2021-05-30
Stallo sulla Politica agricola comune. Il Green deal fa saltare le trattative
Stefano Patuanelli (Ansa)
Per noi sono in gioco 50 miliardi. Rottura sui sussidi ai latifondisti e sulle iniziative verdi.Di buone intenzioni sono lastricate le strade dell'inferno. Con la Politica agricola comunitaria va così. Dopo quattro giorni di trattative Parlamento europeo e Consiglio d'Europa (i 27 ministri agricoli) si sono lasciati con molto rancore e un nulla di fatto. Si rivedranno pare a metà giugno. Ballano, solo per il nostro Paese, 50 miliardi da qui al 2027. A rimetterci è l'Italia che non vedendo rifinanziato l'asse di spesa per lo sviluppo rurale resta in posizione subalterna rispetto ai Paesi che hanno enormi estensioni e monocolture. Lo stop alle trattative lo ha ratificato il presidente della commissione Agricoltura del Parlamento Ue, Norbert Lins (Partito popolare) dopo che il presidente di turno del Consiglio d'Europa, il ministro agricolo del Portogallo Maria do Céu Antunes, ha avanzato una proposta giudicata irricevibile dai parlamentari. Ciò che nessuno dice è perché si è rotto il negoziato; questo svelerebbe che le buone intenzioni sono una cosa e le pratiche, in Europa, un'altra. Ursula Von der Leyen, per ragioni molto tedesche, insiste sul Green deal e in agricoltura si sono inventati il progetto Farm to fork che nelle intenzioni dovrebbe farci mangiare meglio, più sano e più verde. Per l'Italia che detiene il massimo di biodiversià nel continente e che ha un'agricoltura iper specializzata dovrebbe essere un pranzo di gala. E invece tutt'altro: la Pac è pensata per premiare le multinazionali, per far finta che il biologico sia un'opzione che salvaguarda la biodiversità mentre è in realtà punitiva per le agricolture mediterranee. Pilastro del Farm to Fork è il Nutriscore la famigerata etichetta a semaforo che piace tanto alla Nestlé, che premia le bibite gassate dolcificate chimicamente e boccia l'olio extravergine di oliva. Farm to fork aumentando a dismisura i costi di produzione agricola europea genererebbe una eterogenesi dei fini: indurre i consumatori verso il cibo spazzatura per impossibilità di accedere economicamente ai prodotti ecocompatibili e incrementare le importazioni di materie prime agricole. È quell'Europa verde che per dirne una vuole dichiarare i noccioleti un eco crimine perché sfrattano le altre colture e però applaude ai pannelli solari che sottraggono terra coltivabile. È un'Europa dove domina l'ipocrisia. Norbert Lins ha dichiarato: «Sono molto deluso, noi dobbiamo tutelare gli agricoltori». Ma la domanda è: quali? I ministri agricoli si sono riuniti in Agrifish a parlare di pesca, tema assai scottante dopo la Brexit, per mettere a punto anche le proposte sulla Pac. C'era anche il nostro ministro Stefano Patuanelli che un risultato lo ha portato a casa: l'innalzamento al 3% dei rimborsi per calamità naturali. Ma sulla pesca niente tutela della piccola marineria, così come nessuna tutela per i piccoli agricoltori. Il Consiglio d'Europa insiste per continuare a pagare aiuti ai latifondisti: l'80% dei contributi va al 20% delle aziende. Chi ci rimette sono Paesi come l'Italia che hanno un'altissima marginalità per ettaro, ma aziende poco estese, mentre chi ha i verdi pascoli del Nord Europa magari non fa biodiversità, ma occupa tanta terra. La von der Leyen ci ha riempito di Green deal, ma quando si tratta di finanziare davvero chi fa agricoltura verde le cose cambiano: anche in questo caso i contribuiti vogliono darli a chi produce materie prime per la trasformazione, non alle aziende biologiche. Il terzo elemento è il più contradditorio di tutti. I capi di Bruxelles parlano di sostenibilità, ma quando si tratta di introdurre la cosiddetta «condizionalità sociale» (contributi a chi non sfrutta i lavoratori e a chi ha pratiche trasparenti) chiesta a gran voce dall'Italia (anche in difesa degli agricoltori in conto diretto) seguita da Francia e Spagna, i signori del Nord dicono no a cominciare dalla Germania che ha i macelli dove lavorano per 3 euro l'ora gli immigrati che smontano maiali (ma la von der Leyen ci vuol far mangiare i bachi della farina...). E così la Pac resta nei cassetti creando enormi difficoltà. Lo rileva Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, che nota: «La sensazione è che non si capisca la fondamentale importanza della Pac, un indispensabile supporto per milioni di agricoltori che garantiscono la sicurezza alimentare». Scordamaglia aggiunge: «È essenziale che gli sforzi importanti e i maggiori requisiti ambientali che vengono richiesti agli agricoltori europei siano accompagnati da un adeguato livello di sostegno alla produzione. Diversamente le produzioni di qualità causa costi diventeranno appannaggio solo di un'élite di consumatori privilegiati». Filiera Italia, quindi, auspica una ripresa concreta della discussione partendo innanzitutto da quello studio di valutazione d'impatto che la Commissione incomprensibilmente rifiuta di fare su Farm to fork. Forse perché, conclude Scordamaglia, «potrebbe far intravedere un crollo inaccettabile della produzione agricola europea a vantaggio solo dei Paesi terzi che potrebbero così esportare di più in Europa producendo con standard più bassi». Insomma più che una Pac è un pacco.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.