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2021-08-08
Speranza non dà i verbali del vertice con le Regioni all’inizio della pandemia
Roberto Speranza (Ansa)
A distanza di oltre un anno e mezzo, restano ancora coni d'ombra sulla gestione italiana della pandemia. Infatti, benché lo scorso 8 giugno i verbali della task force istituita dal ministro della Salute Roberto Speranza siano stati resi noti - sia pure obtorto collo, dopo richieste e addirittura ricorsi alla magistratura -, ci son ancora aspetti ed eventi opachi, tutti da chiarire. Peccato che, da Roma, la volontà di collaborare pare sia assai scarsa; ma andiamo con ordine.
Due mesi fa esatti, come si ricordava, son stati resi pubblici i verbali della task force relativi alle sedute avvenute tra il 22 gennaio e il 21 febbraio 2020. Quei verbali non dicono però tutto dell'attività di quei giorni, in cui veniva programmata la risposta dell'Italia al Covid. Sappiamo infatti che sabato 25 gennaio 2020, parallelamente all'incontro con la task force, se n'è tenuto un secondo tra il ministro Speranza e le regioni. Il contenuto di quella riunione, però, è tutt'ora oscuro: come se non fosse mai esistita.
Prova ne sia che, per averne notizie, sono state inoltrate a Roma ben due richieste di accesso agli atti: una da parte di Consuelo Locati, avvocato che nei processi di Bergamo e Roma guida il team dei legali di 520 familiari delle vittime del Covid, l'altra da Marco Lisei, capogruppo di Fratelli d'Italia nel Consiglio regionale dell'Emilia Romagna. Ebbene, nonostante il duplice sollecito, la risposta ministeriale è stata a dir poco scarna. Ci si è infatti limitati a fornire ai richiedenti informazioni sulla lista dei presenti e un comunicato stampa in cui si riferisce di «un incontro con i rappresentanti delle Regioni al fine di gestire il coordinamento sul territorio delle disposizioni adottate in questi giorni e la comunicazione dell'evolversi della situazione».
Un bel giro di parole che però dice nulla. Il quesito perciò resta: che cosa si son detti Speranza e i rappresentanti delle Regioni quel 25 gennaio 2020? L'interrogativo non è banale per più ragioni. In primo luogo perché, come rimarcava L'Eco di Bergamo del 9 luglio scorso, «in Procura, dov'è aperta un'inchiesta sulla pandemia, non risultano incontri segreti tra governo e Regioni» in data 25 gennaio. In seconda battuta, va evidenziato come quell'incontro sia avvenuto tra due date assai significative rispetto a come, in Italia, furono gestite le fasi iniziali della pandemia.
Infatti, il 22 gennaio, a seguito di una riunione con la task force, si erano date indicazioni precise sull'individuazione dei casi sospetti di Covid, precisando che il paziente con sintomi riconducibili al noto virus dovesse essere tenuto sotto controllo indipendentemente da un suo collegamento con Wuhan, città da dove tutto è iniziato. Invece alcuni giorni dopo, il 27 gennaio, il Ministero ha diramato indicazioni che, nella definizione dei casi sospetti, includessero un preciso legame con la Cina, allargando così parecchio le maglie del monitoraggio.
Ebbene, è plausibile che tale cambio di rotta - che non può non aver avuto conseguenze nelle fasi iniziali della pandemia, almeno per l'Italia - sia maturato in seno alla riunione del 25 gennaio, incontro sul contenuto del quale, ad oggi, non si sa ancora nulla. «Se il verbale di quella riunione non esistesse», ha spiegato alla Verità l'avvocato Locati, «saremmo in presenza di una violazione del diritto amministrativo, che impone che, entro 30 giorni da un incontro, se ne redigano gli atti». «Tuttavia, resta naturalmente possibile che quel verbale ci sia», ha aggiunto la legale, «e proprio per questo abbiamo inoltrato una nuova richiesta al ministero, in modo che ci risponda chiaramente se quel documento esiste oppure no».
«Quella riunione del 25 gennaio è molto importante», sottolinea Galeazzo Bignami, parlamentare di Fratelli d'Italia che tanto si è speso proprio per portare alla luce i verbali della task force, «perché aiuta a capire come il governo sta affrontando, nel rapporto con le Regioni, le prime fasi della pandemia. Teniamo presente che non era stato ancora dichiarato lo stato d'emergenza». «Il fatto che non si vogliano divulgare i contenuti di quell'incontro», conclude Bignami, «dimostra che la trasparenza è - e resta - un grosso problema per il ministro Speranza».
