2024-03-25
Dai jihadisti pagati alle porte chiuse: quello che non torna nella strage a Mosca
L’Isis continua a rivendicare l’attacco, ma le stranezze del blitz alla Crocus City Hall si accumulano. In Italia allerta cani sciolti.Jihadisti pagati, porte chiuse, forze di polizia assenti: nonostante le rivendicazioni dell’Isis, la strage alla Crocus City Hall di Mosca ha più di un mistero da risolvere. E mentre Russia e Ucraina continuano a rimpallarsi accuse sulla paternità della carneficina, in Italia la minaccia più preoccupante è quella dei lupi solitari. Non si ha ancora un bilancio preciso delle vittime del più grave attacco terroristico subito dalla Russia negli ultimi 20 anni e i nodi da sciogliere sono ancora molti. La strage alla Crocus City Hall di Mosca di venerdì scorso conta circa 140 vittime e 180 feriti ed è stata rivendicata più volte dall’Isis. Secondo i funzionari americani, si tratta di una rivendicazione attendibile anche perché l’attentato arriva dopo una serie di minacce e rappresenterebbe la ritorsione dell’organizzazione jihadista contro la partecipazione della Russia ai conflitti in Siria e nel Sahel africano.Gli uomini della Jihad hanno pubblicato alcuni video dell’attacco: nelle immagini si vedono uomini armati che si filmano mentre danno la caccia agli spettatori attraverso l’atrio della sala concerti. Le immagini sono scioccanti: gli sparano a bruciapelo, tagliano la gola a una persona già a terra, uccidono senza pietà decine di persone. Uno dei terroristi si rivolge a un altro incitandolo e dicendogli di «ucciderli e non avere pietà». Poi un altro grida «Allahu akbar». Il canale Telegram a pubblicare questi contenuti è sempre lo stesso che, con alcuni messaggi, aveva rivendicato l’azione terroristica: Amaq. Nelle settimane precedenti all’attentato, le forze di sicurezza russe avevano eliminato sei sospetti jihadisti in un’operazione in Inguscezia, nel Caucaso settentrionale, mentre il 7 marzo una cellula dell’Isis nella provincia di Kaluga (che intendeva attaccare una sinagoga a Mosca) era stata smantellata dal Servizio di sicurezza federale russo (Fsb). L’8 marzo diverse ambasciate occidentali, tra cui quella degli Stati Uniti, avevano avvertito i loro cittadini in Russia della possibilità di attacchi imminenti nel Paese, soprattutto in occasione di grandi eventi a Mosca. È davvero verosimile, quindi, che siano stati gli uomini dell’Isis, tuttavia il presidente russo Vladimir Putin ma, soprattutto, i servizi di sicurezza dell’Fsb, non sono convinti.Secondo il servizio di spionaggio, i sospettati per l’attentato al Crocus City Hall avevano «contatti» in Ucraina ma ci sarebbero alcuni elementi che non tornano. Il Cremlino continua a sostenere che gli attentatori arrestati con la loro Renault bianca stessero scappando verso l’Ucraina ma in realtà gli arresti sarebbero avvenuti a soli 16 km dalla Bielorussia, nella regione di Bryansk e la stessa targa del mezzo, inizialmente fatta passare per ucraina sarebbe invece Bielorussa. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un video diffuso sui social, accusa Putin di voler «scaricare la colpa» dell’attentato al Crocus City Hall sull’Ucraina.Stupisce poi che i terroristi non siano stati fermati prima, vista l’alta attenzione sul fronte del contrasto alle cellule fondamentaliste. Attraverso ricerche incrociate nei database, che in Russia sono quasi prassi, emerge di tutto sulle loro vite, ma non risulta alcun legame con l’Ucraina. Tuttavia è strano che gli attentatori abbiano rivelato di esser stati pagati, notoriamente la jihad si fa per credo e non per soldo. Così come è strano che non ci fossero kamikaze: nessuno di loro si è fatto esplodere come invece è accaduto più volte in altri attentati rivendicati dall’Isis. In questo caso i terroristi, invece, hanno colpito e sono scappati: nella sala concerti sono stati trovati due fucili mitragliatori Kalashnikov e molte munizioni non utilizzate.Sorprende infine l’inefficienza degli stessi servizi segreti russi, soprattutto a fronte degli allarmi dei giorni precedenti. Secondo alcune ricostruzioni la polizia ci avrebbe messo tra i 35 e i 45 minuti ad intervenire sul posto dell’attentato il che è inusuale in un paese come la Russia.Così come è strano che tutte le porte del Crocus City Hall, tranne una, fossero chiuse dall’interno durante l’attentato. Inoltre, c’erano problemi di sicurezza per la struttura stessa che sarebbe accatastata come edificio non ancora completato: ma, nonostante ciò, si era deciso di ospitare un concerto per 6.200 persone. Anche per questo è stato molto difficile intervenire durante l’emergenza, dal punto di vista operativo.Un caos piuttosto inspiegabile che è continuato nelle ore e nei giorni successivi. Ieri pomeriggio un centro commerciale a San Pietroburgo è stato evacuato e sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, le ambulanze e le forze dell’ordine. Non solo perché la tensione si allarga anche alle regioni limitrofe. Ieri pomeriggio tre persone armate hanno fatto irruzione in una stazione di polizia a Erevan, in Armenia. Secondo le prime ricostruzioni, sono stati uditi rumori di esplosioni e spari e due degli attentatori sono rimasti feriti per l’esplosione di una granata che portavano con sé.Sono molti i Paesi che stanno alzando il livello di allerta all’indomani dell’attentato della Crocus City Hall. In Italia, però, la minaccia non è tanto quella di gruppi organizzati: si temono soprattutto i lupi solitari. A dirlo è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, parlando a In mezz’ora. «Il fronte della minaccia più preoccupante è il reclutamento online». Perché ha spiegato che un gruppo «come quello che ha agito nell’attentato di Mosca, che non può non aver avuto una preparazione e dei supporti logistici, in Italia verrebbe intercettato prima». Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è tornato a parlare dell’attentato: «Bisogna lavorare per evitare un’escalation e quindi, dopo ogni accertamento, credo si debbano fare considerazioni che comunque devono spingere tutte le parti alla prudenza».Mentre si tenta di far luce su quanto accaduto, ieri la Russia ha osservato una giornata di lutto, indetta da Putin. Bandiere a mezz’asta, molti eventi cancellati mentre le tv hanno aggiornato i propri palinsesti. È stato anche allestito un memoriale improvvisato fuori dalla sala da concerto dove i moscoviti hanno acceso candele e deposto fiori. In oltre 4.000 si sono mobilitati per donare il sangue in favore dei feriti dell’attentato.
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