2024-05-03
Dal successo al fallimento: la storia del BlackBerry in un film
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Il film, presentato alla scorsa edizione del Festival di Berlino, si è trasformato nella parabola di un’epoca, dove non sono le idee a vincere, ma l’hype che grafici e pubblicitari sanno creare.Blackberry, uscito nelle sale italiane il novembre scorso, avrebbe dovuto ripercorrere la storia del primo smartphone: raccontarla, così come è stato fatto nel libro - di Jacquie McNish e Sean Silcof, Losing the Signal: The Untold Story Behind the Extraordinary Rise and Spectacular Fall of BlackBerry - che per primo l’ha documentata. Invece, più che ricostruire la parabola di quel computer tascabile, geniale quanto fallibile, ha dato conto di un paradigma moderno. Di come l’apparenza e la narrazione che le è associata, di come la forma, spesso, prevalga sulla sostanza.Mike Lazaridis e Douglas Fregin, due ingegneri di Waterloo, Canada, avrebbero potuto scrivere la storia della tecnologia. Farlo con tastiera qwerty, racchiudendo nel palmo della mano un piccolo gioiello, un computer. Avrebbero potuto rendere quell’oggetto all’epoca lunare lo status symbol più ambito dell’ora odierna. Avrebbero. Perché la mole immensa dei condizionali, la potenza mai diventata atto, è tutto quel che è rimasto alla coppia. Mike Lazaridis e Douglas Fregin erano studenti quando, nel 1988, hanno fondato la Research in Motion (Rim), un’azienda specializzata in tecnologie legate all’invio di dati con reti Mobitex. Ed erano giovani uomini quando, dieci anni più tardi, prima di qualunque Steve Jobs hanno capito di possedere le conoscenze necessarie a produrre il primo cellulare in grado di accedere ad Internet, mandare la posta elettronica e consentire all’utente le funzioni base di un computer. È stata la rivoluzione. Il Blackberry, che nei primi anni Duemila ha invaso il mercato, per qualche anno è stato l’oggetto del desiderio di ogni adulto e ragazzino. Dei manager in completo sartoriale. Di professionisti e aspiranti tali. L’hanno voluto tutti. Chi ha potuto lo ha comprato. Qualcuno lo ha copiato. Ma il successo è durato poco. Il tempo di qualche inverno, di un’altra rivoluzione, quella della forma.Nel 2007, la Apple ha lanciato il primo iPhone, così bello, lucente: uno schermo immenso, al cui cospetto la mini-tastiera del Blackberry, i suoi tasti microbici, è parsa obsoleta e inutile. È stata la guerra dell’immagine, di una strategia di comunicazione che la coppia formata da Mike Lazaridis e Douglas Fregin non solo ha perso, ha rifiutato di combattere.Nel 2016, Blackberry ha cessato la produzione del suo smartphone. Ha vinto Steve Jobs, la Mela contro lo Mora. E Blackberry, il film, presentato alla scorsa edizione del Festival di Berlino, si è trasformato nella parabola di un’epoca, dove non sono le idee a vincere, ma l’hype che grafici e pubblicitari sanno creare.