In effetti, capire come si stesse muovendo il governo italiano in quei giorni di gennaio, ben lungi dall'essere una curiosità superflua, sarebbe fondamentale. Aiuterebbe in particolare a comprendere se, da parte del governo, ci furono scelte avventate o poco sensate, anche se basta ripensare al «siamo prontissimi» scandito da Giuseppe Conte il 27 gennaio 2020, ospite da Lilli Gruber, per farsi un'idea; e per immaginare che le resistenze ministeriali sui verbali del 25 gennaio, più che un tentativo di tutelare la privacy, possano essere un modo per coprire delle responsabilità.
In calo decessi e tasso di positività
Frenano i contagi da virus Sars-Cov2 in Italia e confermano il rallentamento nella curva registrato negli ultimi sette giorni, come si legge nel report diffuso venerdì dal ministero della Salute.
Ieri sono stati registrati 6.902 nuovi positivi al Covid-19 su 293.863 tamponi effettuati. Il tasso di positività si abbassa così al 2,3%, con una riduzione dello 0,3% rispetto al 2,7% di venerdì (6.599 positivi su 244.657 tamponi). In calo anche i decessi: 22 (sono 2 in meno rispetto ai 24 del giorno precedente). In lieve aumento la pressione sugli ospedali. In terapia intensiva ci sono 11 pazienti in più (erano + 7 venerdì) per un totale di 288 degenti. I ricoverati in area medica sono 2.533 (+84 contro i 40 del giorno prima). Sono invece 105.714 le persone in isolamento domiciliare. Non preoccupano questi dati Gianni Rezza, direttore generale Prevenzione del ministero della Salute. Secondo l'esperto, «i tassi d'occupazione di area medica e terapia intensiva» tendono «in qualche regione a un certo aumento, però per ora contenuto. Possiamo anche aspettarci ancora un certo aumento sia in area medica che in terapia intensiva - spiega Rezza - come conseguenza a medio termine dell'aumento dell'incidenza che c'è stato nelle scorse settimane, però siamo ben al di sotto della soglia critica». Continua a decrescere l'età mediana di chi contrae l'infezione, che questa settimana è a 27 anni. Mentre resta stabile l'età mediana al primo ricovero a 52 anni. Anche l'età mediana in terapia intensiva è stabile poco sopra i 60 anni. I deceduti hanno intorno agli 80 anni, ma l'età è molto variabile perché, fortunatamente, i decessi sono piuttosto limitati in questo momento. Sul fronte delle vaccinazioni anti-Covid, sono 2,26 milioni gli over 50 che non si sono ancora sottoposti alla prima dose, pari al 23,39%. Tra questi, gli ultra sessantenni a cui non è ancora stato inoculato il vaccino sono 1,2 milioni, pari al 16,05%, secondo il report settimanale della struttura commissariale all'emergenza guidata dal generale Francesco Figliuolo. Sono senza prima dose inoltre 657.727 over 70 (10,93%) e 298.591 persone con più di 80 anni (6,56%). Il problema è che «sono le persone in queste fasce d'età che, quando contraggono l'infezione, hanno un rischio più elevato di manifestare sintomatologia complicata», ha ricordato il presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss), Silvio Brusaferro, durante la conferenza stampa sui dati del monitoraggio Covid-19. In particolare, «i dati disponibili indicano che le persone che vanno in rianimazione per l'80-90% dei casi sono non vaccinate», ha dichiarato Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo). «E questa è una dimostrazione di quanto importante sia il vaccino», ha ricordato Anelli invitando gli italiani che non vogliono vaccinarsi «a fare una forte riflessione e a comprendere come queste malattie infettive richiedono a tutti noi un impegno importante, ovvero essere disponibili a vaccinarsi». Sono i più giovani a trainare le immunizzazioni. «La cosa che colpisce di più», ha rilevato Brusaferro, «è il fatto che le giovani generazioni stanno aderendo in maniera importante alla campagna vaccinale». Quasi un milione di under 19 (circa il 37%) è vaccinato con la prima dose. I dati sono in due nuove tabelle inserite per la prima volta nel report del governo. I numeri dicono che è vaccinato il 32,43% dei ragazzi tra 16 e 19 anni (753.068 su 2,3 milioni). Più della metà, il 54,27% ha fatto la prima dose (1,2 milioni) o la dose unica (63.950), mentre non ha fatto neanche una dose il 45,73%. Nella fascia 12-15 i vaccinati sono il 9,02%, ma il 23% ha già fatto la prima dose e il 76% è in attesa della prima inoculazione. Oltre il 60% dei 20-39 anni ha già ricevuto almeno una dose.
