2020-11-26
Speranza racconta un’altra balla sui vaccini
Il ministro esalta il ruolo italiano, sbandierando un «acquisto centralizzato» inesistente: decide tutto l'Ue. Sulla sicurezza giura: «Mi fido di Ema e Aifa». È ottimista, ma torna a rimproverarci per l'estate. Che lui ha sprecato a scrivere il libro autocelebrativo.Più che Speranza, menzogna. Come quella che il iministro della Sanità ha raccontato ieri, ospite dell'evento online di Rcs academy, La sanità futura tra innovazione e ricerca.Può ben darsi che l'Italia sia stata «il primo motore dell'iniziativa della Commissione europea, che ha iniziato a costruire contatti con le aziende farmaceutiche che stanno sviluppando vaccini». Ma, proprio perché il pallino spetta all'esecutivo Ue, è quanto meno fuorviante proclamare, come ha fatto Roberto Speranza, che l'acquisto del rimedio anti Covid «sarà centralizzato e gestito dallo Stato». L'ha ribadito anche il commissario Domenico Arcuri: l'acquisto è in realtà un affare tutto interno all'Europa. È la Commissione a stipulare i contratti, è un comitato ristretto (e misterioso), a essa afferente, a negoziare con le case farmaceutiche. La «centralizzazione» si riduce a questo: lo Stato italiano sborsa (94 milioni, finora) e si prende la sua quota parte: ossia, «il 13,65% dei vaccini già opzionati in sede europea». Appunto: l'«opzione» è di Bruxelles, mica di Roma.Speranza, ieri, ha anticipato che il 2 dicembre presenterà in Parlamento il «piano strategico vaccini che stiamo costruendo», cui dovrebbe essere affiancato il nuovo dpcm, in vista delle festività natalizie. Con spirito austero: «Non possiamo permetterci un'altra ondata all'inizio del 2021, per questo deve rimanere la massima prudenza». A proposito dei farmaci immunizzanti, l'esponente di Leu ha ribadito la sua «grandissima fiducia nelle agenzie regolatorie preposte a garantire la sicurezza dei vaccini, che in Europa e in Italia sono l'Ema e l'Aifa. Quando avranno completato il percorso, il vaccino reso disponibile sarà un vaccino sicuro». Dovrebbe partire subito una campagna di distribuzione su larga scala: all'inizio, saranno disponibili 3,4 milioni di dosi di quello Pfizer e «si potranno vaccinare 1,7 milioni di persone. Partiremo dalle categorie più a rischio». Nondimeno, sulle modalità di somministrazione, le indiscrezioni di stampa lasciano filtrare un quadro confusionario. Secondo Repubblica, «a chi non ha sviluppato anticorpi verrà ripetuta la somministrazione». Un'ipotesi che renderebbe necessari almeno due chiarimenti dal dicastero. Primo: immetteremo sul mercato un vaccino con il quale si dovrà procedere per tentativi ed errori? Già, perché mentre i richiami sono una consuetudine, la «seconda fiala, diversa dalla prima», prevista dalle linee guida ministeriali per chi non ha sviluppato l'immunità, ricorda la canzone di Enzo Jannacci: intanto si inietta il farmaco e poi si vede l'effetto che fa. Insomma: stiamo parlando di richiami, o di una specie di test clinico di massa? Secondo: chi sarà deputato a verificare l'impatto del farmaco - e come? Ovvero, avremo assicurata una filiera chiara e organizzata di controlli medici posteriori al primo trattamento, o qualche vaccinato potrebbe scoprire di aver contratto la malattia nonostante la somministrazione?Anche per quanto riguarda l'evoluzione delle misure restrittive, in scadenza il 3 dicembre, non ci sono ancora certezze: martedì sera, su La 7, Speranza citava come modello la Germania, che consiglia di non riunire a tavola più di 10 persone. Speriamo nessuno riferisca al ministro che il Belgio, invece, ha copiato la sua vecchia idea: polizia a casa per vigilare sul cenone di Natale. «Si vedono dei segnali incoraggianti», ha sottolineato Speranza, «con l'Rt sceso da 1,7 a 1,4, 1,18 nella scorsa settimana, ed è possibile che in questa settimana ci sia ancora un numero più basso». Tuttavia, «non possiamo permetterci leggerezze». Ergo: niente sci. Vacanze sulla neve, come chiedono gli albergatori? Vedremo. Gli spostamenti tra Regioni? Chissà. Magari, tra Regioni di fascia gialla. A diMartedì, su questi argomenti, il ministro ha dato fondo a tutto il suo repertorio sovietico: «Il coprifuoco dopo le 22 c'è anche per la messa». Chi poteva immaginare che saremmo arrivati all'ateismo di Stato per via profilattica? Invero, per consentire l'apertura dei negozi ed evitare assembramenti, la serrata potrebbe essere spostata alle 23. Speranza, però, è scettico: «Non dimentichiamo quanto avvenuto in estate», è il mantra del ministro. Il quale, dal canto suo, nei mesi di solleone era impegnato a scrivere il bestseller mancato autocelebrativo, anziché a predisporre ospedali, terapie intensive e personale medico. Quanto alle scuole, ha garantito Speranza, esse «restano al centro dell'attenzione del governo», anche nelle zone rosse. Nulla di più. Nel frattempo, con l'ultimo passaggio alla Camera, è stata approvata definitivamente la proroga dello stato d'emergenza fino al 31 gennaio 2021. Ennesima certificazione di un fallimento: non perché, oggettivamente, il pericolo non esista, ma perché, dopo nove mesi, abbiamo ancora un governo incapace di gestire, con strumenti ordinari, una crisi che non è più imprevedibile e men che meno inattesa. E l'esecutivo continua a traballare anche sulle risorse con cui finanziare la sanità. Quello sul Mes, specie dopo la sortita di David Sassoli, pareva un dibattito archiviato. E invece, ieri, Speranza ha rimesso il dito nella piaga: «Per me è uno strumento a cui bisogna guardare con assoluta serenità. Bisogna chiudere con la stagione dei tagli e aprire una nuova grande stagione di investimenti». La seconda balla nell'arco dello stesso discorso: il ministro dimentica che, a parte le altre soffocanti condizionalità in uscita, dal Meccanismo di stabilità, in questa fase, pretendono che le spese finanziabili siano solo quelle strettamente connesse alla pandemia. O si truccano le carte, o gli investimenti di lungo respiro ce li scordiamo. Non a caso, durante la conferenza stampa da Palma di Maiorca, Giuseppe Conte ha replicato: «Comprendo che il ministro della Salute possa auspicare nuove risorse [...]. Già nella legge di bilancio ci sono cospicue risorse, nel Recovery plan ci saranno cospicue risorse per il sistema sanitario». Sulla «cospicuità» si possono avere dubbi; ma sarebbe peggio tamponare la politica economica giallorossa con la carità pelosa del fondo ammazza Stati. Allora sì, che resteremmo senza... speranza.