2020-11-25
«Strane obbligazioni per Fusillo a Malta. E Pop Bari sapeva...»
(Donato Fasano/Getty Images)
Dietro il crac di due società del gruppo, esposto con la banca, 50 milioni da un fondo estero. «Segregazione patrimoniale».Comprati dal costruttore e poi, dopo il suo fallimento, finiti alla cassaforte del Sud. Lo speciale contiene due articoli.Sarebbe stato il debito contratto con un fondo maltese, del quale i vertici della Banca popolare di Bari ai tempi della gestione Jacobini sarebbero stati consapevoli, a mandare a gamba all'aria definitivamente due tra le società più imponenti del gruppo Fusillo, il più esposto con l'ex colosso bancario del Mezzogiorno.È il 4 febbraio 2019 e nella cancelleria del Tribunale civile di Bari viene depositata un'istanza di fallimento per la Fimco spa e per la Maiora group, aziende sostenute dalla Banca popolare di Bari nonostante galleggiassero ormai in pessime acque. Quando gli investigatori si sono accorti che a presentare la richiesta di fallimento era la Futura fund sicav, con sede a Malta, che rivendicava un credito da parte delle due aziende riconducibili all'imprenditore Vito Fusillo, deve essersi accesa la classica lampadina. La Procura di Bari a quel punto ha deciso di vederci chiaro. Ed è saltato fuori che la Fimco spa e Maiora group hanno accumulato debiti per 87 milioni di euro e per evitare la bancarotta hanno chiesto di essere ammesse al concordato preventivo. Si è scoperto che c'era il prestito obbligazionario emesso dalle due società e sottoscritto dal fondo di investimento maltese. Il nome: Futura funds sicav pie. Con una figura centrale: «Il finanziere Girolamo Stabile (indagato ndr), all'epoca dominus del fondo Futura e, in tale veste», scrive la Procura in un documento giudiziario di cui La Verità è entrata in possesso, «artefice delle trattative intercorse con il management del gruppo Fusillo per l'erogazione del prestito». Stabile ha poi definitivamente interrotto ogni rapporto con il Fondo futura funds a settembre 2014, pochi mesi dopo aver negoziato l'emissione del bond con Vito Fusillo. Con Fusillo, poi, lo stesso Stabile proseguirà la collaborazione, attraverso un altro fondo. Al centro ci sono due prestiti obbligazionari da 25 milioni di euro al tasso del 5% annuo, con rimborso dell'intero capitale in un'unica soluzione alla scadenza dei cinque anni. E con «il diretto coinvolgimento», sottolineano i pm, della Banca popolare di Bari. Perché «il denaro oggetto di prestito viene riversato su conti correnti accesi dalle due società nell'istituto di credito barese».L'operazione, quindi, ha visto entrare nelle casse di Fimco e Maiora 50 milioni di euro sui quali maturavano interessi passivi pari a 13 milioni. Per qualsiasi imprenditore si fosse presentato alla Popolare di Bari con quella operazione sarebbero scattati controlli su controlli e analisi tecniche. In questo caso, invece, c'è stata una corsia che viene ritenuta preferenziale dagli investigatori. «Stupisce rilevare», valutano gli investigatori, «come, tra la documentazione posta a sostegno di un così rilevante prestito obbligazionario, sia del tutto assente qualsivoglia riferimento a un piano industriale da cui potesse evincersi, all'epoca dell'operazione, un'analisi dettagliata sulle prospettive di rientro, ossia sulla capacità delle due società, Fimco e Maiora, di onorare i rilevanti impegni assunti: restituire in unica soluzione la somma complessiva di 50 milioni di euro entro cinque anni e corrispondere gli interessi annui nella misura del 5%». Per dirla come la Procura, «un primo cono d'ombra nei rapporti esistenti già dal 2013 tra Stabile e il management delle società oggi fallite». Ma sono solo i prodromi di quello che, tra il 2015 e il 2016, porterà, secondo l'accusa, al compimento di una gigantesca operazione di «segregazione patrimoniale» ritenuta sospetta. La girandola di fondi viene ritenuta «dal forte connotato distrattivo». Perché confluiti infine nel fondo Kant, con sedi in Lussemburgo e a Gibilterra, veicolo finanziario, si è scoperto, interamente controllato dallo stesso Stabile. La finalità, secondo l'accusa, era quella di incrementare la dotazione immobiliare utilizzata negli anni successivi quale leva finanziaria per ottenere ulteriori prestiti (stavolta erogati da Banca Popolare di Bari) in misura largamente eccedente rispetto ai margini di effettiva sostenibilità. In poche parole, con il prestito del fondo maltese le due società di Fusillo hanno comprato immobili che, poi, sono stati posti alla base di prestiti erogati dalla Popolare di Bari. Ecco perché i magistrati nutrono non pochi «dubbi» sulla «piena consapevolezza» dei vertici bancari. Anche perché il gruppo Fusillo rappresentava la principale posizione creditizia della banca e le somme provenienti dal fondo maltese erano state interamente bonificate sui conti accesi alla Popolare di Bari. È questa l'operazione, mai ricostruita prima, che fa da premessa a quello che si rivelerà come l'inevitabile esito fallimentare dell'enorme gruppo imprenditoriale, schiacciato sotto il peso del debito con il fondo maltese divenuto via via insostenibile.