
L'esempio di Abdul, operaio con moglie e tre figli: versa all'Inps 709,41 euro l'anno ma ne incassa dallo Stato 1.290, tra bonus e credito fiscale. Risultato: senza contare casa popolare, sanità e nido, costa 580,59 euro l'anno. Alla faccia di Tito Boeri.Essere figli e fratelli di architetti famosi a volte stimola la creatività, così il presidente dell'Inps, stimato economista, ma debole in aritmetica, continua a ripetere il suo mantra: solo gli immigrati ci salveranno dal disastro delle pensioni. Non è vero ed è così evidente che viene da chiedersi perché Tito Boeri insista. La ragione profonda è una sola: gli italiani sono stati eletti a cavie per verificare gli effetti dell'immigrazione sulle popolazioni residenti e l'Italia è stata scelta come immenso campo profughi dal resto d'Europa. Le condizioni ambientali sono quelle più favorevoli a condurre questo esperimento: la presenza del volontariato cattolico e il condizionamento morale e politico che il Papa esercita sull'Italia, la presenza di una criminalità organizzata che controlla il territorio e può reclutando i clandestini «regimare» a suo modo il fenomeno, un' illegalità e un'evasione diffuse che giustificano l'occupazione in nero, l'assenza di grandi agglomerati metropolitani che consente la diluizione dei clandestini. Così le comunità italiane diventano cavie per misurare gli effetti dell'immigrazione. Il caso più emblematico è Macerata che inondata di clandestini grazie a politiche accondiscendenti della sinistra che peraltro lucra con le cooperative dell'accoglienza, si scopre crocevia della droga, della prostituzione e inorridisce per la fine di Pamela Mastropietro uccisa e fatta a pezzi e atterrisce per la paura della mafia nigeriana. Ora il New York Times fa un reportage per dire che Macerata è diventata la capitale della destra misurando così la risposta della popolazione all'immigrazione esattamente come richiede il protocollo dell'esperimento che si vuole condurre sull'Italia. Ma per condurre l'esperimento, come si fa con i test nucleari, bisogna creare un clima favorevole. E così Tito Boeri si è spinto a formulare previsioni che arrivano fino al 2040 - non se ne comprende il senso né pratico né teorico visto che la variabili in un lasso di tempo così ampio sono innumerevoli - per spiegarci che se va avanti di questo passo a quella data avremo un rapporto un solo lavoratore ogni due pensionati e che essendo il nostro un sistema a ripartizione (cioè chi lavora oggi paga la pensione di chi ha smesso di lavorare) a quel povero lavoratore toccherà pagare due terzi della sua paga in contributi. Una previsione degna del Mago Otelma, ma non di un economista serio. E comunque non c'è nessuna relazione tra immigrazione e monte contributivo. Anzi più immigrati avviamo al lavoro e più è probabile che il monte contributivo si svaluti. Facendo i conti della serva si scopre che ogni immigrato regolare che paga i contributi costa 500 euro all'anno allo Stato e che non dà nessun sostegno ai conti dell'Inps. Anzi. Si scopre anche che c'è uno strabismo di fondo: s'incentivano politiche d'immigrazione, ma si deprimono le politiche di sostegno alla famiglia e alla procreazione. Perfino un demografo assai misurato come il professor Gian Carlo Blangiardo (Milano Bicocca) più volte ha richiamato il presidente dell'Inps a confrontarsi con dati di realtà. La realtà ad esempio dice che se facciamo la proiezione al 2040 dovremo anche considerare che a quella data dovremo pagare le pensioni agli immigrati che ora lavorano e dunque i calcoli di Boeri naufragano. Tito Boeri potrebbe saperlo semplicemente rivolgendosi ad uno sportello Inps, istituto che è a pezzi per quanto riguarda la gestione interna, ma Boeri che dell'Inpp è presidente e che dall'Inps riceve una lauta retribuzione (gli varrà una pensione d'oro e vedremo se la trova ingiusta o addirittura un privilegio come ha dichiarato nei giorni scorsi a proposito degli assegni sopra i 3.000 euro) di questo non si cura. Ebbene il conto lo abbiamo fatto noi. Prendiamo Abdul, operaio al minimo venuto in Italia con moglie tre figli. Ha una retribuzione lorda giornaliera di 43,70 euro (è il minimo tabellare