2021-03-03
Speranza ora chiede verità sull’epidemia. Inizi lui a raccontarla
Roberto Speranza (Getty Images)
Il ministro: «Non nascondiamo la realtà anche se è scomoda». Ma è stato il primo a celarla, come svela il nostro libro in edicola.Roberto Speranza aveva il cuore pesante, così ha deciso di sgravarsi confessando i suoi sentimenti al Corriere della Sera. A quanto risulta, «il ministro di Leu avrebbe una gran voglia di gridare che “tutto è finito, siamo in una fase diversa e si può aprire tutto"». Ma quel grido è costretto, povero lui, a tenerlo prigioniero nel petto. Da questa sofferenza pungente, tuttavia, Speranza fa sgorgare perle di saggezza. Tramite il Corriere, infatti, egli si è rivolto ai cittadini italiani con un «appello», affinché «rispettino le regole ed evitino comportamenti che mettono a rischio la salute propria e quella degli altri». Già, in effetti sentivamo la mancanza di qualcuno che scaricasse sulla popolazione la responsabilità dell'emergenza infinita. Il ministro, tuttavia, non si limita a questo. Come dicevamo, egli si sente in grado di elargire saggi consigli, massime incise nell'oro della filosofia. Ci aspettano «settimane non facili», dice (sai che sorpresa, lo ripete praticamente da un anno). Poi, rischiarato dalla luce bianca della sapienza, aggiunge che occuparsi del bene pubblico richiede di «dire sempre la verità, anche quando è scomoda e non porta consenso». Ecco, su questo punto siamo totalmente d'accordo con lui. Di più: siamo davvero felicissimi che abbia detto una cosa del genere perché adesso, proprio in virtù di queste parole, potremo invitarlo a compiere il primo passo. Sì, ministro, la verità è importante, fondamentale. Cominci lei, allora, a dirci le cose come stanno davvero. La tiri fuori, la verità. Perché fino ad oggi ha fatto di tutto per evitarla. Quante bugie siano state raccontate agli italiani negli ultimi dodici mesi lo raccontiamo nel libro che trovate in questi giorni in edicola con Panorama e con La Verità. Si intitola, non per niente, Epidemia di balle, e mette in fila le menzogne e le mistificazioni circolate assieme al virus. Di molte di queste bugie è responsabile proprio Speranza, il quale talvolta ha mentito e talvolta si è limitato a far finta di nulla anche di fronte all'evidenza. chi ben comincia Ci aspettiamo - poiché ha invitato tutti a dire il vero - che adesso dia l'esempio. Dovrebbe dire, una volta per tutte, la verità sul piano pandemico che l'Italia non ha utilizzato, anche perché ne aveva uno vecchio e inefficiente. Dovrebbe dire la verità sul famigerato «piano segreto», di cui millantò l'esistenza mesi fa Andrea Urbani, dirigente del ministero della Salute, sul Corriere della Sera. Due deputati di Fratelli d'Italia si sono dovuti rivolgere al Tar per farsi consegnare il benedetto documento, e il ministero ha prima sostenuto che il «piano segreto» non esistesse, poi ha fornito due documenti alternativi, poi ha ripreso a dire che il piano non c'è mai stato. Speranza ci dovrebbe dire come stanno realmente le cose: c'era un piano anti virus nel gennaio 2020? Che cosa prevedeva? Perché è stato tenuto nascosto? Non è tutto. Il ministro potrebbe anche aiutarci a fare luce sul comportamento della task force che lui convocò fra squilli di trombe all'inizio dell'emergenza. Potrebbe, per esempio, permettere a parlamentari e giornalisti di accedere ai verbali di quell'organismo. Sarebbe interessante sapere che cosa si dicevano gli esperti della task force mentre la pandemia iniziava a mietere vittime... Purtroppo, abbiamo il timore che Speranza la verità su tutti questi argomenti non ce la voglia raccontare. A questo punto, qualcuno potrebbe dire: voi ce l'avete con il ministro per ragioni ideologiche. Niente di più falso. Vorremmo solo che illuminasse i punti oscuri dell'azione politica e sanitaria dei mesi passati, di modo che chi ha sbagliato possa assumersi le sue responsabilità e gli errori non siano ripetuti. Inoltre, non siamo certo gli unici a nutrire dubbi sul modo in cui Speranza ha gestito, gestisce e intende gestire in futuro la sanità italiana. A questo proposito è molto interessante sfogliare il saggio di Ivan Cavicchi, professore presso la facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Tor Vergata a Roma. Si intitola La sinistra e la sanità (Castelvecchi). È diviso in due parti. La prima esamina il modo in cui i ministri di sinistra hanno tentato di riformare la sanità. E qui al centro della riflessione è Rosy Bindi (ministro dal 1996 al 200o), autrice della legge 229. Secondo Cavicchi, «per recuperare la deriva neoliberista della sanità, la Bindi è stata più neoliberista degli altri». Produsse una legge decisamente schiacciata sul modello emiliano, rimasto per decenni un feticcio dei progressisti italiani. Di fatto, dice Cavicchi, la Bindi diede una spinta ulteriore verso la privatizzazione e, in buona sostanza, verso i tagli. riforme per finta Speranza, continua il professore, in fondo non ha un approccio molto diverso. Si presenta come un riformatore ma non ha mezza idea realmente riformatrice. Ha cambiato approccio, ma solo superficialmente. L'arrivo dell'epidemia ha fatto deflagrare i problemi del sistema sanitario. E dopo anni di macelleria il mantra è diventato «aumentare i fondi». Cosa apparentemente nobile, ma inutile se non si interviene sui modelli di gestione. «L'emergenza epidemiologica scatenata dal Covid-19», dice Cavicchi, «configura la sanità solo come soggetto da finanziare, da potenziare, da sviluppare, come se il suo problema principale fosse solo quello del finanziamento e come se al suo interno non ci fossero altre questioni. Tutto viene accantonato, derubricato, marginalizzato [...]. Tutta la realtà della sanità viene come trascesa da un principio superiore che ignora tutto e tutti, che è semplicemente quello del finanziamento». Cavicchi è spietato con Speranza e i dem che lo appoggiano: «Oggi il Pd che, in nome della sostenibilità, a partire dagli anni Novanta ha preso la strada neoliberale, ci propone senza nessun imbarazzo una sanità superpubblica, ma in assenza di un progetto vero di riforma sempre soggetta a criticità. Quindi ci propone una doppia fregatura: tanti soldi ma senza nessuna garanzia di proteggere il sistema pubblico dai futuri quanto inevitabili contraccolpi della sostenibilità. Ci propone, insomma, la strategia dell'incoscienza». A scrivere queste parole, ripetiamo, non è un pericoloso sovranista, ma uno studioso di sinistra che, in teoria, fa riferimento all'area politica di Speranza. Non vogliamo però ipotecare il futuro. Chissà, magari il nuovo governo consentirà al ministro di migliorare i suoi piani d'azione. In ogni caso, non ci aspettiamo che egli compia miracoli. Ci aspettiamo soltanto che inizi a offrire ciò che pretende dagli altri: un po' di verità dopo mesi di balle.
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