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Nell'incontro del 25 gennaio 2020 potrebbe essere stata decisa la modifica, introdotta due giorni dopo, dei criteri da adottare per i malati sospetti, che accelerò i contagi. Ma il dicastero impedisce di visionare gli atti.Il rapporto tra test e casi rilevati scende al 2,3% e le morti a 22. Lieve salita di ricoveri ordinari e in terapia intensiva. Gianni Rezza: «Siamo ben al di sotto della soglia critica».Lo speciale contiene due articoli.A distanza di oltre un anno e mezzo, restano ancora coni d'ombra sulla gestione italiana della pandemia. Infatti, benché lo scorso 8 giugno i verbali della task force istituita dal ministro della Salute Roberto Speranza siano stati resi noti - sia pure obtorto collo, dopo richieste e addirittura ricorsi alla magistratura -, ci son ancora aspetti ed eventi opachi, tutti da chiarire. Peccato che, da Roma, la volontà di collaborare pare sia assai scarsa; ma andiamo con ordine.Due mesi fa esatti, come si ricordava, son stati resi pubblici i verbali della task force relativi alle sedute avvenute tra il 22 gennaio e il 21 febbraio 2020. Quei verbali non dicono però tutto dell'attività di quei giorni, in cui veniva programmata la risposta dell'Italia al Covid. Sappiamo infatti che sabato 25 gennaio 2020, parallelamente all'incontro con la task force, se n'è tenuto un secondo tra il ministro Speranza e le regioni. Il contenuto di quella riunione, però, è tutt'ora oscuro: come se non fosse mai esistita.Prova ne sia che, per averne notizie, sono state inoltrate a Roma ben due richieste di accesso agli atti: una da parte di Consuelo Locati, avvocato che nei processi di Bergamo e Roma guida il team dei legali di 520 familiari delle vittime del Covid, l'altra da Marco Lisei, capogruppo di Fratelli d'Italia nel Consiglio regionale dell'Emilia Romagna. Ebbene, nonostante il duplice sollecito, la risposta ministeriale è stata a dir poco scarna. Ci si è infatti limitati a fornire ai richiedenti informazioni sulla lista dei presenti e un comunicato stampa in cui si riferisce di «un incontro con i rappresentanti delle Regioni al fine di gestire il coordinamento sul territorio delle disposizioni adottate in questi giorni e la comunicazione dell'evolversi della situazione».Un bel giro di parole che però dice nulla. Il quesito perciò resta: che cosa si son detti Speranza e i rappresentanti delle Regioni quel 25 gennaio 2020? L'interrogativo non è banale per più ragioni. In primo luogo perché, come rimarcava L'Eco di Bergamo del 9 luglio scorso, «in Procura, dov'è aperta un'inchiesta sulla pandemia, non risultano incontri segreti tra governo e Regioni» in data 25 gennaio. In seconda battuta, va evidenziato come quell'incontro sia avvenuto tra due date assai significative rispetto a come, in Italia, furono gestite le fasi iniziali della pandemia.Infatti, il 22 gennaio, a seguito di una riunione con la task force, si erano date indicazioni precise sull'individuazione dei casi sospetti di Covid, precisando che il paziente con sintomi riconducibili al noto virus dovesse essere tenuto sotto controllo indipendentemente da un suo collegamento con Wuhan, città da dove tutto è iniziato. Invece alcuni giorni dopo, il 27 gennaio, il Ministero ha diramato indicazioni che, nella definizione dei casi sospetti, includessero un preciso legame con la Cina, allargando così parecchio le maglie del monitoraggio.Ebbene, è plausibile che tale cambio di rotta - che non può non aver avuto conseguenze nelle fasi iniziali della pandemia, almeno per l'Italia - sia maturato in seno alla riunione del 25 gennaio, incontro sul contenuto del quale, ad oggi, non si sa ancora nulla. «Se il verbale di quella riunione non esistesse», ha spiegato alla Verità l'avvocato Locati, «saremmo in presenza di una violazione del diritto amministrativo, che impone che, entro 30 giorni da un incontro, se ne redigano gli atti». «Tuttavia, resta naturalmente possibile che quel verbale ci sia», ha aggiunto la legale, «e proprio per questo abbiamo inoltrato una nuova richiesta al ministero, in modo che ci risponda chiaramente se quel documento esiste oppure no».