La Germania vende a Pechino prodotti per 97 miliardi (soprattutto automotive) ed è l’unico Paese dell’Unione ad avere un saldo positivo nella bilancia commerciale. Massiccio aumento delle esportazioni alimentari francesi in Asia. L’Italia è indietro.
La Germania vende a Pechino prodotti per 97 miliardi (soprattutto automotive) ed è l’unico Paese dell’Unione ad avere un saldo positivo nella bilancia commerciale. Massiccio aumento delle esportazioni alimentari francesi in Asia. L’Italia è indietro.Una volta di più si scrive Ue e si legge Berlino. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen a fronte dei dazi di Donald Trump e nonostante la tregua di tre mesi concessa dal presidente americano per l’applicazione delle tariffe reciproche ha subito rivolto gli occhi – a mandorla – verso Est. Pechino ha sulla baronessa una sorta di attrazione fatale. Ci sarebbe da discutere come sia possibile che Ursula von der Leyen che vuole il riarmo europeo, che è pronta a far indebitare gli Stati e l’Unione per 800 miliardi per scongiurare la minaccia di Vladimir Putin e difendere la martoriata democrazia ucraina, eserciti come opzione un legame strettissimo con Xi Jinping dittatore comunista della Cina e primo alleato della Russia. Sono i misteri delle convenienze e quando è in gioco l’interesse della Germania la baronessa rinuncia anche ai sacri principi. Berlino ha un rapporto privilegiato con Pechino che peraltro stavolta nei confronti degli Usa fa la voce grossa: dazi al 125% su tutte le merci a stelle e strisce. Viene da farsi anche una seconda domanda: com’è che quando si tratta di contrastare i dazi di Donald Trump non sono ammesse fughe in avanti dei singoli Stati pena la scomunica per sovranismo, ma quando si tratta di fare affari ognuno per sé? Von der Leyen tre giorni fa ha avuto una lunga telefonata con Li Qiang – primo ministro cinese – con il pretesto di celebrare il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Bruxelles e Pechino – a luglio la baronessa sarà in Cina - ma hanno parlato di dazi sottolineando l’urgenza di soluzioni strutturali «per riequilibrare le relazioni commerciali bilaterali e garantire un migliore accesso delle imprese, dei prodotti e dei servizi europei al mercato cinese». Non va mai dimenticato che a favorire l’ingresso nel Wto – l’organizzazione mondiale del commercio – è stato Romano Prodi nel 2000 quando era presidente della Commissione europea in perfetto accordo con l’allora presidente democratico degli Usa Bill Clinton che aprì le porte della globalizzazione il primo dicembre del 2001. Ancora una volta la Cina trova a Bruxelles una sponda privilegiata. Ieri il ministero cinese delle finanze annunciando che da oggi le tariffe doganali sulle merci americane scattano al 125% - finora erano al’84% - ha ribadito di guardare all’Europa come a un partner privilegiato sottolineando che «se gli Stati Uniti continueranno a imporre tariffe più alte, non avranno più senso economico e diventeranno una barzelletta. Se gli Stati Uniti insisteranno nel violare in modo sostanziale gli interessi della Cina, quest’ultima contrattaccherà risolutamente e combatterà fino alla fine». Contando sulla sponda europea e considerato che l’Ue è già adesso il primo partner commerciale di Pechino che vende agli europei – dati Eurostat del 2024 – merci per 517,8 miliardi di euro e compra in Europa per 213,3 miliardi di euro con un vantaggio commerciale per «l’impero (comunista) del dragone» di oltre 304 miliardi di euro. La Cina è il nostro primo partner e detiene il 21,3 % delle importazioni Ue, gli Usa ci vendono per il 13,7%; però dal punto di vista delle esportazioni Pechino è solo il terzo Paese dopo Usa (20,6%) e Regno Unito (13,2%). La domanda è: da chi compra Pechino in Europa? La risposta è scontata: il 44,5% degli acquisti la Cina li fa in Germania che vende a Pechino per 97 miliardi (dalla Cina i tedeschi comprano per 95 miliardi e sono l’unico paese dell’Ue ad avere un saldo positivo nella bilancia commerciale). Tra Berlino e Pechino c’è un derby mondiale delle esportazioni visto che la Cina è arrivata al suo record di surplus lo scorso anno di 992 miliardi di dollari e Berlino si è fermata a 239 miliardi di euro (di questi quasi 74 sono con gli Usa e il nervosismo di Donald Trump forse ha una qualche ragione) ma è anche vero che per 8 anni filati dal 2016 la Germania è stato il primo partner commerciale della Cina a cui ha venduto milioni e milioni di auto. I dazi messi dalla Von der Leyen sulle auto cinesi sono stati inevitabili quest’anno constatato che il trend si era invertito. Pechino ha venduto in Germania 5 milioni di autovetture e ne ha importate solo 1,5 milioni. Ma il rapporto privilegiato con la Germania rimane. In Europa c’è qualcun altro che ha interesse a coltivare rapporti privilegiati con Pechino: sono i francesi che ci battono grandemente sul nostro terreno privilegiato, quello dell’agroalimentare. Le esportazioni francesi di prodotti agricoli e agroalimentari verso la Cina hanno raggiunto i 3,8 miliardi di euro nel 2023, mentre le importazioni sono ammontate a 733 milioni di euro, generando un surplus di 3 miliardi di euro secondo i dati delle dogane francesi. La Cina è il primo cliente francese in Asia e l’ottavo nel mondo. Vini e liquori fanno la parte del leone con il 41% delle esportazioni, davanti a cereali (28%), latticini (13%) e carni (6%). Giusto per avere una proporzione noi ai cinesi vendiamo vino per 89,5 milioni di euro e siamo comunque il ventiduesimo partner commerciale di Pechino: importiamo per 47,5 miliardi ed esportiamo per 27 con un saldo negativo di 20 miliardi. Capire a chi conviene commerciare con Pechino non è complicato!
Francesca Albanese (Ansa)
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2025-10-15
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