena di studenti che faticano a stare calmi e a concentrarsi. Altro che educazione ambientale, qui è l'istruzione a venire meno.
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