«Quella riunione del 25 gennaio è molto importante», sottolinea Galeazzo Bignami, parlamentare di Fratelli d'Italia che tanto si è speso proprio per portare alla luce i verbali della task force, «perché aiuta a capire come il governo sta affrontando, nel rapporto con le Regioni, le prime fasi della pandemia. Teniamo presente che non era stato ancora dichiarato lo stato d'emergenza». «Il fatto che non si vogliano divulgare i contenuti di quell'incontro», conclude Bignami, «dimostra che la trasparenza è - e resta - un grosso problema per il ministro Speranza». In effetti, capire come si stesse muovendo il governo italiano in quei giorni di gennaio, ben lungi dall'essere una curiosità superflua, sarebbe fondamentale. Aiuterebbe in particolare a comprendere se, da parte del governo, ci furono scelte avventate o poco sensate, anche se basta ripensare al «siamo prontissimi» scandito da Giuseppe Conte il 27 gennaio 2020, ospite da Lilli Gruber, per farsi un'idea; e per immaginare che le resistenze ministeriali sui verbali del 25 gennaio, più che un tentativo di tutelare la privacy, possano essere un modo per coprire delle responsabilità.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speranza-verbali-vertice-regioni-pandemia-2654565620.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-calo-decessi-e-tasso-di-positivita" data-post-id="2654565620" data-published-at="1628376096" data-use-pagination="False"> In calo decessi e tasso di positività Frenano i contagi da virus Sars-Cov2 in Italia e confermano il rallentamento nella curva registrato negli ultimi sette giorni, come si legge nel report diffuso venerdì dal ministero della Salute. Ieri sono stati registrati 6.902 nuovi positivi al Covid-19 su 293.863 tamponi effettuati. Il tasso di positività si abbassa così al 2,3%, con una riduzione dello 0,3% rispetto al 2,7% di venerdì (6.599 positivi su 244.657 tamponi). In calo anche i decessi: 22 (sono 2 in meno rispetto ai 24 del giorno precedente). In lieve aumento la pressione sugli ospedali. In terapia intensiva ci sono 11 pazienti in più (erano + 7 venerdì) per un totale di 288 degenti. I ricoverati in area medica sono 2.533 (+84 contro i 40 del giorno prima). Sono invece 105.714 le persone in isolamento domiciliare. Non preoccupano questi dati Gianni Rezza, direttore generale Prevenzione del ministero della Salute. Secondo l'esperto, «i tassi d'occupazione di area medica e terapia intensiva» tendono «in qualche regione a un certo aumento, però per ora contenuto. Possiamo anche aspettarci ancora un certo aumento sia in area medica che in terapia intensiva - spiega Rezza - come conseguenza a medio termine dell'aumento dell'incidenza che c'è stato nelle scorse settimane, però siamo ben al di sotto della soglia critica». Continua a decrescere l'età mediana di chi contrae l'infezione, che questa settimana è a 27 anni. Mentre resta stabile l'età mediana al primo ricovero a 52 anni. Anche l'età mediana in terapia intensiva è stabile poco sopra i 60 anni. I deceduti hanno intorno agli 80 anni, ma l'età è molto variabile perché, fortunatamente, i decessi sono piuttosto limitati in questo momento. Sul fronte delle vaccinazioni anti-Covid, sono 2,26 milioni gli over 50 che non si sono ancora sottoposti alla prima dose, pari al 23,39%. Tra questi, gli ultra sessantenni a cui non è ancora stato inoculato il vaccino sono 1,2 milioni, pari al 16,05%, secondo il report settimanale della struttura commissariale all'emergenza guidata dal generale Francesco Figliuolo. Sono senza prima dose inoltre 657.727 over 70 (10,93%) e 298.591 persone con più di 80 anni (6,56%). Il problema è che «sono le persone in queste fasce d'età che, quando contraggono l'infezione, hanno un rischio più elevato di manifestare sintomatologia complicata», ha ricordato il presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss), Silvio Brusaferro, durante la conferenza stampa sui dati del monitoraggio Covid-19. In particolare, «i dati disponibili indicano che le persone che vanno in rianimazione per l'80-90% dei casi sono non vaccinate», ha dichiarato Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo). «E questa è una dimostrazione di quanto importante sia il vaccino», ha ricordato Anelli invitando gli italiani che non vogliono vaccinarsi «a fare una forte riflessione e a comprendere come queste malattie infettive richiedono a tutti noi un impegno importante, ovvero essere disponibili a vaccinarsi». Sono i più giovani a trainare le immunizzazioni. «La cosa che colpisce di più», ha rilevato Brusaferro, «è il fatto che le giovani generazioni stanno aderendo in maniera importante alla campagna vaccinale». Quasi un milione di under 19 (circa il 37%) è vaccinato con la prima dose. I dati sono in due nuove tabelle inserite per la prima volta nel report del governo. I numeri dicono che è vaccinato il 32,43% dei ragazzi tra 16 e 19 anni (753.068 su 2,3 milioni). Più della metà, il 54,27% ha fatto la prima dose (1,2 milioni) o la dose unica (63.950), mentre non ha fatto neanche una dose il 45,73%. Nella fascia 12-15 i vaccinati sono il 9,02%, ma il 23% ha già fatto la prima dose e il 76% è in attesa della prima inoculazione. Oltre il 60% dei 20-39 anni ha già ricevuto almeno una dose.
