2025-11-07
Un accoltellatore con precedenti soltanto in Italia può girare libero
Il luogo dell'accoltellamento a Milano. Nel riquadro, Vincenzo Lanni (Ansa)
Nei principali Paesi europei, per essere riconosciuto «pericoloso» basta la segnalazione di un medico. Qui invece devi prima commettere un delitto. E pure in questo caso non è detto che una struttura ti accolga.Vincenzo Lanni, l’accoltellatore di Milano, aveva già colpito. Da condannato era stato messo alla Rems, la residenza per le misure di sicurezza, poi si era sottoposto a un percorso in comunità. Nella comunità però avevano giudicato che era violento, pericoloso. E lo avevano allontanato. Ma allontanato dove? Forse che qualcuno si è preso cura di Lanni, una volta saputo che l’uomo era in uno stato di abbandono, libero e evidentemente pericoloso (perché se era pericoloso in un contesto protetto e familiare come quello della comunità, tanto più lo sarebbe stato una volta lasciato libero e senza un riparo)?di Massimo Polledri, Neuropsichiatra infantileSe fosse successo in un altro Paese, cosa sarebbe successo a Lanni e magari ad altre altre persone come lui giudicate, con buon senso, pericolose? Vediamo cosa sarebbe successo nel Regno Unito, in Germania, in Francia, nei Paesi Bassi e in Spagna. Non in Afghanistan o in Libia, insomma. Nel Regno Unito una figura apposita, con due medici, ne avrebbe disposto l’internamento in una «secure unit» o in un «Picu». In Germania un giudice su segnalazione sanitaria l’avrebbe internato nel Forensische Psychiatrie. In Francia il prefetto, sulla base di un intervento medico, lo avrebbe internato in ospedale. Nei Paesi Bassi un giudice sulla base di un rischio grave sufficiente lo avrebbe internato in una clinica Tbd ad alta sicurezza. Nella Spagna socialista, un giudice istruttore lo avrebbe internato nella Unidad psyquitrìca judicial. In tutti in questi Paesi sarebbe bastata più o meno la segnalazione di polizia, medici di base, servizi sociali, psichiatri territoriali. Non sarebbe stata necessaria una diagnosi psichiatrica. Nel frattempo gli si sarebbe stato impedito di fare del male agli altri e a sé stesso. In Italia invece, per riconoscerti la pericolosità sociale e metterti nel posto deputato alle persone pericolose, che sono le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), devi, udite udite, essere condannato. Non basta. Per essere riconosciuto matto e pericoloso da polizia, servizi sociali, sindaco o medico, devi innanzitutto commettere un delitto. Poi vediamo se sei anche matto. Quindi Lanni, solo adesso che ha accoltellato un’altra persona potrà essere dichiarato pericoloso e curato, prima no.Per amor di approfondimento vediamo nel dettaglio come si è evoluto il concetto di pericolosità sociale. Il concetto nasce nel Codice Rocco (1930) come strumento di difesa sociale e viene modificato dal Codice Penale tuttora vigente. L’art. 203 definisce la pericolosità sociale come la probabilità che una persona commetta nuovi reati. Essa rappresenta il presupposto per l’applicazione delle misure di sicurezza di cui agli artt. 202–205 c.p., che possono essere detentive o non detentive, e devono essere disposte con provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria.Ma magari nella legge sulla psichiatria una via la troviamo? Vediamo le norme per la psichiatria e la loro evoluzione in breve. La Legge 180/1978 (riforma Basaglia) e la Legge 833/1978 istituirono il Servizio sanitario nazionale, introducendo il principio che la malattia mentale non può giustificare di per sé la restrizione della libertà. Tuttavia, la tutela della sicurezza collettiva rimase legata al Codice Penale. Con la Legge 81/2014 furono aboliti gli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e istituite le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), destinate esclusivamente a soggetti, come detto in precedenza, per i quali il giudice ha disposto una misura di sicurezza successiva a un fatto di reato. Ma quindi, almeno quando sono colpevoli, matti e condannati troveranno una struttura che li contenga, gli impedisca di fare ancora danni e li curi? Beh, neanche qui… Attualmente in Italia sono operative 31-32 Rems, con circa 606 pazienti presenti e quasi 800 persone in lista d’attesa per l’ingresso. Questo numero, in crescita costante, evidenzia la carenza strutturale e l’insufficiente capacità ricettiva del sistema. Le Rems non riescono a soddisfare il fabbisogno e operano esclusivamente dopo la commissione del reato, non costituendo quindi un presidio di prevenzione della pericolosità sociale.L’assenza di strumenti normativi per la gestione di soggetti a rischio elevato genera una «zona grigia» tra l’ambito sanitario e quello giudiziario. Il Trattamento sanitario obbligatorio (Tso), disciplinato dall’art. 33 della Legge 833/1978, può essere disposto solo in presenza di un disturbo mentale acuto che richieda cure immediate e se il paziente rifiuta il trattamento. Non è quindi applicabile a comportamenti socialmente pericolosi privi di diagnosi psichiatrica. Né il Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011), che prevede misure di sorveglianza speciale, può essere esteso ai soggetti psichiatrici non rei. Il risultato è che soggetti con condotte antisociali, potenzialmente pericolose ma non ancora penalmente rilevanti, restano di fatto privi di strumenti di contenimento o monitoraggio.Dall’analisi normativa e comparativa emerge un dato inequivocabile: l’Italia, pur garantendo la tutela dei diritti individuali, non dispone di un sistema strutturato di protezione preventiva per la sicurezza sociale nei casi di soggetti a elevato rischio comportamentale. Le Rems rappresentano oggi l’unico presidio nazionale per soggetti autori di reato non imputabili per vizio di mente, ma la loro funzione è esclusivamente post delitto. Il numero di strutture e posti è limitato e non consente di assorbire le richieste provenienti dai tribunali, con circa 800 persone in lista d’attesa per l’ingresso. Nei principali ordinamenti europei è invece previsto un livello di intervento clinico-giudiziario preventivo che consente di contenere e valutare soggetti potenzialmente pericolosi prima della commissione di un reato. L’assenza di strumenti analoghi nel nostro ordinamento determina una lacuna nella tutela della collettività e lascia i servizi psichiatrici territoriali senza mezzi legali per intervenire efficacemente in presenza di rischio sociale concreto.Il caso di Lanni ci dovrebbe spingere a serene riflessioni anche se su certi tabù è difficile discettare. Ma non farlo comporta delle responsabilità e vittime, sicure per il futuro. Basterà aprire le pagine della cronaca che certi soloni della politica e della psichiatria salteranno.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)