2022-11-11
Studentessa vuole passare per maschio. Il prof non ci sta ma adesso rischia lui
Alunna trans firma il compito al maschile, il docente replica: «Ho davanti una donna». Insorgono i collettivi: «Va punito». «Nomina nuda tenemus», scriveva Umberto Eco alla fine de Il nome della rosa. Possediamo soltanto nudi nomi. E invece al liceo scientifico Cavour di Roma non è così. Ormai anche il nome dipende dal genderfluid, dalla disforia di genere, dalla transizione ormonale. E uno stimato professore può entrare in una valle di lacrime per il semplice fatto di vedere una ragazza e di chiamarla al femminile. «Io di fronte ho una donna, non un uomo», ha detto il docente rifiutandosi di accettare il compito in classe firmato da lei (lui) con «il nome di elezione» rigorosamente al maschile. L’insegnante cancellava la firma, lo studente transgender la ribadiva. Morale, tutti dal preside. Poi è partito il cinema secondo il consueto copione: prof massacrato su Instagram, collettivi studenteschi sul piede di guerra (oggi un’ora di sciopero, of course), comunità Lgbtq+ in allarme e richiesta di Gay Help Line al ministro Giuseppe Valditara «di intervenire con immediate verifiche ed eventuali provvedimenti disciplinari». Al di là della scontata strumentalizzazione, la faccenda è delicata. È il classico corto circuito fra il situazionismo del docente, la fluidità non binaria che accompagna lo studente di 17 anni (nato geneticamente femmina ma che da due anni si sente maschio) e la difficoltà della società di entrare in sintonia con la pretesa discontinuità fra sesso e identità di genere, ovvero la percezione personale che ciascuno ha di sé. Ormai la parola «binario» ha a che fare solo con le ferrovie.La tempesta culturale e psicologica travolge il professore, messo sotto accusa per aver semplicemente definito ciò che ha visto: «Io ho di fronte una donna, non un uomo». La frase cosiddetta sessuofobica, discriminatoria, sarebbe questa. Lui pagherà (c’è da scommetterlo) per avere detto la verità, o quantomeno per avere identificato secondo canoni riconosciuti e condivisi la realtà fattuale. Una realtà che, però, per il ragazzo rappresenta un’offesa: ha da poco ottenuto di percorrere «la carriera alias» dai servizi sociali pubblici (servano gli impervi sinonimi per mettere a fuoco l’idea di transizione); ha patito psicologicamente nello spiegare ai genitori la sua mutata condizione; ha infine ottenuto dalla scuola un insegnante di sostegno e il riconoscimento del nuovo stato, che si è concretizzato con un profilo alternativo sul registro di classe e sui documenti scolastici. Il liceo scientifico Cavour è stato il primo in Italia a varare un regolamento speciale che prevede per i ragazzi transgender l’uso del nome scelto anziché di quello anagrafico. La spinta arriva probabilmente da un precedente doloroso: in quell’istituto superiore studiava Andrea, «il ragazzo dai pantaloni rosa» che si tolse la vita a 15 anni; i pm esclusero il bullismo omofobico dei compagni. Gay Help Line sottolinea: «Non possiamo permettere né accettare che episodi di questa gravità continuino ad accadere nell’indifferenza, soprattutto in luoghi che dovrebbero essere protetti come la scuola». C’è un’altra verità, oggi essere insegnati è sempre più difficile. «Quando il professore è tornato con la prima verifica di arte ho trovato il mio nome d’elezione barrato e ci aveva riscritto il mio nome alla nascita», ha spiegato lo studente protagonista del caso. «Allora ho protestato, gli ho detto di rispettare il regolamento e lui mi ha urlato contro che non gli importava nulla ma che davanti a sé vedeva una donna, quindi non poteva considerarla un uomo. Mi ha umiliato, temevo che mi prendesse un attacco di panico perché mi ha chiamato con il mio nome di nascita di fronte a tutti». Neanche l’avesse accusato di essere sovranista o putiniano. Qui è completo il tuffo dentro la psicanalisi o almeno dentro il mondo di Socrate e di quel «conosci te stesso» che da duemila anni va oltre le convenzioni. Se ci fosse spazio per l’ironia bisognerebbe citare Groucho Marx, che furbescamente diceva: «Gli uomini sono donne che non ce l’hanno fatta», ma in questi casi il clima è sempre plumbeo. E l’orizzonte problematico.Quello del professore di sicuro. Ora è nel mirino del collettivo studentesco molto comunista intitolato a Tommie Smith (l’atleta che vinse l’oro nei 200 piani a Mexico City e si presentò sul podio con il pugno guantato delle Black Panther) e del mondo genderfluid. La rete delle associazioni gay ha fatto intervenire il Miur, spinge perché il docente sia sospeso. Qui è fondamentale, per il bene di tutti, che le istituzioni mantengano la vicenda dentro un alveo di moderazione e non si prestino a derive giustizialiste prive di senso. Come purtroppo accade nei campus universitari degli Stati Uniti, dove carriere di prim’ordine vengono stroncate in nome del radicalismo ideologico imperante. «Nomina nuda tenemus». Ma quali? Anche Umberto Eco, sconfitto, troverebbe riparo solo sul suo caro Monte Athos.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)