(IStock)
Tecnologia e innovazione, poi, vanno in scena nel centro di intrattenimento multidisciplinare Area15, che ha di recente ampliato la sua offerta con nuove installazioni di realtà virtuale e aumentata, rendendo ogni visita un’esperienza immersiva e coinvolgente. Qui si può vivere il brivido di un viaggio nello spazio, partecipare a giochi interattivi o assistere a performance artistiche che uniscono arte, musica e tecnologia.
Per chi cerca un’esperienza più avventurosa, sono state inaugurate nuove attrazioni come il Flyover Las Vegas, un’attività di volo simulato che permette di sorvolare paesaggi spettacolari di tutto il mondo, e la Zero Gravity Experience, un volo parabolico che permette di provare la sensazione di assenza di gravità. L’High Roller presso il Linq Hotel è uno straordinario esempio di architettura e ingegneria moderna. Con un’altezza di 167 metri, questa meraviglia di vetro e acciaio è la ruota panoramica più alta degli Stati Uniti e la seconda più alta del mondo. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Las Vegas, la città che non dorme mai, rappresenta da decenni uno dei poli turistici più iconici al mondo. Famosa per i suoi casinò sfavillanti, i suoi spettacoli di livello mondiale e la vita notturna sfrenata, questa città del Nevada ha saputo reinventarsi nel tempo, offrendo ai visitatori esperienze sempre nuove e coinvolgenti.
Uno degli aspetti più evidenti delle novità della città riguarda il settore alberghiero. Accanto ai famosissimi e spettacolari Caesars Palace; Circus Circus, Bellagio, Paris, The Venetian, la destinazione ha visto l’apertura di hotel di lusso e resort innovativi, capaci di attirare un pubblico sempre più eterogeneo. Tra i progetti più importanti va segnalato il Resorts World Las Vegas, un complesso di oltre 6.000 camere che combina tecnologia all’avanguardia, design sostenibile e un’offerta di intrattenimento di livello superiore. Questo resort si distingue per le sue strutture eco-compatibili, tra cui sistemi di risparmio energetico e gestione sostenibile delle risorse idriche.
D’altronde Las Vegas è nata negli anni Cinquanta dal nulla in mezzo al deserto al termine dalla «Valle della Morte» e, grazie alla monumentale diga di Hoover, è completamente autonoma dal punto di vista di acqua ed energia per tutte le luci, i neon, le insegne e la potente aria condizionata che consente di resistere anche a temperature esterne che raggiungono i cinquanta gradi.
L’attrazione più popolare della città è il Las Vegas Boulevard, comunemente noto come The Strip. Tutti i nuovi e lussuosi casinò sono costruiti su questa strada.
Nel centro della città «vecchia» degli anni Cinquanta ci sono, invece, alcuni hotel e casinò più retrò. Qui una delle attrazioni più distintive dell’area urbana è Fremont Street. Questa strada ha un enorme schermo sul soffitto dove vengono proiettate immagini di ogni tipo, e offre anche una divertente zipline, che permette di restare sospesi in aria da un’estremità all’altra della strada.
La parte di ristorazione è davvero molto variegata e va dai ristoranti gourmet a quelli etnici. Molti i piatti interessanti, nessuno a buon mercato. Ovviamente, come in tutti gli Stati Uniti, si trovano fast food a ogni angolo per chi non vole spendere troppo. Tra questi, l’ottimo e moderno Washin Patato at Fontainebleau o al Stubborn Seed at Resorts World.
Per raggiungere Las Vegas una delle combinazioni più interessanti è quella con la compagnia aerea Condor (www.condor.com/it) via Francoforte con ottimi orari di volo, coincidenze e comodità a bordo. Per maggiori informazioni sulla destinazione: www.lvcva.com.
