
L’editore del giornale è «socio» dell’Eliseo, che controlla parte delle azioni di Stellantis.Sulla Settimana Enigmistica è una delle rubriche più frequentate: trova le differenze. Proviamo a divertirci un po’. Ieri La Stampa apriva la prima pagina col titolo: «Europa, asse anti-Meloni». Si dà il caso che domenica il presidente del Consiglio aveva in un vertice ristretto a Roma alla sua destra il vicepresidente degli Usa e alla sua sinistra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. E c’è una bella foto che lo testimonia. Si dà il caso che J.D. Vance abbia ringraziato Giorgia Meloni perché fa da ponte tra le due sponde dell’atlantico e Ursula von der Leyen abbia apprezzato lo sforzo dell’Italia per la mediazione a cominciare dai dazi. Il 16 maggio è stata scattata un’altra foto dove vengono ritratti Keir Starmer, premier britannico che con l’Ue non c’entra nulla, Donald Tusk premier polacco in bilico, Friedrich Merz cancelliere tedesco dimezzato ed Emmanuel Macron, presidente de la République de France che gode di un consenso stimato attorno al 12%. Questa foto è stata fatta garrire dall’opposizione italiana - con Giuseppe Conte contro le armi e Elly Schlein cerchiobottista sulla pelle degli ucraini bombardati - per dire che Giorgia Meloni non conta nulla - tema ripreso dall’autorevole La Stampa - perché non si è attovagliata con i quattro «volenterosi» che hanno parlato del nulla cosmico. Emmanuel Macron, per zittire Giorgia Meloni che ha giustificato l’assenza col fatto che l’Italia ha già espresso totale contrarietà all’invio di soldati in Ucraina, ha spergiurato che «non si è parlato di truppe». E allora di cosa hanno altamente concionato? Dicono di aver telefonato a Donald Trump! Ma la Meloni, la Casa Bianca, l’aveva accanto a casa sua! Ora troviamo le differenze: in una foto ci sono quattro signori che parlottano e rappresentano - a tutto concedere - i loro Paesi con capacità d’intervento in Ucraina pari a zero. Nell’altra ci sono il vicepresidente Usa, cioè il rappresentante di quelli che pagano la guerra in Ucraina e i soli che possono farla finire, e la presidente della Commissione di quell’Europa a cui la nostrana opposizione assegna ogni virtù taumaturgica, messi insieme dopo settimane di ripicche da Giorgia Meloni. E però La Stampa trova modo di dire che c’è un asse dell’Europa anti-Meloni. Viene da chiedersi dove il foglio torinese trovi l’aggancio al suo titolo. La risposta c’è: sta nell’anti-italianità. Emmanuel Macron vorrebbe cancellare Giorgia Meloni perché ce l’ha con l’Italia e perché è la sponda decisiva per Marine Le Pen e il Rassemblement National che lo stanno per sfrattare dall’Eliseo. L’editore della Stampa, John Elkann - tra l’altro la procura di Torino lo accusa di truffa e evasione fiscale e gli ha sequestrato insieme ai fratelli Lapo e Ginevra 78,4 milioni di euro - si è rifiutato di interloquire col Parlamento italiano ed è «socio in affari» di Macron che ha in Stellantis più del 9% dei diritti di voto, che si sommano all’11% della famiglia Peugeot. Elkann ha basato Stellantis, la Ferrari e la cassaforte di famiglia Exor, che ha abbandonato anche la Borsa di Milano, in Olanda. Ora, che La Stampa tenga un profilo di compiacenza, se non di genuflessione, a Macron è, come s’usa dire, nelle cose. A sostanziare l’anti-italianità ci pensano anche insigni collaboratori: Elsa Fornero, Gustavo Zagrebelsky, Veronica De Romanis coniugata con Lorenzo Bini Smaghi, presidente della Société Générale, che è la quarta banca europea totalmente francese, integrata nel sistema di relazioni di Macron. È quel milieu sabaudo che ha ruotato attorno al Pci, si è gloriato in Piemonte di una resistenza smontata da Giampaolo Pansa e ha alimentato ataviche spocchie anti-italiane in virtù di una mai dimostrata superiorità morale. In fin dei conti ai Savoia di fare l’Italia non glien’è mai importato nulla: gli italiani erano al massimo sudditi. E tali ha continuato a considerarli l’altra «dinastia»: quella che ha inventato la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite a spese del contribuente. Il giornale di famiglia, anche con i titoli, si adegua.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Cinquant’anni fa uscì la prima critica gastronomica del futuro terrore dei ristoratori. Che iniziò come giornalista di omicidi e rapine di cui faceva cronaca sul «Corriere d’informazione». Poi la svolta. Che gli procurò una condanna a morte da parte del boss Turatello.
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
Mauro Micillo: «Le iniziative avviate dall’amministrazione americana in ambiti strategici come infrastrutture e intelligenza artificiale offrono nuove opportunità di investimento». Un ponte anche per il made in Italy.
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
All’ex procuratore devono essere restituiti cellulari, tablet, hard disk, computer: non le vecchie agende datate 2017 e 2023. E sulla Squadretta spunta una «famiglia Sempio».