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/strane-obbligazioni-per-fusillo-a-malta-e-pop-bari-sapeva-2649033886.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="crediti-deteriorati-al-quadrato-da-mps-finiti-all-istituto-pugliese" data-post-id="2649033886" data-published-at="1606254372" data-use-pagination="False"> Crediti deteriorati al quadrato: da Mps finiti all'istituto pugliese Per anni la Popolare di Bari gestita dagli Jacobini ha finanziato le iniziative della famiglia di costruttori Fusillo alimentando la mole di crediti deteriorati. Il valore economico dei beni delle società del gruppo Fusillo di Noci «distratti» o «dissipati» tra il 2016 e il 2019 è stato stimato in 93 milioni. Tra le operazioni che, secondo le indagini della Procura di Bari sul crac Fusillo, avrebbero contribuito al dissesto delle società c'è il cosiddetto «piano Kant» relativo alla cessione del 100% delle quote di due società controllate, Logistica Sud (fallita a novembre 2019) e Ambasciatori immobiliare (su cui pende istanza di fallimento) nel fondo Kant capital fund strategic business con sede a Gibilterra e riconducibile a Girolamo Stabile, a fronte della ricezione di quote dello stesso fondo del valore nominale di 20 milioni. Sarebbero stati anche dismessi l'ex Hotel Ambasciatori di Bari e il polo logistico di Rutigliano, ceduti a società terze per quasi 27 milioni. Proprio quest'ultima operazione ha visto coinvolta l'altra grande «malata» del sistema bancario, ovvero il Monte dei Paschi. Che, tra l'altro, ieri ha avviato il collocamento delle azioni residue a seguito della scissione a favore di Amco (la bad bank del Tesoro). Come si sono incrociate le strade tra Siena e Bari? Circa 7 milioni degli introiti ricavati dalla vendita del polo logistico Rutigliano e dell'ex Hotel Ambasciatori era stata utilizzata per finanziare l'acquisto di un credito ipotecario di 34 milioni vantato da Mps nei confronti della srl Logistica Sud e garantito da un'ipoteca sugli immobili. Che nel 2018 diventano oggetto di una cessione parziale alla società General trade. Ragion per cui il legale di fiducia di quest'ultima si preoccupa delle sorti dell'ipoteca in uno scambio di messaggi con Vito Fusillo -al tempo amministratore di Maiora group - che lo rassicura con una serie di mail nel settembre del 2018: «Il Monte Paschi è fuori». L'acquisto, però, non viene perfezionato con il titolare del credito (il Montepaschi), «bensì frapponendo uno schermo rappresentato da una società veicolo Mb finance», si legge negli atti dell'inchiesta. Dove vengono ricostruiti tutti i passaggi di questa complessa operazione avvenuta sotto la regia di Fusillo. La Mb finance acquista in proprio i crediti vantati da Mps nei confronti di Logistica Sud al prezzo di 7 milioni con la formula pro soluto. Poi Mb finance cede tale credito per 7 milioni alla Ambasciatori immobiliare che rinuncia alle iscrizioni ipotecarie. Logistica Sud può quindi cedere gli immobili del polo logistico, privi di ipoteche, alla General trade. A curare il perfezionamento della cessione del credito con una provvigione di circa 3 milioni in qualità di advisor legale era l'avvocato Pier Ettore Olivetti Rason (coinvolto nel 2011 anche nell'inchiesta sul crac del Credito fiorentino). Ricostruendo i flussi finanziari, la Gdf di Bari ha rilevato che le risorse finanziarie utilizzate da Ambasciatori immobiliare per l'acquisto del credito di 34 milioni vantato da Mps sono quelle provenienti, in parte, dalla cessione a Prelios dell'ex Hotel Ambasciatori e, in parte, da un finanziamento di 3 milioni effettuato dalla stessa Logistica Sud attingendo, a sua volta, dai proventi della cessione del polo di Rutigliano alla General trade. Secondo gli inquirenti di Bari, l'operazione ha creato uno squilibrio patrimoniale di 42 milioni all'interno di Maiora group. Facendo emergere, si legge, «la piena e comune consapevolezza dell'opacità dell'affare, in guanto realizzato mediante l'impiego di una provvista resasi disponibile a seguito della vendita di due immobili da parte di due società in stato di grave crisi finanziaria. Da ciò la necessità di sottacere all'esterno la provenienza dei denari utilizzati per l'acquisto del credito, al fine di non allarmare le altre parti contrattuali, in primis, l'istituto bancario cedente», ovvero Mps.
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