
I 5 stelle continuano a tifare per l'accoglienza dei migranti che potrebbero arrivare dal Nordafrica. Spalancare le porte, però, vorrebbe dire ripristinare il meccanismo che questo governo ha sgominato.Sembra che non aspettassero altro: sono tutti lì, frementi e affamati come sciacalli, in attesa che la situazione libica si complichi sempre più, fino a degenerare in guerra totale. Tifano caos per far ripartire l'invasione, per rimettere in moto il sistema che questo governo, con fatica, ha smantellato e sta ancora smantellando. Federica Mogherini, capo della diplomazia Ue di solito silente o defilata (per usare un eufemismo), ieri si è precipitata a chiedere agli Stati membri di riavviare l'operazione Sophia sospesa alla fine di marzo. Il Mediterraneo deve tornare a riempirsi di navi in attesa di migliaia di migranti in partenza dalle coste libiche, i quali ovviamente dovranno approdare qui da noi. Matteo Salvini continua, giustamente, a insistere sulla chiusura dei porti a chi trasporta gli aspiranti profughi, ma una parte del governo non ci vuole sentire. I rappresentati del Movimento 5 stelle, infatti, ripetono all'unisono il medesimo mantra: «Porti aperti». Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio; lo ha ripetuto il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli: «Se aumentano le partenze i porti devono rimanere aperti in tutta Europa». Poi ci si è messo pure il ministro degli Esteri, Elisabetta Trenta. I giornali hanno molto pompato la «ribellione» dei vertici dell'esercito alle indicazioni salviniane sull'atteggiamento da tenere in mare. Ieri il Corriere della Sera raccontava «l'ira dei generali che si definiscono “scioccati e indignati per un'ingerenza che non ha precedenti"». E aggiungeva: «Poco dopo la ministra Elisabetta Trenta parla con il capo di stato maggiore Enzo Vecciarelli e lo scontro istituzionale deflagra». Sempre ieri, in effetti, lo Stato maggiore della Difesa ha precisato in una nota che le forze armate agiscono «secondo la prevista linea gerarchica», come a dire: comanda la Trenta, non il capo del Viminale. E la Trenta, a quanto pare, è sulla linea Di Maio: se il guazzabuglio libico esploderà definitivamente, frontiere aperte a tutti. Ovviamente è molto suggestiva l'idea che perfino i generali sconfessino la rigidità del ministro dell'Interno. Forse, però, dovremmo ricordarci chi è il capo di stato maggiore della Difesa, ovvero il generale Vecciarelli. Stiamo parlando dell'uomo che qualche mese fa, durante un convegno, ha spiegato quali siano i nuovi compiti dei militari: «Non si tratta più di difendere i confini, come poteva essere una volta», ha detto. «Oggi si tratta di difendere i flussi dei nostri cittadini, il potersi muovere in libertà, poter avviare attività industriali in molte parti del mondo». Chiaro, no? Il compito delle forze armate non è difendere i confini, anzi è quello di agevolare la mobilità. Insomma, è chiaro quale sia la linea politica dello Stato maggiore, motivo per cui non stupisce che si esprima a favore della Trenta. Ora, ciascuno è libero di coltivare le proprie opinioni. Tuttavia ci sono alcune questioni da tenere presenti. Che la crisi libica possa provocare movimenti migratori è molto probabile. È anche probabile, però, che i libici in fuga dalla guerra non salgano sul primo barcone disponibile per recarsi in Italia. È più facile invece che, come accaduto in passato, si dirigano verso i Paesi vicini, ad esempio la Tunisia. Ma l'idea di aiutare questi Paesi ad accogliere eventuali profughi sembra che nessuno la prenda in considerazione: in compenso si dicono tutti pronti ad accoglierli qui. Se davvero abbiamo a cuore il destino della Libia, la prima cosa da fare è prodigarsi affinché le diplomazie prevalgano sulle bombe. Poi, eventualmente, bisognerà concentrarsi sul contenimento dei danni. Ma l'idea di iniziare già ora a spalancare le frontiere è un suicidio. Non a caso la Francia - che pure del colossale pasticcio nordafricano è la maggiore responsabile - ha fatto sapere ieri l'altro che prorogherà di altri sei mesi la chiusura delle frontiere con l'Italia, onde evitare che sul suo territorio approdino terroristi e clandestini indesiderati. Se i francesi si blindano, perché noi dovremmo recitare per l'ennesima volta la parte dei fessi? È evidente che i «porti aperti» e la maggiore presenza di navi taxi nel Mediterraneo gioveranno soltanto ai trafficanti di uomini. Non è teoria: sono i fatti. Abbiamo visto come le linea tenuta dal governo (5 stelle compresi) negli ultimi tempi abbia contribuito a ridurre drasticamente gli sbarchi e a far calare pure il numero dei morti. E adesso davvero qualcuno vuole tornare indietro? Le conseguenze di una nuova invasione le conosciamo. Di terroristi (aspiranti o praticanti) ne abbiamo già avuti in passato, non solo in Italia, e altri continuano a spuntare, come dimostrano gli arresti effettuati ieri dalla Digos di Palermo. Sappiamo che in Libia sono reclusi parecchi miliziani dell'Isis. Siamo sicuri di volerli ospitare? Da qualche mese a questa parte anche il meccanismo di Profugopoli sta crollando: poiché la materia prima viene a mancare, chi lucrava sui migranti grida, strepita e si lagna. Sono certi i 5 stelli di voler ripristinare questo business? Forse dovrebbero chiederselo, prima di invocare i porti aperti.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.