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Bill Clinton e Jeffrey Epstein (Ansa)
Neanche a dirlo, è scoppiato uno scontro tra il Dipartimento di Giustizia e alcuni parlamentari. «La legge approvata dal Congresso e firmata dal presidente Trump era chiarissima: l’amministrazione Trump aveva 30 giorni di tempo per pubblicare tutti i file di Epstein, non solo alcuni. Non farlo equivale a violare la legge. Questo dimostra che il Dipartimento di Giustizia, Donald Trump e Pam Bondi sono determinati a nascondere la verità», ha tuonato il capogruppo dell’Asinello al Senato, Chuck Schumer, mentre il deputato dem Ro Khanna ha ventilato l’ipotesi di un impeachment contro la Bondi. Strali all’amministrazione Trump sono arrivati anche dai deputati Thomas Massie e Marjorie Taylor Greene: due dei principali critici repubblicani dell’attuale presidente americano.
«Il Dipartimento di Giustizia sta pubblicando una massiccia tranche di nuovi documenti che le amministrazioni Biden e Obama si sono rifiutate di divulgare. Il punto è questo: l’amministrazione Trump sta garantendo livelli di trasparenza che le amministrazioni precedenti non avevano mai nemmeno preso in considerazione», ha replicato il dicastero guidato dalla Bondi, per poi aggiungere: «La scadenza iniziale è stata rispettata mentre lavoriamo con diligenza per proteggere le vittime». Insomma, se per i critici di Trump la deadline di venerdì era assoluta e perentoria, il Dipartimento di Giustizia l’ha interpretata come una «scadenza iniziale». Ma non è finita qui. Ulteriori polemiche sono infatti sorte a causa del fatto che numerosi documenti pubblicati venerdì fossero pesantemente segretati: un’accusa a cui il Dipartimento di Giustizia ha replicato, sostenendo di aver voluto tutelare le vittime di Epstein.
Ma che cosa c’è di interessante nei file divulgati venerdì? Innanzitutto, tra i documenti pubblicati l’altro ieri, compare la denuncia presentata all’Fbi nel 1996 contro Epstein da una sua vittima, Maria Farmer. In secondo luogo, sono rispuntate le figure di Trump e Bill Clinton, anche se in misura differente. «Trump è appena visibile nei documenti, con le poche foto che lo ritraggono che sembrano essere di pubblico dominio da decenni. Tra queste, due in cui Trump ed Epstein posano con l’attuale first lady Melania Trump nel febbraio 2000 durante un evento nel suo resort di Mar-a-Lago», ha riferito The Hill. Svariate foto riguardano invece Bill Clinton. In particolare, una ritrae l’ex presidente dem in una piscina insieme alla socia di Epstein, Ghislaine Maxwell, e a un’altra donna dal volto oscurato. In un’altra, Clinton è in una vasca idromassaggio sempre in compagnia di una donna dall’identità celata: una donna che, secondo quanto affermato su X dal portavoce del Dipartimento di Giustizia Gates McGavick, risulterebbe una «vittima». In un’altra foto ancora, l’ex presidente dem è sul sedile di un aereo, con una ragazza che gli cinge il collo con un braccio. Clinton compare infine in foto anche con i cantanti Mick Jagger e Michael Jackson.
«La Casa Bianca non ha nascosto questi file per mesi, per poi pubblicarli a tarda notte di venerdì per proteggere Bill Clinton», ha dichiarato il portavoce di Clinton, Angel Ureña, che ha aggiunto: «Si tratta di proteggersi da ciò che verrà dopo, o da ciò che cercheranno di nascondere per sempre. Così possono pubblicare tutte le foto sgranate di oltre 20 anni che vogliono, ma non si tratta di Bill Clinton». «Persino Susie Wiles ha detto che Donald Trump si sbagliava su Bill Clinton», ha concluso. «Questa è la sua resa dei conti», ha invece dichiarato al New York Post un ex assistente di Clinton, riferendosi proprio all’ex presidente dem. «Voglio dire, se accendete la Cnn, è di questo che stanno parlando. Ho ricevuto un milione di messaggi a riguardo», ha proseguito. «La gente pensa: non posso credere che fosse in una vasca idromassaggio. Chi è quella donna lì dentro?», ha continuato, per poi aggiungere: «Voglio dire, è incredibile. È semplicemente scioccante», ha continuato. Vale la pena di sottolineare che né Trump né Clinton sono accusati di reati in riferimento al caso Epstein. Caso su cui i coniugi Clinton si sono tuttavia recentemente rifiutati di testimoniare alla Camera. Per questo, il presidente della commissione Sorveglianza della Camera stessa, il repubblicano James Comer, ha offerto loro di deporre a gennaio: in caso contrario, ha minacciato di avviare un procedimento per oltraggio al Congresso contro la coppia.
