2020-10-25
Speranza vuole serrarci tutti in casa ma i cortei rossi sono «responsabili»
Nel suo libro ora ritirato dagli scaffali, il ministro rivendica la propria predilezione per la linea dura. Che però non vale per chi ha violato le restrizioni il 25 aprile: «Gli antifascisti sanno quale sia il bene del nostro Paese».Quando ci saremo lasciati tutto questo alle spalle, e ripenseremo ai giorni scuri dell'epidemia, è probabile che ricorderemo con particolare irritazione la discrezionalità con cui i governanti hanno esercitato il potere. La loro tendenza a stigmatizzare alcune fasce della popolazione salvandone altre per motivi del tutto personali o, peggio, ideologici. Insomma, l'antico vizietto di colpire i nemici e difendere gli amici della parrocchietta. A fornire un ottimo esempio del proverbiale doppiopesismo ci pensa, ancora una volta, Roberto Speranza, grazie al suo libro Perché guariremo, pubblicato e distribuito da Feltrinelli e ritirato dal commercio alla velocità della luce lo stesso giorno dell'uscita. Il ministro della Salute, per giustificare la pessima figura, si è nascosto dietro il lavoro. «È chiaro che io in questo momento non posso impegnare il mio tempo per presentare un libro, sono impegnato ventiquattro ore al giorno per gestire questa emergenza», ha detto il nostro nella trasmissione di Andrea Scanzi sul Nove venerdì sera. Siamo contentissimi che il ministro abbia deciso di dedicarsi a tempo pieno ai propri compiti. Notiamo tuttavia che - anche qualora il tempo di presentare il volume lo avesse avuto - andare in giro a farsi bello con un libro autoassolutorio sul Covid non sarebbe stato un gesto di gran classe. Del resto non è stata strepitosa nemmeno l'idea di scriverlo, il pur agile tomo: sarebbe stato meglio se il ministro si fosse dedicato ad altro, a maggior beneficio degli italiani. In ogni caso, ormai, il libro è stato scritto, e noi ne conserviamo gelosamente una delle pochissime copie uscite dai cartoni. Sfogliandola ci siamo imbattuti in un capitolo parecchio indisponente, che mette in luce l'ennesima contraddizione nell'atteggiamento di Speranza. Alle pagine 149 e 150 troviamo un brano intitolato «Resistenza», che porta la data del 25 aprile 2020. Il ministro descrive l'amarezza per non aver potuto partecipare, per la prima volta nella sua vita, alle celebrazioni della liberazione in piazza. «Avevo pensato di andare alle Fosse Ardeatine», scrive, «per fare almeno un gesto simbolico, ma ho deciso di condividere la sorte di tutti gli altri cittadini che dovranno rinunciare al corteo, alla commemorazione, anche semplicemente alla giornata di festa». Giusto: gli assembramenti erano vietati, il ministro ha fatto bene a dare l'esempio. Speranza, tuttavia, sembra non ricordare benissimo che cosa sia accaduto quel giorno di qualche mese fa, che oggi ci sembra così distante. In numerose città italiane gli assembramenti ci furono eccome. Gente che festeggiava in gruppo riempiendo un quartiere di Bologna, sfilate a Roma e in tutte le città più rosse. Il tutto alla faccia dei divieti, alla faccia degli italiani costretti a restare in casa, degli anziani che non potevano vedere i nipoti e i figli, dei fedeli che avrebbero voluto assistere a una messa ma non avevano potuto farlo in nome della ragion di Stato. Le foto delle riunioni rosse finirono su tutti i giornali, dunque è impossibile che Speranza non se le ricordi. E infatti ne ha memoria. Ma una memoria, diciamo così, vagamente distorta. Sentite che cosa scrive nel suo «diario» del 25 aprile: «Siamo nel pieno della querelle sulle riaperture, una delle mille sterili polemiche che in questi giorni hanno sempre puntato il dito contro la “gente". Che sbaglia, che affolla parchi e strade, che corre, che passeggia con il cane. Che oggi porta i fiori alle lapidi che ricordano i partigiani anche se non potrebbe uscire di casa. Penso che siamo esseri umani fallibili. Ma che il popolo italiano ha fatto il 25 aprile e sa benissimo che cosa sia la responsabilità verso il proprio Paese». Stupefacente. Dopo aver rivendicato per tutto il libro di essere stato per «la linea dura» fin da subito, il ministro cambia completamente registro. Quando si tratta delle persone assembrate per il 25 aprile, si mostra tollerante e comprensivo, anzi si schiera con chi ha violato le regole. Perché in fondo chi festeggia la liberazione «sa benissimo cosa sia la responsabilità». Bellissime parole. Peccato soltanto che, in altre occasioni non troppo diverse, Speranza abbia fatto ricorso a toni ben più duri. A proposito dei (nemmeno troppo numerosi) manifestanti scesi in piazza a settembre contro la «dittatura sanitaria», il ministro parlò di una «manifestazione inaccettabile, che fa rabbrividire». E ribadì: «Le regole fondamentali, la mascherina e il distanziamento, devono essere veramente rispettati da tutti». Già, da tutti tranne coloro gli attivisti rossi che si riuniscono il 25 aprile a dispetto delle norme. Giova ricordare che Speranza è lo stesso che valutò, in luglio, il «ricovero coatto» da applicare a chi si fosse sottratto alla quarantena obbligatoria. È lo stesso che, più di recente, si è speso per bloccare le attività sportive, arrivando a battibeccare con Roberto Mancini. Libro o non libro, sarebbe interessante che il ministro facesse chiarezza. Se il 25 aprile gli italiani sono «responsabili» anche se violano i decreti, perché non dovrebbero esserlo pure tutti gli altri giorni dell'anno? Perché gli attivisti rossi vanno giustificati e intanto si vuol tornare a stroncare bar, gelaterie, piscine, palestre, ristoranti e tante altre attività che creano lavoro e, soprattutto, benessere?Vorrà dire che, di fronte a un'ulteriore stretta, ci comporteremo così: violeremo le regole, e se la polizia ci fermerà diremo che siamo diretti a un corteo per il 25 aprile, siamo solo partiti in anticipo.
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