
Il governo laburista pensa di destinare il surplus dei fondi previdenziali di 9 milioni di inglesi per sostenere le aziende. Mossa che mette a rischio i pagamenti ai cittadini.Le pensioni di circa nove milioni di risparmiatori britannici potrebbero essere messe in pericolo da una nuova riforma proposta dal governo guidato dal primo ministro inglese Keir Starmer, che consentirebbe alle aziende di attingere ai fondi in surplus dei programmi pensionistici versati dai dipendenti (i loro risparmi, di fatto).La notizia, pubblicata dal Telegraph, arriva direttamente da una valutazione d’impatto redatta dai funzionari del dipartimento per il Lavoro e le Pensioni. La riforma è contenuta nel nuovo «Pension schemes bill», sostenuto dalla cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves e dal ministro per il Lavoro e le pensioni, Liz Kendall. In pratica, si introdurrebbe la possibilità per le aziende di prelevare i fondi eccedenti dai propri schemi pensionistici, potenzialmente destinandoli a reinvestimenti o come profitti, soggetti a tassazione.Il problema è che questa idea potrebbe compromettere la capacità dei fondi pensione di garantire i pagamenti promessi ai pensionati, specialmente in periodi di stress economico o instabilità dei mercati. All’interno della valutazione d’impatto - un documento di circa 400 pagine - si avverte che permettere alle aziende di modificare le regole per accedere ai surplus previdenziali comporta un rischio indiretto per i lavoratori che vi hanno investito. In particolare, si afferma che «un surplus può fungere da cuscinetto finanziario per affrontare costi imprevisti o perdite sugli investimenti. Senza questo cuscinetto, lo schema potrebbe avere maggiori difficoltà a far fronte ai propri obblighi, soprattutto in tempi di crisi». Va detto che, dopo anni difficili seguiti alla crisi finanziaria che ha costretto molte aziende a iniettare miliardi per coprire i deficit, l’aumento dei tassi d’interesse ha riportato molti schemi in surplus. Proprio su questa nuova disponibilità si inserisce la riforma proposta dal governo inglese. Critiche arrivano anche da esponenti dell’industria assicurativa, secondo cui si potrebbe andare incontro a una riduzione della stabilità finanziaria di questi fondi.Non mancano, però, i sostenitori del disegno di legge. Tra questi, Steve Webb, ex ministro delle Pensioni e ora partner della società di consulenza Lcp, secondo cui «la situazione finanziaria dei fondi aziendali è cambiata radicalmente. Molti, ora, presentano un surplus che può essere usato responsabilmente, migliorando le prestazioni per i membri e restituendo parte del valore alle aziende che li hanno finanziati per anni. I trustee (i gestori fiduciari del patrimonio trust, ndr) avranno un ruolo centrale nel garantire che nessuna decisione danneggi i benefici degli investitori».La proposta del governo Starmer ricorda molto da vicino quella avanzata dalla Commissione europea secondo cui, grazie a una Unione dei risparmi e degli investimenti (Siu), si potrebbe ricorrere anche ai fondi pensione per finanziare le imprese del Vecchio continente. Appare strano, insomma, che un governo di sinistra come quello che c’è oggi in Gran Bretagna proponga di utilizzare i risparmi di una vita dei cittadini per finanziare le imprese inglesi. Una mossa che, almeno in linea teorica, non dovrebbe arrivare dalla sinistra e che in Europa è arrivata dalla commissione di Ursula von der Leyen, appartenente al Partito popolare europeo, vicino al centrodestra. L’idea di Strasburgo è quella di utilizzare i circa 10.000 miliardi in risparmi depositati dai cittadini presso le banche per finanziare l’imprenditoria europea e offrire agli investitori rendimenti superiori a quelli ottenuti grazie ai depositi.Peccato che maggiori rendimenti, spesso, significhino anche maggiori rischi e un cittadino europeo (così come uno inglese) potrebbe decidere di non mettere a rischio i risparmi di una vita per avere (forse, non è garantito) più soldi.
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
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