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Il Tribunale dei minori de l'Aquila. Nel riquadro, la famiglia Trevallion Birmingham (Ansa)
Un bambino è un teste fragile estremamente suggestionabile, perché è abituato al fatto che non deve contraddire un adulto, e, soprattutto se il bambino è spaventato, tende a compiacere l’adulto e a dire quello che l’adulto vuole. Ricordiamo che esiste la Carta di Noto, un protocollo di linee guida per l’ascolto del minore in caso di presunti abusi sessuali o maltrattamenti, elaborato da esperti di diverse discipline (magistrati, avvocati, psicologi, ecc.), che sono state sistematicamente disattese per esempio a Bibbiano. Un bambino deportato dalla sua famiglia è per definizione terrorizzato. Il termine corretto per i bambini tolti dalle famiglie dalle assistenti sociali è deportazione. La deportazione avviene all’improvviso, da un istante all’altro, con l’interruzione totale di tutti gli affetti, genitori, nonni, amici, eventuali animali domestici. Il deportato è privato dei suoi oggetti e del suo ambiente e con la proibizione di contatti con la sua vita precedente. Il deportato non ha nessuna padronanza della sua vita. Questo è lo schema della deportazione. Assistenti sociali possono mentire e psicologi possono avvallare queste menzogne con interrogatori suggestivi che portano i bambini a mentire. I motivi sono tre: compiacenza verso superiori o colleghi (è già successo), interesse economico (è già successo), fanatismo nell’applicare le proprie teorie: l’abuso sessuale dei padri sui bambini è diffusissimo, una famiglia non ha il diritto di vivere in un bosco, una madre povera non ha diritto ad allevare suo figlio, i bambini appartengono allo Stato, a meno che non siano rom allora appartengono al clan, un non vaccinato è un nemico del popolo oltre che della scienza e va deportato e vaccinato (è già successo).
Un’assistente sociale può mentire. E dato che la menzogna è teoricamente possibile deve essere necessario, per legge, che a qualsiasi interazione tra lo psicologo e l’assistente sociale e il bambino sia presente un avvocato di parte o un perito di parte, psicologo o altra figura scelta dalla famiglia. È necessario quindi che venga fatta immediatamente una legge che chiarisca che sia vietato una qualsiasi interazione tra il bambino e un adulto, assistente sociale, psicologo, ovviamente magistrato, dove non sia presente un perito di parte o un avvocato. Facciamo un esempio a caso. Supponiamo (siamo nell’ambito delle supposizioni, il posto fantastico dei congiuntivi e dei condizionali) che l’assistente sociale che ha dichiarato che i bambini della famiglia del Bosco sono analfabeti, oltre ad aver compiuto il crimine deontologico gravissimo della violazione di segreto professionale, abbia mentito. Certo è estremamente probabile che i figli di una famiglia con un livello culturale alto, poliglotta, la cui madre lavora in smart working siano analfabeti. È la cosa più logica che ci sia, però supponiamo per ipotesi fantastica che l’assistente sociale abbia mentito. In questo caso è evidente che i bambini non possono tornare a casa per Natale. Se i bambini tornassero a casa in tempi brevi, non sarebbe difficile fare un video dove si dimostra che scrivono benissimo, che leggono benissimo, molto meglio dei coetanei in scuole dove il 90% degli utenti sono stranieri che non sanno nemmeno l’italiano e meno che mai l’inglese, si potrebbe dimostrare che sono perfettamente in grado di farsi una doccia da soli e anche di cucinare un minestrone.
La deportazione di un bambino, coi rapporti troncati da un colpo di ascia, produce danni incalcolabili. I bambini sono stati sottratti ai loro affetti per darli in mano a una tizia talmente interessata al loro interesse che sputtana loro e la loro famiglia davanti a tutta l’Italia e per sempre (il Web non dimentica) con affermazioni (vere?) sul loro analfabetismo e sulla loro incapacità a fare una doccia. Questi bambini rischiano di essere aggrediti e sfottuti dai coetanei per questo, si è spianata la strada a renderli vittime di bullismo per decenni. Con impressionante sprezzo di qualsiasi straccio di deontologia gli operatori, tutti felici di squittire a cani e porci informazioni che dovrebbero essere assolutamente riservate (anche questi il segreto professionale e la deontologia non sanno che cosa siano), ci informano che i bambini annusano con perplessità i vestiti che profumano di pulito. I vestiti non profumano di pulito. Hanno l’odore dei pessimi detersivi industriali reclamizzati alla televisione che deve essere la fonte principale se non l’unica da cui nasce la cultura degli operatori. I loro componenti sono pessimi, non solo inquinanti, ma anche pericolosi per la salute umana a lungo termine: stesso discorso per lo sciampo e il bagno schiuma, soprattutto negli orfanatrofi di Stato, le cosiddette case famiglie, dove si comprano i prodotti meno cari, quindi quelli con i componenti peggiori.