Inps) che per 30 giorni fa 1.311 euro lordi mensili che su base annua (considerando la tredicesima) fanno 17.043 euro lordi all'anno. Paga ogni mese di contributi 429,57 euro di cui 40 a suo carico che per 13 mesi fanno 5.584,41 euro. Però ha tre figli minori e la moglie che non lavora e quindi incassa ogni mese dall'Inps 375 euro di assegni familiari che per 13 mesi fanno 4.875 euro. In realtà Abdul aritmeticamente contribuisce all'Inps per soli 709,41 euro (la differenza tra contributi versati e assegni familiari). Ma è un costo netto per la collettività. Perché considerando detrazioni, deduzioni e via dicendo di Irpef pagherebbe 2.070 euro, ma con tre figli ha un credito d'imposta di 330 euro. Non solo: ha diritto agli 80 euro di Renzi così riceve dallo Stato - al netto della casa popolare, dell'assistenza sanitaria totalmente gratuita, dell'istruzione e o del nido che per lui c'è ma per le mamme italiane no e via sostenendo - 960 euro di bonus renziano più 330 euro di credito fiscale avendo contribuito all'Inps per 709.41 euro. Ogni anno Abdul, la risorsa di Boeri, costa - al netto degli interventi di welfare - 580,59 euro. Perché Abdul contribuisca davvero al sistema pensionistico bisognerebbe che la sua retribuzione lorda fosse almeno pari a 95 euro al giorno. Ma a quel salario tutti gli italiani farebbero qualsiasi lavoro. E non basta perché come sottolinea lucidamente Blangiardo gli immigrati di fatto ci fanno un prestito: i contributi che versano ora diverranno pensioni che dovremo pagare loro domani. Ecco perché i demografi insistono nel dire che servono politiche per l'incremento delle nascite perché il sistema deve stare in equilibrio. In più a Tito Boeri è facile obiettare che abbiamo all'estero circa 4 milioni di giovani italiani laureati e che basterebbe attrarre questo capitale umano per mettere in equilibrio il sistema pensionistico, incrementare la produttività e patrimonializzare il Paese. Ma se Abdul costa alla collettività circa 580 euro all'anno (al netto delle spese di welfare) perché non si destinano quelle somme alle famiglie italiane per incentivare la natalità? Dove sono finiti gli asili nido promessi da Renzi? Dov'è finita la flessibilità degli orari per aiutare le giovani mamme lavoratrici? C'è stata un'opzione politica: favorire l'immigrazione a danno della popolazione italiana. La ragione? Hanno candidato l'Italia a laboratorio per vedere l'effetto che fa impatto della massa d'immigranti sull'Europa. Non a caso Tito Boeri è enfant gatée di Carlo De Benedetti, è nel giro di George Soros, è intimo di Emmanuel Macron e primo esponente dei globalisti. Si sa che l'ultimo vertice Bilderberg ha stabilito di misurare gli effetti sociali dell'immigrazione. A renderlo esplicito è il fatto che tutte le frontiere sono state chiuse attorno all'Italia e l'Italia viene individuata come il campo profughi. Ci stanno usando come cavie e Boeri è il capo sperimentatore. Sulla pelle dei pensionati e dei giovani italiani.
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il governatore forzista della Calabria, in corsa per la rielezione: «I sondaggi mi sottostimano. Tridico sul reddito di dignità si è accorto di aver sbagliato i conti».
Marco Minniti (Ansa)
L’ex ministro: «Teniamo d’occhio la Cina su Taiwan. Roma deve rinsaldare i rapporti Usa-Europa e dialogare col Sud del mondo».
Attilio Fontana e Maurizio Belpietro
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Lombardia avverte: «Non possiamo coprire 20 mila ettari di campi con pannelli solari. Dall’idroelettrico al geotermico fino ai piccoli reattori: la transizione va fatta con pragmatismo, non con imposizioni».
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana affronta il tema dell’energia partendo dalle concessioni idroelettriche. «Abbiamo posto fin da subito una condizione: una quota di energia deve essere destinata ai territori. Chi ospita dighe e centrali subisce disturbi e vincoli, è giusto che in cambio riceva benefici. Per questo prevediamo che una parte della produzione venga consegnata agli enti pubblici, da utilizzare per case di riposo, scuole, edifici comunali. È un modo per restituire qualcosa alle comunità».
