2021-08-08
Speranza non dà i verbali del vertice con le Regioni all’inizio della pandemia
Nell'incontro del 25 gennaio 2020 potrebbe essere stata decisa la modifica, introdotta due giorni dopo, dei criteri da adottare per i malati sospetti, che accelerò i contagi. Ma il dicastero impedisce di visionare gli atti.Il rapporto tra test e casi rilevati scende al 2,3% e le morti a 22. Lieve salita di ricoveri ordinari e in terapia intensiva. Gianni Rezza: «Siamo ben al di sotto della soglia critica».Lo speciale contiene due articoli.A distanza di oltre un anno e mezzo, restano ancora coni d'ombra sulla gestione italiana della pandemia. Infatti, benché lo scorso 8 giugno i verbali della task force istituita dal ministro della Salute Roberto Speranza siano stati resi noti - sia pure obtorto collo, dopo richieste e addirittura ricorsi alla magistratura -, ci son ancora aspetti ed eventi opachi, tutti da chiarire. Peccato che, da Roma, la volontà di collaborare pare sia assai scarsa; ma andiamo con ordine.Due mesi fa esatti, come si ricordava, son stati resi pubblici i verbali della task force relativi alle sedute avvenute tra il 22 gennaio e il 21 febbraio 2020. Quei verbali non dicono però tutto dell'attività di quei giorni, in cui veniva programmata la risposta dell'Italia al Covid. Sappiamo infatti che sabato 25 gennaio 2020, parallelamente all'incontro con la task force, se n'è tenuto un secondo tra il ministro Speranza e le regioni. Il contenuto di quella riunione, però, è tutt'ora oscuro: come se non fosse mai esistita.Prova ne sia che, per averne notizie, sono state inoltrate a Roma ben due richieste di accesso agli atti: una da parte di Consuelo Locati, avvocato che nei processi di Bergamo e Roma guida il team dei legali di 520 familiari delle vittime del Covid, l'altra da Marco Lisei, capogruppo di Fratelli d'Italia nel Consiglio regionale dell'Emilia Romagna. Ebbene, nonostante il duplice sollecito, la risposta ministeriale è stata a dir poco scarna. Ci si è infatti limitati a fornire ai richiedenti informazioni sulla lista dei presenti e un comunicato stampa in cui si riferisce di «un incontro con i rappresentanti delle Regioni al fine di gestire il coordinamento sul territorio delle disposizioni adottate in questi giorni e la comunicazione dell'evolversi della situazione».Un bel giro di parole che però dice nulla. Il quesito perciò resta: che cosa si son detti Speranza e i rappresentanti delle Regioni quel 25 gennaio 2020? L'interrogativo non è banale per più ragioni. In primo luogo perché, come rimarcava L'Eco di Bergamo del 9 luglio scorso, «in Procura, dov'è aperta un'inchiesta sulla pandemia, non risultano incontri segreti tra governo e Regioni» in data 25 gennaio. In seconda battuta, va evidenziato come quell'incontro sia avvenuto tra due date assai significative rispetto a come, in Italia, furono gestite le fasi iniziali della pandemia.Infatti, il 22 gennaio, a seguito di una riunione con la task force, si erano date indicazioni precise sull'individuazione dei casi sospetti di Covid, precisando che il paziente con sintomi riconducibili al noto virus dovesse essere tenuto sotto controllo indipendentemente da un suo collegamento con Wuhan, città da dove tutto è iniziato. Invece alcuni giorni dopo, il 27 gennaio, il Ministero ha diramato indicazioni che, nella definizione dei casi sospetti, includessero un preciso legame con la Cina, allargando così parecchio le maglie del monitoraggio.Ebbene, è plausibile che tale cambio di rotta - che non può non aver avuto conseguenze nelle fasi iniziali della pandemia, almeno per l'Italia - sia maturato in seno alla riunione del 25 gennaio, incontro sul contenuto del quale, ad oggi, non si sa ancora nulla. «Se il verbale di quella riunione non esistesse», ha spiegato alla Verità l'avvocato Locati, «saremmo in presenza di una violazione del diritto amministrativo, che impone che, entro 30 giorni da un incontro, se ne redigano gli atti». «Tuttavia, resta naturalmente possibile che quel verbale ci sia», ha aggiunto la legale, «e proprio per questo abbiamo inoltrato una nuova richiesta al ministero, in modo che ci risponda chiaramente se quel documento esiste oppure no».