Nessuno dei libricini su cui hanno studiato gli operatori ha spiegato che ci sono ben altri sistemi per garantire una pulizia impeccabile. In tutte le foto che li ritraggono con i genitori, ai tempi distrutti per sempre in cui erano felici, i bambini sono pulitissimi. Tra l’altro tutte queste incredibili esperte di comportamento infantile, non hanno mai sentito parlare di comportamento oppositivo? Un bambino normale, una volta deportato con arbitrio dalla sua vita e dalla sua famiglia, può spezzarsi ed essere malleabile o può resistere ed essere oppositivo. Fai la doccia. Non la voglio fare. Scrivi. Non sono capace. Il bambino oppositivo deve essere frantumato. Non ti mando a casa nemmeno per Natale.
Sia fatta una legge immediatamente. Subito. I bambini del bosco devono avere di fianco un avvocato. Noi popolo italiano, che con le nostre tasse paghiamo i servizi sociali e la deportazione dei bambini, abbiamo il diritto a pretendere che non siano soli. I bambini nel bosco passeranno un Natale da deportati. Qualcuno si sentirà in dovere di informarci che in vita loro non avevano mai mangiato un qualche dolce industriale a base di zucchero, grassi idrogenati e coloranti e che grazie alla deportazione questa lacuna è stata colmata.
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La famiglia Trevallion-Birmingham (Ansa)
È infatti una prepotenza senza significato confrontare una bomba affettiva e esistenziale come tre fratellini che giocano e si vogliono evidentemente bene, accompagnata da genitori altrettanto uniti, e naturalmente affettivi con norme e abitudini di un Paese dove il nucleo abitativo più frequente nelle città più prestigiose consiste in un cittadino singolo. Pretendere che i pochi figli superstiti in qualche «terra di nessuno», con i suoi boschi e le affettuosità (che ancora esistono fuori dalle famiglie-tipo), si uniformino ai secchi diritti e cupe abitudini del sociologico e disperato «gruppo dei pari» è un’operazione di una freddezza stalinista, per fortuna destinata allo scacco. È coltivata da burocrazie che scambiano relazioni profonde e vere, comunque indispensabili alla vita e alla sua felicità, con strumenti tecnici, adoperabili solo quando la famiglia purtroppo non c’è più, molto spesso per l’ottusità e la corruzione dello Stato stesso che le subentra (come racconta Hanna Arendt) quando è riuscito a distruggerla. Se non si vuole creare danni inguaribili, tutti, anche i funzionari dello Stato, dovrebbero fare attenzione a non sostituire gli aspetti già legati all’umano fin dalla creazione del mondo, con pratiche esterne magari infiocchettate dalle burocrazie ma che non c’entrano nulla con la sostanza dell’uomo e la sua capacità di sopravvivere.
Certo, la bimba Utopia Rose, citata nel bel pezzo di Francesco Borgonovo del 18 dicembre, è una testimone insostituibile di un’altra visione del mondo rispetto alle varie ideologie che prevalgono in questo momento, unendo ferocia e ricchezza, cinismo e follia. Impossibile di fronte ai fratellini che tanto scandalizzano le burocrazie perbene non ricordare (oltretutto a pochi giorni dal Natale) l’ordine di Gesù: «Lasciate che questi piccoli vengano a me». Nessuno dubita che entreranno nel Regno prima degli assistenti sociali. Utopia Rose, la più grande, è affettuosa e impegnata, lavoratrice e giocattolona, organizzatrice e sognatrice. Però non è sola (Come si fa a non amarla, e anche un po’ invidiarla?). Non soltanto perché ha i suoi due fratellini, e i tre quarti del pubblico fa il tifo per loro. Ma perché questa visione loro e dei genitori di cercare una vita buona e naturale, semplicemente felice e affettuosa verso sé e verso gli altri e tutto il mondo vivente, cresce con la stessa velocità con la quale si sviluppa l’idolatria verso tutto ciò che è artificiale, fabbricato, mentale, non affettivo. È già qualche anno che chi viene in analisi scopre soprattutto questo: l’urgenza di mettersi al riparo dagli egoismi e pretese grandiose, vuote e fredde, e invece amare. Ormai il fenomeno trasborda nelle cronache. Trasgressione conclusiva, dialettale e popolaresca (milanese): «Spérèm»!
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