2019-12-14
Spunta la società della donna di fiducia di Lotti
Eleonora Chierichetti, ex capo segreteria al ministero dello Sport, aveva una Sas con Riccardo Maestrelli e l'avvocato renziano.Non mancavano certo d'ambizione i quattro soci che il 22 novembre 2018 hanno costituito la Mediceo di Eleonora Chierichetti sas, società che evoca il potere e la magnificenza dei signori di Firenze del XIV secolo. E che ritroviamo nelle migliaia di pagine dell'inchiesta sulla fondazione Open condotta dalla Procura di Firenze in cui sono indagati l'ex presidente Alberto Bianchi e l'ex consigliere Marco Carrai.A sottoscrivere le quote della Sas sono due legali (Bianchi, appunto, e Alberto Maria Bruni), un imprenditore di successo (Riccardo Maestrelli) e una giovane donna laureata in scienze del turismo (Eleonora Chierichetti). Maestrelli è uno dei finanziatori più munifici della galassia renziana. È stato consigliere di amministrazione della Cassa depositi e prestiti immobiliare, ai tempi di Matteo premier, ed è il rampollo della dinastia che ha prestato all'ex Rottamatore i famosi 700.000 euro per l'acquisto della super villa di Firenze da 1,3 milioni di euro. Operazione passata, come ha raccontato La Verità, attraverso i conti correnti della mamma di lui - la signora Anna Picchioni - e della moglie di Renzi, Agnese Landini, e finita al centro di una segnalazione dell'Antiriciclaggio di Bankitalia. Eleonora Chierichetti è invece l'ex capo segreteria di Luca Lotti ai tempi del ministero dello Sport, che ha interrotto il rapporto di lavoro con Palazzo Chigi il 2 giugno 2018, quindi cinque mesi prima di costituire la Sas che ne porta il nome. La sede è presso lo studio dell'avvocato Bianchi nel capoluogo toscano, e può contare su un capitale sociale di appena 2.000 euro. Opera sul mercato della «consulenza e della pianificazione strategica, finanziaria e commerciale di advocacy, servizi alle imprese nei settori legale, della comunicazione, delle pubbliche relazioni, del marketing, del Web e dei social media». La Sas è citata negli atti come testimonianza degli incroci di interessi economici esistenti tra finanziatori (Maestrelli) e uomini d'apparato renziani (Bianchi). Il sospetto dei pm fiorentini, infatti, è che la fondazione, agendo come «articolazione di partito politico», abbia saldato gli ambienti degli affari con quelli della politica sfuggendo ai controlli rigorosi, in tema di trasparenza finanziaria e di finanziamento ai partiti, imposti ai soggetti politici. Ragionamento che riguarda pure l'attività e l'operatività dell'associazione Firenze-Cina, anch'essa domiciliata presso lo studio dell'avvocato Bianchi. Ne sono fondatori Marco Carrai, Fabrizio Landi e Jacopo Mazzei, quest'ultimo attraverso la Real estate development e management srl, riconducibile alla Fingen spa controllata, a sua volta, dalla famiglia Fratini. Schiatta fiorentina sostenitrice di Renzi fin dalle origini. Landi è tra i finanziatori in chiaro di Open (10.000 euro) ed è stato consigliere di amministrazione di Finmeccanica. Gli inquirenti annotano che Landi è anche nel board di società del gruppo Menarini che fa riferimento alla famiglia Landini-Aleotti, contributori per circa 300.000 euro di Open. Nomi e società che ritornano e che s'intrecciano nel microcosmo dell'ex Rottamatore. Con Menarini, infatti, ha «effettuato operazioni» pure un altro big di stretto rito renziano: Patrizio Donnini, indagato insieme alla socia Lilian Mammoliti nel filone parallelo sulle plusvalenze sospette incassate dal gruppo Toto. Nel periodo 2012-2016 la sua Dotmedia (organizzatrice della Leopolda) avrebbe fatturato al colosso farmaceutico 815.000 euro. I Toto sono un po' il centro di confluenza dei due filoni giudiziari considerato che avevano rapporti sia con Bianchi sia con Donnini. Una «singolare coincidenza», la definiscono gli inquirenti. L'avvocato ha incassato dai Toto parcelle per 2,948 milioni (una parte delle quali è confluita nei conti correnti della fondazione e del Comitato per il sì al referendum) mentre Donnini molto di più: 4,356 milioni nel periodo 2014-2018. Come? Scrivono gli investigatori: «In parte con operazioni di compravendita di quote societarie effettuate dalla Immobil green prive di valide ragioni economiche e [...] dissimulatorie di un mero trasferimento di denaro» (la Renexia dei Toto ha acquisito dalla Immobil green cinque società per 1,030 milioni di euro che al cedente erano costate appena 80.000 euro) e in parte con rapporti diretti con altre due sigle che fanno riferimento all'imprenditore fiorentino: la Dotmedia (1,510 milioni) e la Pd consulting (1,815 milioni di euro). A pagare erano due società del gruppo: la holding e la Strada dei parchi. Con quest'ultima Donnini ha mantenuto rapporti fino al maggio scorso, quattro mesi prima dell'avvio dell'inchiesta.