2025-06-11
«Il Fisco aiuti, non deve opprimere»
Giorgia Meloni intervenuta agli Stati generali dei commercialisti (Ansa)
La Meloni agli Stati generali dei commercialisti: «Chi è onesto va messo in condizioni di pagare». All’evento sempre più forte la fronda ostile alla riforma della categoria.«Il Fisco è il biglietto da visita della credibilità di uno Stato». Con questa frase, che riecheggia i toni della campagna elettorale del 2022, Giorgia Meloni ha lanciato uno dei messaggi politici più forti dalla platea degli Stati generali dei commercialisti. Un intervento che si innesta nella strategia di lungo periodo del governo: ridurre la pressione fiscale e alleggerire il carico sul ceto medio, «spesso quello che ha avvertito di più il peso del sistema tributario». Secondo la Meloni, il Fisco «non deve soffocare la società, opprimere famiglie e imprese, ma chiedere il giusto e utilizzare quelle risorse con serietà, come farebbe un buon padre di famiglia». L’obiettivo, ha ribadito, è operare un taglio delle tasse «equo e sostenibile». Dopo la riforma delle aliquote Irpef, «il nostro lavoro non è finito, ora ci concentriamo sul ceto medio, la struttura portante del sistema produttivo italiano». Del resto, per il presidente del Consiglio «chi vuole fare il furbo non ha spazi, ma chi è onesto e in difficoltà deve essere messo in condizione di pagare». E «non è frutto del caso», ha detto, «ma di scelte precise e numeri mai visti prima: 33,4 miliardi recuperati nel 2024».Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha annunciato l’istituzione di una direzione generale per le libere professioni presso il suo dicastero, per garantire «un’interlocuzione diretta e stabile». Ma su un punto il Guardasigilli ha preferito mantenere cautela: la riforma dell’ordinamento dei commercialisti, oggi al centro di un vero e proprio scontro interno. Sotto l’immagine compatta di una categoria «centrale nel sistema Paese», come l’ha definita il presidente del Consiglio nazionale Elbano de Nuccio, la realtà è tutt’altra: la categoria è spaccata. Due lettere circolano da giorni. La prima, aperta, è stata firmata da otto Ordini – tra cui Roma, Milano, Firenze e Brescia – e denuncia il metodo seguito dal Consiglio nazionale: la riforma, sostengono, non è mai stata votata internamente. La seconda, più articolata e indirizzata a Palazzo Chigi e ai ministeri di Giustizia, Lavoro e Università, critica i contenuti del testo, a partire dal discusso articolo 139 del codice deontologico.A rendere tangibile la frattura è stato il pomeriggio della seconda giornata degli Stati generali. Tredici gli interventi dal palco: sette contrari all’articolo 139, sei favorevoli. Il momento più simbolico? Gli applausi lunghissimi a Carmen Lasalvia, presidente dell’Ordine di Potenza, che ha denunciato la mancanza di rispetto per le donne nella professione e ha criticato sia nel merito sia nel metodo l’intera riforma.Accanto a lei, si sono distinti per fermezza i presidenti degli Ordini di Roma (Giovanni Battista Calì) e Torino (Luca Asvisio), che hanno messo in discussione il discorso tenuto in mattinata da De Nuccio. Le loro parole, pesanti, hanno scosso la platea: «Non si può ridurre il dissenso a sabotaggio», è stato il messaggio chiaro. La frattura, ormai, è politica.Segnale che la contrapposizione si sta organizzando è arrivato lunedì sera, quando, in un ristorante della Capitale, alcuni rappresentanti degli Ordini «ribelli» si sono riuniti a cena: si è parlato della possibilità di dar vita a una lista alternativa da presentare alle elezioni del Consiglio nazionale del 2026. Una sfida diretta alla leadership di De Nuccio, la prima vera opposizione organizzata dopo anni.Il presidente, nel suo lungo intervento, ha cercato di blindare il processo in corso: «Chi non vuole abbracciare il cambiamento si faccia da parte e ci faccia lavorare». Ma i suoi toni - a tratti perentori - hanno finito per rafforzare la contro-narrazione di chi lo accusa di gestione verticistica e scarsa collegialità.Gli Stati generali 2025 sono stati la vetrina di un Ordine che chiede spazio, rispetto, dignità. Ma anche lo specchio di una comunità professionale attraversata da profonde lacerazioni.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson