2022-10-23
Francesco Storace: «Giorgia? Litiga e sa fare pace. Non ragiona per pregiudizio»
Francesco Storace (Imagoeconomica)
L’ex An ci racconta la Meloni (vista da vicino): «Ha conquistato tutto da sola. Difenderà gli interessi degli italiani. Però deve stare attenta alle prime nomine: saranno cruciali».«Le immagini del giuramento? Una grande emozione. Me le sono davvero gustate. Sono contento come una Pasqua. Adesso però voglio dare qualche consiglio a Giorgia…». Francesco Storace è una delle principali memorie storiche della destra italiana. Giornalista, ex governatore del Lazio, ex ministro della Salute, si è rimesso in piedi dopo qualche problema di salute: «Sono in ripresa». Il nuovo governo Meloni, per il suo vissuto, sa di rivoluzionario.L’avrebbe mai detto?«È un giorno storico per la destra italiana. E devo riconoscere che Giorgia Meloni, con la quale puoi litigare e far pace, si è conquistata tutto da sola». Quand’è che avete incrociato i vostri percorsi?«Siamo stati nella stessa componente della destra sociale legata a Fabio Rampelli. Nel ’98, primi in Italia, facemmo le primarie per le provinciali, a Roma. In quell’occasione, lei venne eletta consigliere provinciale combattendo nel collegio complicato della Garbatella. Aveva 21 anni, e fece una degna figura. Mi colpì il suo desiderio di approfondire le questioni». Primo impatto? «Ovviamente mi faceva simpatia. Non avrei mai pensato che un giorno sarebbe arrivata a guidare il governo del Paese. Però si vedeva subito che era una ragazza sveglia, con voglia di fare».Erano gli anni Novanta del centrosinistra di governo. «E noi eravamo all’opposizione di tutti: comune, provincia, regione, governo. Ma nonostante questo in città viaggiavamo sul 30% di consensi. Roma era per Alleanza Nazionale ciò che Bologna era per la sinistra». Poi?«L’altra tappa importante è il suo ingresso alla Camera dei Deputati, la più giovane parlamentare della legislatura. A Gianfranco Fini, che la volle vicepresidente di Montecitorio, dissi: “E a tutti gli altri aspiranti, ora che gli raccontiamo?”». Tra parentesi: cosa pensa Gianfranco Fini di Meloni premier? «L’ho sentito. È contento. E l’ha anche votata alle ultime elezioni». Tra lei e Meloni ci sono stati alti e bassi, giusto? «In principio litigammo sui simboli: in quello del mio partito, “La Destra”, avevo messo la fiaccola, e lei diceva che era un’esclusiva di Azione Giovani. Poi ci scontrammo quando si candidò al Campidoglio. Più tardi mi volle fortemente alla direzione del Secolo d’Italia, e toccai il cielo con un dito». Insomma, avete sempre ricucito? «Meloni non è certo una donna che si lascia guidare dai pregiudizi personali: conta la concretezza, quella che in politica ti tiene in piedi. Credo che la sua natura “concreta” abbia giocato un ruolo fondamentale anche nella formazione del governo. La scelta di mantenere l’impegno sui due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, lo dimostra». Avremo una premier più «sovranista» o più sulla scia di Draghi?«Cercherà di far rispettare gli interessi italiani. Anche se le etichette “sovraniste” le lascio al retrobottega giornalistico. Sicuramente sarà un compito difficile consentire ai cittadini e alle imprese di “respirare”, nella crisi che ci attende». Quale sarà l’eredità di Draghi?«L’eredità di Draghi? Sarà una grande opportunità per i suoi figli…». Intendo l’eredità politica.«È stato un premier eccessivamente lodato. All’inizio apprezzai la scelta della Lega di sostenerlo. Poi mi ha deluso, per la sua prosopopea, la presunzione, il voler prendere sottogamba gli altri. La politica per me ha ancora una sua logica e una sua nobiltà. Ecco perché sono felice per la nascita di un governo figlio della politica». Adesso che l’esecutivo è uscito dal porto, ha qualche consiglio da dare alla premier?«Che si scelga bene la burocrazia. Perché alla fine il nodo è quello. Non puoi pensare che bastino i ministri per governare bene: occorre sfondare il muro nemico di chi può voler giocare una partita diversa dalla tua. Dunque deve prestare molta attenzione alle prime nomine». Quindi il vero nemico che può ostacolare il governo non arriverà dalla politica o dalle potenze straniere, ma sarà il potere granitico dei burocrati? «Sì, e sono contento che la responsabilità per la gestione del Pnrr sia finita a un ministro come Raffaele Fitto. Mi auguro che la discussione sui fondi europei venga accentrata, senza smarrirsi in troppi rivoli. E’ giusto dialogare, ma senza perdersi per strada». Raccomandazioni a Fratelli d’Italia?«Una sola, adesso che sono entrati nella fase della maturità: siano meno suscettibili di fronte alle critiche. Lo dico perché voglio bene a quella comunità. Bisogna essere più tolleranti verso le critiche, e adesso che guidano la nazione mi aspetto che lavorino anche su questo». La Lega acquista ministeri pesanti.