«Quella riunione del 25 gennaio è molto importante», sottolinea Galeazzo Bignami, parlamentare di Fratelli d'Italia che tanto si è speso proprio per portare alla luce i verbali della task force, «perché aiuta a capire come il governo sta affrontando, nel rapporto con le Regioni, le prime fasi della pandemia. Teniamo presente che non era stato ancora dichiarato lo stato d'emergenza». «Il fatto che non si vogliano divulgare i contenuti di quell'incontro», conclude Bignami, «dimostra che la trasparenza è - e resta - un grosso problema per il ministro Speranza». In effetti, capire come si stesse muovendo il governo italiano in quei giorni di gennaio, ben lungi dall'essere una curiosità superflua, sarebbe fondamentale. Aiuterebbe in particolare a comprendere se, da parte del governo, ci furono scelte avventate o poco sensate, anche se basta ripensare al «siamo prontissimi» scandito da Giuseppe Conte il 27 gennaio 2020, ospite da Lilli Gruber, per farsi un'idea; e per immaginare che le resistenze ministeriali sui verbali del 25 gennaio, più che un tentativo di tutelare la privacy, possano essere un modo per coprire delle responsabilità.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speranza-verbali-vertice-regioni-pandemia-2654565620.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-calo-decessi-e-tasso-di-positivita" data-post-id="2654565620" data-published-at="1628376096" data-use-pagination="False"> In calo decessi e tasso di positività Frenano i contagi da virus Sars-Cov2 in Italia e confermano il rallentamento nella curva registrato negli ultimi sette giorni, come si legge nel report diffuso venerdì dal ministero della Salute. Ieri sono stati registrati 6.902 nuovi positivi al Covid-19 su 293.863 tamponi effettuati. Il tasso di positività si abbassa così al 2,3%, con una riduzione dello 0,3% rispetto al 2,7% di venerdì (6.599 positivi su 244.657 tamponi). In calo anche i decessi: 22 (sono 2 in meno rispetto ai 24 del giorno precedente). In lieve aumento la pressione sugli ospedali. In terapia intensiva ci sono 11 pazienti in più (erano + 7 venerdì) per un totale di 288 degenti. I ricoverati in area medica sono 2.533 (+84 contro i 40 del giorno prima). Sono invece 105.714 le persone in isolamento domiciliare. Non preoccupano questi dati Gianni Rezza, direttore generale Prevenzione del ministero della Salute. Secondo l'esperto, «i tassi d'occupazione di area medica e terapia intensiva» tendono «in qualche regione a un certo aumento, però per ora contenuto. Possiamo anche aspettarci ancora un certo aumento sia in area medica che in terapia intensiva - spiega Rezza - come conseguenza a medio termine dell'aumento dell'incidenza che c'è stato nelle scorse settimane, però siamo ben al di sotto della soglia critica». Continua a decrescere l'età mediana di chi contrae l'infezione, che questa settimana è a 27 anni. Mentre resta stabile l'età mediana al primo ricovero a 52 anni. Anche l'età mediana in terapia intensiva è stabile poco sopra i 60 anni. I deceduti hanno intorno agli 80 anni, ma l'età è molto variabile perché, fortunatamente, i decessi sono piuttosto limitati in questo momento. Sul fronte delle vaccinazioni anti-Covid, sono 2,26 milioni gli over 50 che non si sono ancora sottoposti alla prima dose, pari al 23,39%. Tra questi, gli ultra sessantenni a cui non è ancora stato inoculato il vaccino sono 1,2 milioni, pari al 16,05%, secondo il report settimanale della struttura commissariale all'emergenza guidata dal generale Francesco Figliuolo. Sono senza prima dose inoltre 657.727 over 70 (10,93%) e 298.591 persone con più di 80 anni (6,56%). Il problema è che «sono le persone in queste fasce d'età che, quando contraggono l'infezione, hanno un rischio più elevato di manifestare sintomatologia complicata», ha ricordato il presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss), Silvio Brusaferro, durante la conferenza stampa sui dati del monitoraggio Covid-19. In particolare, «i dati disponibili indicano che le persone che vanno in rianimazione per l'80-90% dei casi sono non vaccinate», ha dichiarato Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo). «E questa è una dimostrazione di quanto importante sia il vaccino», ha ricordato Anelli invitando gli italiani che non vogliono vaccinarsi «a fare una forte riflessione e a comprendere come queste malattie infettive richiedono a tutti noi un impegno importante, ovvero essere disponibili a vaccinarsi». Sono i più giovani a trainare le immunizzazioni. «La cosa che colpisce di più», ha rilevato Brusaferro, «è il fatto che le giovani generazioni stanno aderendo in maniera importante alla campagna vaccinale». Quasi un milione di under 19 (circa il 37%) è vaccinato con la prima dose. I dati sono in due nuove tabelle inserite per la prima volta nel report del governo. I numeri dicono che è vaccinato il 32,43% dei ragazzi tra 16 e 19 anni (753.068 su 2,3 milioni). Più della metà, il 54,27% ha fatto la prima dose (1,2 milioni) o la dose unica (63.950), mentre non ha fatto neanche una dose il 45,73%. Nella fascia 12-15 i vaccinati sono il 9,02%, ma il 23% ha già fatto la prima dose e il 76% è in attesa della prima inoculazione. Oltre il 60% dei 20-39 anni ha già ricevuto almeno una dose.
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