Investimenti e controlli sulle concessioni. Belpietro incalza: quali investimenti saranno richiesti ai gestori? Fontana risponde: «Non solo manutenzione ordinaria, ma anche efficientamento. Oggi è possibile aumentare la produzione del 10-15% con nuove tecnologie. Dobbiamo evitare che si ripeta quello che è successo con le autostrade: concessioni date senza controlli e manutenzioni non rispettate. Per l’idroelettrico serve invece una vigilanza serrata, con obblighi precisi e verifiche puntuali. La gestione è più territoriale e diretta, ed è più semplice accorgersi se qualcosa non funziona».
Microcentrali e ostacoli ambientali. Sulla possibilità di nuove centrali idroelettriche, anche di piccola scala, il governatore è scettico: «In Svizzera realizzano microcentrali grandi come un container, che garantiscono energia a interi paesi. In Italia, invece, ogni progetto incontra l’opposizione degli ambientalisti. Anche piccole opere, che non avrebbero impatto significativo, vengono bloccate con motivazioni paradossali. Mi è capitato di vedere un’azienda agricola che voleva sfruttare un torrente: le è stato negato il permesso perché avrebbe potuto alterare di pochi gradi la temperatura dell’acqua. Così diventa impossibile innovare».
Fotovoltaico: rischi per l’agricoltura. Il presidente spiega poi i limiti del fotovoltaico in Lombardia: «Noi dobbiamo produrre una quota di energia pulita, ma qui le ore di sole sono meno che al Sud. Per rispettare i target europei dovremmo coprire 20 mila ettari di territorio con pannelli solari: un rischio enorme per l’agricoltura. Già si diffonde la voce che convenga affittare i terreni per il fotovoltaico invece che coltivarli. Ma così perdiamo produzione agricola e mettiamo a rischio interi settori».
Fontana racconta anche un episodio recente: «In provincia di Varese è stata presentata una richiesta per coprire 150 ettari di terreno agricolo con pannelli. Eppure noi avevamo chiesto che fossero privilegiate aree marginali: a ridosso delle autostrade, terreni abbandonati, non le campagne. Un magistrato ha stabilito che tutte le aree sono idonee, e questo rischia di creare un problema ambientale e sociale enorme». Mix energetico e nuove soluzioni. Per Fontana, la chiave è il mix: «Abbiamo chiesto al Politecnico di Milano di studiare un modello che non si basi solo sul fotovoltaico. Bisogna integrare geotermico, biomasse, biocarburanti, cippato. Ci sono molte fonti alternative che possono contribuire alla produzione pulita. E dobbiamo avere il coraggio di investire anche in quello che in Italia è stato troppo a lungo trascurato: il geotermico».
Il governatore cita una testimonianza ricevuta da un docente universitario: «Negli Stati Uniti interi quartieri sono riscaldati col geotermico. In Italia, invece, non si sviluppa perché – mi è stato detto – ci sono altri interessi che lo frenano. Io credo che il geotermico sia una risorsa pulita e inesauribile. In Lombardia siamo pronti a promuoverne l’uso, se il governo nazionale ci darà spazio».
Il nodo nucleare. Fontana non nasconde la sua posizione favorevole: «Credo nel nuovo nucleare. Certo, servono anni e investimenti, ma la tecnologia è molto diversa da quella del passato. Le paure di Chernobyl e Fukushima non sono più attuali: i piccoli reattori modulari sono più sicuri e sostenibili. In Lombardia abbiamo già firmato con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica un accordo per sviluppare Dal confronto con Belpietro emerge un filo conduttore: Attilio Fontana chiede di mettere da parte l’ideologia e di affrontare la transizione energetica con pragmatismo. «Idroelettrico, fotovoltaico, geotermico, nucleare: non c’è una sola strada, serve un mix. Ma soprattutto servono regole chiare, benefici per i territori e scelte che non mettano a rischio la nostra agricoltura e la nostra economia. Solo così la transizione sarà sostenibile».
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Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Il panel dell’evento de La Verità, moderato dal vicedirettore Giuliano Zulin, ha affrontato il tema cruciale della finanza sostenibile con Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi.
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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