«È un grande carico di responsabilità. C’era tanta gente che gufava contro il governo, ed è chiaro che attriti che ce ne sono stati, ma l’attribuzione alla Lega di ministeri importanti dimostra che c’è un clima nuovo». Forza Italia al contrario è sottorappresentata? «Ambiente ed energia non è mica poca roba di questi tempi. La pubblica amministrazione non è più un ministero di serie B, se lo sai far funzionare. E poi le Riforme: vista la sintonia che c’è tra Meloni e Casellati, io la stagione del presidenzialismo me la aspetto per davvero». Ci saranno ancora frizioni tra Fratelli d’Italia e gli alleati?«Ci sarà sicuramente una lunga mediazione sulle compensazioni: sottosegretari, presidenti di commissione. Ma non mi è piaciuta quell’insistenza sul dettaglio da “Var”, sul gioco di sguardi tra Berlusconi e Salvini quando al Quirinale Giorgia Meloni ha parlato a nome di tutta la coalizione. Sono piccole cose scritte da chi “rosica”. Detto questo, in politica l’amore non c’è mai stato…». Insomma, gli alleati hanno davvero accettato Giorgia Meloni come nuovo leader del centrodestra?«Ho scambiato qualche riflessione con Matteo Salvini, e l’ho visto assolutamente disponibile a lavorare in armonia. Le elezioni sono lontane, e io la gelosia non la vedo più. Poi certo, competition is competition: ma alla fine governare insieme con serietà è interesse comune. Salvini ministro delle Infrastrutture tornerà a girare l’Italia, sul territorio, stringerà legami importanti con gli amministratori locali. E se lui indovina il passo sulle Infrastrutture, sono solo glorie». C’è il rischio che Forza Italia, al primo provvedimento complicato, si spacchi?«Quel partito è stato determinante nella vittoria alle elezioni, e sarebbe determinante anche nel far crollare il castello. Ma in questo momento non vedo possibilità di maggioranze alternative. Quale mai potrebbe essere lo scopo di una rottura: tornare alle elezioni e perdere pure ciò che ti resta?». Carlo Nordio alla giustizia è forse la casella più rivoluzionaria: un ex magistrato di cultura liberale dovrà sfidare i poteri secolari delle toghe. «Nordio non ha da manifestare alcuna gratitudine verso l’Anm. E già questo vale un’ode alla Madonna. E poi è un signore che ha dato dimostrazione di equilibrio nella sua professione. Come lui, ho scelto di votare per i referendum leghisti sulla giustizia. Insomma, mi aspetto che faccia bene». Certo, troverà grandi resistenze, corporative e non. «Le resistenze le troveranno tutti i ministri. Pure quello dei Rapporti con il Parlamento. Fa parte della natura del ruolo». E Giorgetti all’Economia? Una sfida più grande di lui? «In questi giorni con lui ci siamo un po’ sfottuti. Io gli scrivevo: “Ma che stai andando al Mef?”. E lui rispondeva: “Guarda che lo dici solo tu”. Voleva farmi credere che non sarebbe finito lì». E l’opposizione?«Si sta martellando da sola. È più veloce Giorgia Meloni a fare un governo che Enrico Letta a fare il congresso del Pd». Non è strano che la prima donna presidente del Consiglio non arrivi dalle file della sinistra, che pure ha fatto del femminismo una bandiera, ma addirittura dagli eredi del Movimento Sociale? «Non solo. Arriva nel momento in cui le donne del Pd si lamentano per il gran numero di non elette. Là dentro si stanno scannando su questa storia. La morale qual è? Perde l’ipocrisia e vince la concretezza».
(Arma dei Carabinieri)
L’attività dei Carabinieri della Compagnia di Caivano non si è mai fermata. Nel rione Parco Verde e nel “Bronx” l’attenzione è sempre alta. E ogni timido tentativo di ripristinare le piazze di spaccio è immediatamente bloccato. Come accaduto nelle ultime ore. Durante una perquisizione a tappeto degli ambienti comuni nel complesso popolare che nel nome richiama il più noto distretto newyorkese, i militari della locale stazione hanno scoperto l’ennesimo luogo di smercio. Nell’androne condominiale di uno dei palazzoni, un vano a doppio fondo, alimentato da un ingegnoso sistema elettronico. All’interno 16 panetti di cocaina: 1 chilo e 200 grammi di polvere ancora da tagliare. Sotto un corrimano di una rampa di scale ancora droga, 167 grammi di hashish e un proiettile calibro 22. In un sottoscala, invece, una piccola postazione di monitoraggio dell’area. Telecamere in HD puntate lungo le strade collegate ad un grosso monitor per intercettare l’arrivo delle forze dell’ordine e dare l’allarme ai pusher. Un concentrato di tecnologia servito a poco.
Il servizio, mirato a indebolire il già fiacco traffico di stupefacenti della zona, non ha trascurato i controlli alla circolazione. 98 i veicoli ispezionati, 21 quelli sanzionati.
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